Cristina Mancigotti 2 novembre 2016
Zhalavdi Geriev

Un concerto e poi la scoperta che un amico è stato brutalmente arrestato nella Cecenia di Kadyrov. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’altro giorno ero ad un concerto di una band cilena, mi ci avevano trascinato degli amici dell’università. La band non mi entusiasmava particolarmente e avevo acceso il cellulare e controllato la home di Facebook senza porre particolare attenzione al contenuto di video, immagini e condivisioni varie che scorrevano.

Poi, un post che rompe quel momento di distrazione. Apri un link di un post lunghissimo di un amico, ed è come se la festa si fermasse. La banda cilena non canta più, le persone attorno a te paiono distanti anni luce nei loro discorsi sulla nuova vita universitaria ed esami.

“Il mio amico ceceno Zhalavdi Geriev, che lavorava come giornalista per Caucasian Knot, è stato brutalmente arrestato alla polizia cecena e condannato dal tribunale a tre anni in una colonia penale su accuse inventate di possesso di stupefacenti”. Rileggo l’articolo una seconda volta.

Ho incontrato Zhalavdi circa un anno fa. Mi ci erano voluti due giorni perché riuscissi a ricordarmi il suo nome – glielo l’avrò chiesto almeno tre o quattro volte. Eravamo entrambi ad un corso di formazione sulla cultura della pace, conflict management e peacebuilding organizzato dal Network dei Giovani Ambasciatori della Pace. Al corso prendevano parte giovani partecipanti da tutta Europa e del Caucaso in un minuscolo villaggio di co-working in Spagna.

Zhalavdi è un giovane giornalista ceceno di 23 anni. L’Osservatorio dei Diritti Umani ha descritto il suo arresto ed il suo processo: “Gli assalitori sono entrati sull'autobus dove si trovava, lo hanno colpito in testa e trascinato nella loro macchina. Gli hanno sequestrato i suoi due cellulari e lo zaino con i suoi documenti identificativi, un laptop, e altri affetti personali. Gli hanno legato le mani con del filo e trasportato in una foresta a 35 chilometri a Grozny, nel distretto di Kurchaloi”.

L’articolo continua a spiegare come i rapitori di Geriev l’abbiano interrogato sul suo lavoro, minacciandolo e insinuando che volesse unirsi a Daesh e come un altro uomo sia poi arrivato e con un sacchetto abbia quasi soffocato Geriev.

Geriev è stato costretto a firmare una confessione nella quale confessa la detenzione di stupefacenti, confessione poi ritrattata durante il processo denunciando che era stata rilasciata su coercizione.

“I suoi amici mi hanno detto che le persone a casa sono contente che almeno sia vivo”, scrive il mio amico su Facebook. Il caso non è isolato e facilmente riconducibile alle allora vicine elezioni parlamentari e locali del 18 settembre in Russia.
E’ stata creata una petizione su Change.org a favore di Zhalavdi Geriev. Anche Frontline Defenders è impegnata alla denuncia del caso di Zhalavdi, ed è possibile inviare una lettera al Ministero della Giustizia della Russia.
Ho incontrato Dhaladvi circa un anno fa. Un anno fa discutevamo sulla pace. Ed ora è in prigione, condannato per la sua volontà di parlare del suo paese, cercando la pace.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto