Kazanlak, centro città

Nostro reportage tra la minoranza turca, a seguito delle polemiche suscitate da una dichiarazione promossa su iniziativa di alcune Ong della regione di Kazanlak, nella Bulgaria centrale, con la quale si chiede che la minoranza turca venga menzionata nella costituzione bulgara, e che venga soppresso il divieto di creare partiti etnici

23/03/2006 -  Tanya Mangalakova Sofia

"Seimilacinquecento turchi vogliono uno stato nello stato". Così il quotidiano "Troud" titolava il 20 febbraio scorso, commentando la dichiarazione in dieci punti sottoscritta su iniziativa di alcune Ong della regione di Kazanlak, nella Bulgaria centrale, che chiede che la minoranza turca venga menzionata nella costituzione bulgara.

La petizione si articola in dieci punti, e oltre a chiedere "il ripristino e la tutela della minoranza turca in Bulgaria, stato multinazionale, sovrano e territorialmente integro", chiede, tra l'altro, l'adozione di una legge speciale sulle minoranze e la creazione di un ministero apposito, l'apertura di un'università in lingua turca, lo studio obbligatorio del turco per i giovani della comunità, la soppressione del divieto costituzionale di istituire partiti su base etnica e l'abbandono dell'attuale "modello etnico bulgaro", definito come "prosecuzione dell'assimilazione e del genocidio contro le minoranze turca e mussulmana".

Anche dopo aver sottoscritto nel 1999 la Convenzione sulla protezione delle minoranze, la società bulgara rimane particolarmente sensibile alle richieste della minoranza turca, che secondo l'ultimo censimento del 2001 ammonta a circa 750mila persone, di essere citata esplicitamente nella costituzione, preferendo utilizzare il termine "gruppo etnico", tanto che la comunità turca in Bulgaria viene solitamente definita comunità dei "turchi bulgari".

L'iniziatore della petizione, Menderes Koungun, ha criticato aspramente il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), espressione politica della comunità turca, parte dell'attuale maggioranza di governo, e il suo leader Ahmed Dogan, sostenendo che "il DPS crea ghetti etnici in Bulgaria monopolizzando la comunità turca, ed è un vero ostacolo alla realizzazione diretta della democrazia" e dichiarando polemicamente che "il modello etnico è un tumore".

Dal mondo politico bulgaro sono arrivate dure critiche alla petizione, letta come una velata richiesta separatista, o comunque di federalizzazione. I commenti più negativi sono arrivati, come prevedibile, dalle formazioni di ideologia nazionalista, come il VMRO che ha chiesto l'intervento della procura e Ataka, che ha proposto di rigettare la Convenzione per la protezione delle Minoranze.

Il Bulgarian Helsinki Committee è stata una delle poche Ong a supportare la richiesta di soppressione del divieto di creare partiti etnici, che considera discriminatoria. Il suo direttore Krasimir Kanev, ha però espresso molti dubbi sull'opportunità di citare esplicitamente la minoranza turca nella costituzione, visto che questa richiesta potrebbe allargarsi a catena alle altre minoranze che vivono in Bulgaria.
Un caffè a Kazanlak
Ci sono circa 15mila mussulmani nella regione di Kazanlak, piccola città nella famosa Valle delle Rose, tra Turchi, Pomacchi e Millet, rom di lingua turca. E' da due Ong della zona che è partita la petizione che chiede il riconoscimento formale della minoranza turca. Osservatorio ha incontrato i leader di queste organizzazioni nella casa del loro portavoce, Menderes Koungun. Koungun, ingegnere tessile, 52 anni, è stato a lungo attivista del DPS a Kazanlak, ma oggi è uscito dal partito. Insieme a lui Osservatorio ha incontrato Osman Bulbul, leader dell'Associazione Nazionale per l'euro-integrazione delle Minoranze, Smail Dervish, presidente dell'associazione dei cittadini mussulmani "Millet" e Hikmet Djafer, vice-presidente del Movimento Nazionale per i Diritti e le Libertà, formazione da non confondere col quasi omonimo partito di Dogan.

Tutti i presenti non hanno nascosto forti critiche verso il DPS, con toni spesso paragonabili a quelli degli esponenti di Ataka. "Ahmed Dogan era un agente di Todor Zhivkov", ha detto a Osservatorio Osman Bulbul, "e il leader del DPS continua a ingannare le persone, dicendo che difende i nostri interessi. Ma se guardiamo l'articolo 44 della Costituzione, leggiamo che la Bulgaria è uno stato "etno-nazionale", quindi il DPS aiuta lo stato nella sua politica di assimilazione".

Secondo Hikmet Djafer, che pure ne è stato uno dei fondatori nel 1989, il DPS è in realtà un figlioccio del partito comunista. "Noi siamo stati i primi a spiegarlo ai turchi che vivono in Bulgaria". "Oggi il DPS è un "circolo di interessi" e in questo modo manipola l'elettorato" continua Djafer. "Nel mio paese, Koprinka, molte persone volevano sottoscrivere la petizione, ma hanno paura di essere licenziati. Il DPS usa il tabacco come una spada di Damocle, minaccia i produttori dicendo loro che il tabacco che producono non sarà venduto, se non votano in modo "giusto".

"Il cosiddetto "modello etnico bulgaro" non esiste, è un mito." sostiene Menderes Kougun. "Noi vogliamo quello che viene garantito dal diritto europeo e dalla Convenzione sulla protezione delle Minoranze, che pur essendo stata recepita non viene ancora messa in pratica. La nostra iniziativa ha messo in apprensione i "gavazi" (parola turca che significa "bravacci, bulli") i briganti e i capibanda, che si frappongono tra i cittadini e lo Stato. I "gavazi" sono quelli del DPS, i briganti quelli del VMRO e i capibanda quelli di Ataka. Tutti loro vogliono fare da intermediari tra i cittadini e lo Stato, e non permettono nessuna iniziativa senza il loro benestare."
I nostri figli dovrebbero studiare il turco!
Gli interlocutori di Osservatorio si lamentano che non ci siano quotidiani in lingua turca pubblicati in Bulgaria, anche se gli facciamo notare che esistono pubblicazioni come "Kaynak", "Balon" e "Filiz, stampati proprio in turco. "Di fatto però i nostri figli non sanno il turco, non lo imparano a scuola", sostiene Hikmet Djafer, "e anche se possono sceglierlo come materia opzionale, sono già oberati dalle lezioni obbligatorie. Non riescono nemmeno a capirsi con i loro cugini in Turchia".

L'apertura di un'università in lingua turca in Bulgaria, una delle dieci richieste formulate nella petizione, viene auspicata per creare quadri professionali in grado di attirare gli investitori turchi in Bulgaria. "Questa università è una strada privilegiata per integrare la minoranza turca in Bulgaria, e non una forma di separatismo", ha detto ad Osservatorio Menderes Kougun. "Il problema culturale resta insoluto e al momento la nostra comunità guarda i canali tv dalla Turchia con le parabole".
Richieste fuori dal tempo
"C'è una buona coabitazione tra cristiani e mussulmani qui intorno" ci assicura Vasil Samarski, presidente del consiglio comunale di Kazanlak, e porta ad esempio il vicino villaggio di Asen, dove la comunità turca ha aiutato economicamente i vicini ortodossi quando hanno deciso di costruire una nuova chiesa, ricambiando poi il favore quando in paese è iniziata a sorgere la moschea.
Per quanto riguarda la lingua poi, ci assicura che non esistono ostacoli all'insegnamento del turco, se i genitori lo desiderano, ma la maggior parte degli alunni sembra più interessata all'inglese, al francese o al tedesco.

"Mi sembra strano" commenta Samarski, "che si parli di un'università turca in questo mondo globalizzato. Molti ragazzi bulgari vanno a studiare a Istambul, che non è lontana e offre un'ampia scelta formativa. C'è anche un dipartimento di lingua turca all'università di Sofia".

Secondo lo stesso Samarski, la petizione nasce soprattutto da una mancanza di informazione. "Forse nel passato, ai tempi del processo di nazionalizzazione forzata, questi problemi erano di vitale importanza, ma oggi non lo sono più. Non dovremmo tornare indietro, adesso che siamo alle porte dell'Europa. Ci sono tendenze nazionaliste nella società bulgara, e queste portano naturalmente a generare l'idea di 'altro'. Ma non c'è pericolo di crisi o conflitti".


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