Vista area della città di Mostar © Tjasa Razinger/Shutterstock

Vista area della città di Mostar © Tjasa Razinger/Shutterstock

Dopo 12 anni di stallo lo scorso dicembre a Mostar si è tornati al voto. Poi, più di recente, è stato designato il nuovo sindaco della città. Ma le modalità con cui si è andati alle urne e formata la giunta non fanno che confermare la profonda divisione etno-nazionale della città

25/02/2021 -  Ahmed Burić Sarajevo

"Non potranno mai retribuirmi così poco quanto poco io sia capace di lavorare". Recitava così uno slogan dell’epoca del tardo socialismo con cui quelli che avevano “capito” quanto il socialismo jugoslavo fosse economicamente insostenibile “punivano” i loro datori di lavoro. Oggi, a trent’anni di distanza, “lo spirito” di quello slogan è ancora vivo, seppur in una veste un po’ diversa.

Nessuna soluzione per Mostar potrà mai rivelarsi tanto intelligente e funzionale da impedire agli attori politici coinvolti di far sprofondare la città in problemi irrisolvibili. La prassi ci insegna che in queste situazioni, in cui “tutti sanno tutto”, bisogna attenersi ai fatti. E l’attuale stato di cose a Mostar dimostra che se una tale situazione continua a ripetersi, tanto peggio per i fatti. Ma andiamo con ordine.

Dunque, le elezioni amministrative tenutesi recentemente a Mostar, dopo 12 anni senza voto, si sono svolte grazie a Irma Baralija, membro di Naša Stranka (NS), che aveva presentato una denuncia contro la Bosnia Erzegovina alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, sostenendo che il mancato svolgimento delle elezioni locali a Mostar dal 2008 rappresentasse una violazione dei diritti umani. Con la sentenza emessa il 29 ottobre 2019, la Corte di Strasburgo le ha dato ragione, stabilendo che dovessero essere create le condizioni affinché le elezioni a Mostar potessero svolgersi. Da allora sono proseguiti “i preparativi” per le elezioni, e gli indugi. Le elezioni a Mostar si sono infine svolte il 20 dicembre 2020.

Alla vigilia delle elezioni nella lista elettorale del comune di Mostar risultavano iscritti 100.864 aventi diritto al voto e la votazione si è conclusa col seguente esito: l’Unione democratica croata della Bosnia Erzegovina (HDZ BiH) ha ottenuto una netta vittoria, conquistando 6310 voti; a seguire la Coalizione per Mostar, composta da partiti bosgnacchi (SDA, SBB, DF, SBIH e BPS di Sefer Halilović), con 3820 voti; il Partito repubblicano croato (HRS) con 1056 voti; la coalizione BH blok, formata dal Partito socialdemocratico (SDP) e Naša Stranka, con 902 voti; la lista serba “Ostajte ovdje – zajedno za naš Mostar” [Rimanete qui – insieme per la nostra Mostar] con 522 voti. L’Unione democratica croata 1990 (HDZ 1990) ha invece ottenuto 350 voti, “Platforma za progres” [Piattaforma per il progresso] 305 voti, la lista indipendente “Pravo na grad” [Diritto alla città] 226 voti, la coalizione “Mostar, moj dom” [Mostar, la mia casa] composta da partiti croati (HSP, HSP BiH, HKDU Hrast) 166 voti e infine la coalizione “Lijevo krilo” [L’ala sinistra] 150 voti. Quindi, in tutto circa 14mila voti.

Questo dato la dice lunga sulla “effettiva” legittimità dell’attuale e di tutti i precedenti governi di Mostar. Stando ai dati del censimento del 2013, Mostar ha 105.797 abitanti, dati che suggeriscono che praticamente tutti i cittadini di Mostar hanno diritto di voto. Questa è ovviamente un’assurdità. Inoltre, la maggior parte dei mostarini che conosco non si reca più alle urne, sapendo che, se lo facessero, i loro voti verrebbero rubati.

Quindi, stando ai dati di cui sopra, sembra che a Mostar non ci siano dei bambini in età prescolare e scolare né altre categorie di persone che non possono votare. Tutti i mostarini sarebbero (potenziali) elettori.

L’assemblea comunale di Mostar è composta da 35 consiglieri. Alle ultime elezioni amministrative l’HDZ ha conquistato 13 seggi, la Coalizione per Mostar 11 seggi, BH blok 6, l’HRS 3, mentre Primo partito mostarino (PMP) e “Ostajte ovdje” hanno ottenuto un seggio ciascuno.

La maggior parte dei diplomatici occidentali impegnati in Bosnia Erzegovina ritiene che la divisione di Mostar su base etnica sia insuperabile e gli unici attori politici con cui si possa negoziare siano il leader del Partito di azione democratica (SDA) Bakir Izetbegović e il leader dell’HDZ BiH Dragan Čović, i quali, in fin dei conti, hanno reso possibile lo svolgimento delle elezioni dello scorso dicembre.

Tuttavia, c’è un dettaglio che potrebbe “inficiare” questa visione: un problema non può essere risolto dai fautori della “logica” che ha portato all’insorgere del problema stesso. Questo aspetto però non sembra preoccupare più di tanto i diplomatici occidentali, secondo i quali, ora che le elezioni a Mostar si sono finalmente svolte grazie al loro impegno, spetta alle forze politiche locali battersi per la democrazia.

Tali aspettative, oltre ad essere tragicomiche, non portano da nessuna parte, come dimostra la proposta emersa ad un certo punto secondo la quale i candidati di HDZ, SDA e BH blok si alternassero ogni 16 mesi nel ricoprire la carica di sindaco di Mostar. Tutto ciò nel tentativo di ottenere il sostegno di 18 consiglieri comunali necessario per l’elezione del sindaco.

Negli ultimi dodici anni l’incarico di sindaco di Mostar è stato ricoperto da Ljubo Bešlić, diventato simbolo di inerzia, corruzione e incompetenza. Anche la parte bosgnacca ha intrapreso un tentativo simile, cercando di ottenere il sostegno di due consigliere di Naša Stranka, Irma Baralija e Boška Ćavar, le quali però si sono rifiutate di appoggiare qualsiasi coalizione dei partiti etno-nazionali. Perché l’impegno dell’SDA per una Bosnia Erzegovina multietnica e civile è finto tanto quanto la difesa degli interessi nazionali da parte dell’HDZ.

Quindi, l’unica soluzione è stata quella di eleggere il sindaco in base ai numeri che rispecchierebbero “la volontà del popolo”, numeri che – come abbiamo già detto – non corrispondono alla realtà, ma vengono accettati come veri.

L’unica consolazione sta nel fatto che le consigliere Baralija e Ćavar – già accusate di tradimento (i grandi truffatori si nascondono sempre dietro alle parole altisonanti) – sono rimaste fedeli alla loro coscienza e impegno civile. Izetbegović e Čović in realtà non cercano alleati bensì persone disposte a piegarsi alla loro volontà. Per cui l’elezione di Mario Kordić alla carica di sindaco di Mostar riflette la stessa identica tendenza a cui abbiamo assistito finora.

Il sindaco di Mostar è stato eletto, senza però che sia stata raggiunta un’intesa tra i principali partiti etno-nazionali. I quali non vogliono nemmeno raggiungere un’intesa. L’unica cosa che importa loro è mantenere lo status quo, un’alleanza basata sulla demagogia e sul crimine nazionalista.


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