Piccolo Greenland, project in progress di Ibro Hasanović

Piccolo Greenland, project in progress di Ibro Hasanović

Il Centro espositivo sloveno A+A ospita a Venezia la mostra “Stories”, di Ibro Hasanović. Omaggio, negli ultimi giorni della Biennale, ad un Paese che da anni non partecipa alla Mostra internazionale di arte contemporanea: la Bosnia Erzegovina. Incontro con l'autore

24/11/2011 -  Andrea Oskari Rossini

Non è la storia a creare il mito, ma il mito a determinare la storia. Si apre con questa epigrafe il cortometraggio “A short story” dell'artista bosniaco Ibro Hasanović , ospite a Venezia del Centro espositivo sloveno A + A. Un giovane dallo sguardo spiritato racconta a dei bambini la profezia dell'imam Šejfo, mentre lentamente il mondo si capovolge. I lupi che ululano in luglio, le formiche dalle ali rosse e sette martiri annunciano che ci sarà la guerra.

Hasanović, nato a Ljubovija, sulle sponde della Drina, nel 1981, già vincitore del Premio Speciale della quinta edizione del Premio Arte Laguna di Venezia con l’opera “The name of the film is… I cannot remember the name”, torna in laguna con una personale curata da Aurora Fonda e Claudia Zini. La mostra "Stories" , oltre al cortometraggio di cui sopra, presenta al pubblico italiano la serie fotografica “Conditioned Air” e il video “Attempt of being”.

È la prima volta che esponi in Italia?

È la prima volta a Venezia. Avevo già esposto nel 2009 all'interno del “Padiglione Immaginario della Bosnia Erzegovina”, creato da Claudia Zini e Aurora Fonda a Palazzo Forti, a Verona.

Quali sono i temi principali del tuo lavoro?

A short story

A short story

Riguardano sempre la narrazione. Anni fa ero più concentrato sul tema dell'identità, ora invece sono sempre più interessato al mito, alla storia, e ai reciproci rapporti. Il film che presento qui a Venezia, “A short story”, è il mio primo lavoro completamente dedicato a questi temi. Si basa sulla tradizione orale. È la storia di una profezia che viene dalla Bosnia orientale, ed è per me il primo lavoro che nasce dalla Bosnia. Si tratta di una profezia che è stata fatta prima della Seconda Guerra Mondiale in un piccolo villaggio. In questa profezia un imam, basandosi su di un libro che nella storia si chiama “Kasida”, prevede le guerre e tutto quello che accadrà nel corso del secolo ventesimo e oltre.

Chi è la persona che vediamo nel video?

L'attore Muhamed Hadžović. La storia mi è stata tramandata da mio zio, che a sua volta l'aveva ascoltata dal mio bisnonno, presente al momento della rivelazione della profezia. L'attore interpreta la storia e la racconta a un gruppo di bambini.

Cos'altro troviamo nella tua personale a Venezia?

Tre fotografie, parte di una serie di 6 immagini del progetto “Aria condizionata”. Ho vissuto un anno e mezzo in Albania, e questa serie rappresenta una sorta di mia meditazione fotografica su quel Paese, principalmente sulla città di Tirana. C'è poi un altro video, “Attempt of being”, che ho realizzato nel 2006. Questa volta il protagonista sono io, seduto in un prato, che leggo un libro di Gabrielle Colette in francese, lingua di cui all'epoca non conoscevo una parola.

Cosa stai preparando di nuovo sul tema del rapporto tra storia e mito?

Un nuovo progetto che si chiama “Piccolo Greenland ”, un'installazione fatta in tempo reale mediante internet su di uno Stato indipendente, fatto di ghiaccio, che si sta sciogliendo.

La Bosnia sta attraversando un momento difficile, secondo alcuni la peggiore crisi dalla firma dei trattati di Dayton. Quanto il futuro di questo Paese è condizionato dalla storia e dal mito?

La Bosnia è ferma. Abbiamo interpretazioni multiple della storia recente, e questo è uno dei problemi. Queste molteplici interpretazioni possono essere considerate come il risultato di una forte influenza del mito sul presente. Per questo io propongo di accantonare il mito, cercando di avvicinarsi di più ai fatti.

Cosa pensi dell'attuale scena artistica bosniaca?

In Bosnia ci sono molti artisti contemporanei, che però hanno successo soprattutto fuori dal Paese. In Bosnia non ci sono mezzi e strutture sufficienti.

Tra gli artisti della tua generazione, bambini negli anni '90, il tema della guerra riemerge in continuazione...

Sì, non puoi prescinderne. Ha lasciato le sue tracce.


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