(Foto atomicShed, Flickr)

Un giovane di Sarajevo ucciso a Široki Brjeg da un colpo di arma da fuoco, nel corso di scontri tra opposte tifoserie. Il presunto assassino si arrende alla polizia, per poi scappare dopo poche ore. Tensione in Bosnia Erzegovina, il resoconto del nostro corrispondente

08/10/2009 -  Dario Terzić Mostar

In Bosnia Erzegovina, dopo la firma degli accordi di Dayton, ci sono stati moltissimi scontri tra opposte tifoserie, spesso interpretati politicamente. La spiegazione è sempre legata alla maggioranza nazionale della città la cui squadra è in campo. Ogni volta però, il lunedì dopo la partita, si torna alla realtà, e le scaramucce tra ultras vengono presto dimenticate. Ma quello che è successo domenica scorsa non può essere dimenticato facilmente, e sta creando forti tensioni soprattutto nella Federazione (croato-bosgnacca).

Mentre le forze di polizia erano concentrate a Mostar, dove si giocava il rischiosissimo derby Velež-Zrinjski, il peggio è avvenuto a 22 chilometri di distanza, nella cittadina di Široki Brijeg, di popolazione a maggioranza (100%) croata. Vedran Puljić, 24 anni, di Sarajevo, tifoso della squadra della sua città, è stato ucciso. Dopo gli scontri fra tifosi del Sarajevo, del Široki Brijeg e polizia si sono contati anche 15 feriti, molte macchine distrutte, nove arresti.

Le partite in cui giocano squadre da alcuni definite "musulmane" (Sarajevo, Velež, Željezničar, Čelik e Tuzla) contro squadre "croate" (Zrinjski, Široki Brijeg e altre) sono sempre ad alto rischio. Ma una tragedia di questo tipo, a Široki Brijeg, non se la aspettava nessuno. Meno che meno la polizia, colta del tutto impreparata.

Subito dopo la tragedia, i giornali bosniaci hanno fatto a gara nello spiegare, da opposte prospettive, quello che è successo a Široki Brijeg. Quelli "croati" hanno parlato dei cattivissimi tifosi di Sarajevo, arrivati a Široki armati di tutto, pronti a provocare e attaccare la popolazione della cittadina. I giornali "bosgnacchi" hanno invece scritto di 500 tifosi di Sarajevo aggrediti da tutti, appena scesi dagli autobus.

Ma la cosa è diventata molto più intricata dopo che hanno cominciato ad essere pubblicate le notizie sul modo in cui è avvenuto l'assassinio di Vedran Puljić.

Il portavoce della polizia del cantone Erzegovina ovest, Damir Čutura, ha dapprima parlato di una morte causata "da un'arma fredda", probabilmente una sassata. Subito, però, sono arrivate notizie di tipo diverso. Vedran, infatti, è stato ucciso da un colpo di pistola. Nei video girati in rete si vedono i poliziotti che sparano e, secondo quanto affermano alcuni tifosi nei numerosi blog aperti sulla questione, sarebbe stato un poliziotto a sparare.

Le notizie contraddittorie hanno innalzato il livello di tensione, sia a Sarajevo che a Široki Brijeg. I forum sono diventati un vero campo di battaglia, aggiungendo benzina sul fuoco. E la storia diventa sempre più complicata...

L'autopsia, effettuata dal dottor Hamza Žujo, ha confermato che Vedran Puljić è stato assassinato da un colpo di arma da fuoco. Un pezzo della pallottola è stato infatti trovato nella testa del ragazzo. Poco dopo Oliver Knezović, 35 anni, originario di Sarajevo ma tifoso del Široki e residente nella cittadina erzegovese, si è consegnato alla polizia dichiarando di essere stato lui a sparare a Vedran. La giudice Vera Čavar ne ha ordinato l'arresto. Knezović è stato rinchiuso nel Tribunale di Široki Brijeg, ma la stessa notte, verso mezzanotte e mezza, sono andati a trovarlo la moglie e l'avvocato per portargli vestiti e oggetti personali. Knezović, approfittando della situazione, è fuggito. Due poliziotti che dovevano sorvegliarlo, Ivan Barić e Marino Barbarić, sono stati sospesi dalle loro funzioni.

La notizia della fuga del reo confesso ha suscitato indignazione a Sarajevo. Hanno cominciato a diffondersi voci di una fuga organizzata. "Non mi sembra una cosa logica, consegnarsi e poi scappare", ha affermato Aldin Popara, rappresentante dei tifosi del Sarajevo, noti come "Horde zla" (Le orde del male).

Dopo lo sconcerto iniziale, sono iniziate le reazioni. Manifestazioni a Mostar (i tifosi del Velež a favore di quelli del Sarajevo), mentre la città di Sarajevo si è mobilitata chiedendo la verità su quanto accaduto. A Široki Brijeg i tifosi della squadra locale (Škripari, dal nome dei gruppi ustaša che avevano continuato a combattere contro i comunisti dopo la fine della seconda guerra mondiale) hanno invece manifestato per chiedere i motivi della liberazione dei tifosi del Sarajevo, sospettati di aver provocato il caos a Široki Brijeg e anche loro in un primo momento trattenuti in stato d'arresto nella cittadina.

Alcuni giornali di Sarajevo hanno paragonato la situazione a quella del 1992, "mancano solo le granate".

Lo scontro tra tifosi è diventato soprattutto scontro politico. Nazionale, direbbe qualcuno, perché si sa che la squadra di Sarajevo è prevalentemente "bosgnacca" e quella di Široki esclusivamente croata. Ma le cose sono un po' diverse. Vedran Puljić, il tifoso di Sarajevo ucciso a Široki Brijeg, non era un musulmano, un bosgnacco. Era cristiano. Un ragazzo cresciuto in una Sarajevo ancora (in parte) mista.

Le dichiarazioni dei politici, tuttavia, stanno sommergendo tutto. Si creano gli schieramenti. Le domande sul perché i tifosi si siano comportati in questo modo, perché Oliver Knezović abbia rubato (se l'ha rubata) la pistola ad un poliziotto e poi abbia sparato, perché abbia poi potuto fuggire dal Tribunale, vengono in secondo piano.

Eppure le risposte, almeno per ora, sono poche. Rimangono i fatti. Vedran Puljić sarà sepolto oggi a Sarajevo. Vittima innocente di un caos totale, di un odio che non finisce. In una Bosnia Erzegovina che quest'anno ricorda i 14 anni dalla fine della guerra.


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