Parco solare a Stolac, BiH - Foto S. Mlađenović Stević

Parco solare a Stolac, BiH - Foto S. Mlađenović Stević  

La Bosnia Erzegovina ha un enorme potenziale energetico nel settore solare: in assenza di un chiaro quadro normativo c'è però il rischio che a costruire gli impianti fotovoltaici siano grandi investitori, anteponendo il profitto ad ambiente e sostenibilità

La Bosnia Erzegovina, grazie al suo clima, ha un enorme potenziale energetico solare. I valori di radiazione solare – con circa duemila ore di sole all’anno – sono più elevati di quelli di molti paesi europei, superando di circa il 30% i dati registrati, ad esempio, in Germania, Svezia e Polonia.

Nello specifico, le aree meridionali della BiH attraggono un numero crescente di ingenti investimenti nel fotovoltaico, fortemente sostenuti dai politici locali. L’élite al potere spiega con entusiasmo la decisione di puntare sul fotovoltaico, citando potenziali vantaggi economici per le comunità locali e nuovi posti di lavoro. Al tempo stesso, la leadership politica si vanta della propria presunta dedizione al raggiungimento di uno degli indiscutibili obiettivi europei: una transizione energetica a tutto tondo.

Così, negli ultimi cinque o sei anni, l’Erzegovina, con circa 2.400 ore di sole all’anno e una quantità di radiazione solare pari a 1.500 kWh/m², è diventata un Eldorado per gli imprenditori del fotovoltaico.

Grazie all’apertura di nuovi enormi impianti fotovoltaici nell’Erzegovina meridionale (Zvizdan-Ljubuški, Bileća e Hodovo-Stolac), nel 2024 la produzione di energia solare è aumentata di quasi quindici volte rispetto all’anno precedente.

Date queste premesse, è paradossale che in Bosnia Erzegovina la quota più consistente dell’energia elettrica venga ancora prodotta da centrali a carbone, mentre il solare e l’eolico costituiscono solo il 2-3% del mix energetico nazionale.

Secondo gli esperti, le ragioni di scarso utilizzo dell’energia solare sono da ricondurre agli elevati costi iniziali per l’installazione di impianti fotovoltaici, ma anche alla mancanza di una normativa adeguata in materia di energie rinnovabili. Attualmente, solo metà delle norme ambientali della BiH è allineata alla legislazione europea.

Ironicamente, negli ultimi anni sono state proprio le leggi inadeguate a incoraggiare lo sviluppo del settore delle rinnovabili, in particolare del solare.

Se da un lato i cittadini e le cooperative energetiche della BiH non hanno la possibilità di partecipare effettivamente alla transizione energetica – e la partecipazione civica dovrebbe essere il fulcro di ogni svolta verde – , dall’altro gli investitori approfittano della situazione per avviare nuove attività nel settore del solare, un business che si sta rivelando molto redditizio, soprattutto in Erzegovina.

Le autorità locali e cantonali agevolano i grandi investitori attraverso le procedure di cambio di destinazione d’uso dei terreni, il rilascio delle autorizzazioni, e persino le modifiche dei piani urbanistici. Così gli investimenti nel fotovoltaico diventano molto redditizi e anche alcuni politici sembrano trarne profitto.

Tutti pazzi per il fotovoltaico

Entro la fine del 2025, si prevede che in Erzegovina entrino in funzione cinque nuovi impianti fotovoltaici, per una potenza complessiva di circa 100 MW: uno a Stolac, uno a Međugorje, uno a Livno e due a Mostar.

L’operatore indipendente di reti per la trasmissione di energia elettrica in Bosnia Erzegovina (NOSBiH ), prevede una tendenza analoga nel 2026. Se tale scenario dovesse avverarsi – avverte il NOSBiH – si rischierebbe “la congestione della rete di trasmissione, e la gestione del sistema di trasmissione della BiH diventerebbe più complessa dal punto di vista normativo”.

La maggior parte degli impianti fotovoltaici si trova nel cantone Erzegovina-Neretva, dove la capacità della rete non è sufficiente per soddisfare la nuova domanda. Quindi, gli investitori sono spesso costretti a costruire nuove sottostazioni per potersi collegare alla rete gestita dall’azienda elettrica locale.

Tuttavia, le autorità dell’Erzegovina, come anche gli investitori, non sembrano affatto preoccupate di una possibile congestione della rete. Almeno non ancora. Ci sono però anche altre questioni, ben più serie, in gioco.

Un gruppo informale, costituito dagli abitanti dell’area di Mostar dove si trovano gli impianti fotovoltaici, da anni ormai denuncia le numerose irregolarità nell’operato dell’amministrazione locale, irregolarità che finiscono per agevolare i grandi investitori.

Sulla scorta delle pressioni popolari, la procura della Bosnia Erzegovina a fine gennaio ha avviato un procedimento presso il tribunale di Mostar per far valere la nullità dei contratti di concessione stipulati tra il governo del cantone Erzegovina-Neretva e le aziende che intendono costruire alcuni impianti fotovoltaici sui terreni di proprietà statale, nei villaggi di Miljkovići e Međine, nell’area di Mostar.

La popolazione di Mostar segnala una serie di irregolarità nell’operato delle autorità locali e cantonali, dalle dubbie pratiche di cambio di destinazione d’uso dei terreni fertili dell’Erzegovina, alle modifiche illegali dei piani territoriali, passando per le procedure poco trasparenti di concessione in uso di foreste e pascoli di proprietà statale.

Anche nella vicina città di Stolac si assiste ad uno scenario analogo. Il gruppo informale “Stolački otpor” [La resistenza di Stolac] ha denunciato le presunte azioni illegali delle autorità locali e cantonali. A scatenare la rivolta della popolazione sono stati i lavori preparatori per la costruzione di un grande impianto fotovoltaico nell’area di Komanje brdo, su un’altura situata ad un centinaio di metri dalle case più vicine.

Questa località è nota per la sua straordinaria biodiversità e il suo patrimonio culturale e storico, ma anche per le frequenti inondazioni e frane. I luoghi a rischio non sono stati riqualificati in modo adeguato nemmeno dopo le tragiche conseguenze della frana del 2022, in cui ha perso la vita una persona.

È un segreto di pulcinella che gli impianti fotovoltaici in Erzegovina vengono costruiti da persone vicine ai funzionari del partito al governo l’Unione democratica croata della BiH (HDZ BiH) e da investitori con una reputazione discutibile, come il controverso imprenditore e latitante Zdravko Mamić, noto nel mondo dello sport.

Nel 2018 la magistratura croata ha condannato Mamić a sei anni e mezzo di carcere per frode alla Dinamo Zagabria. Dopo la sentenza, Mamić è fuggito nella sua nativa Erzegovina, e la BiH ancora rifiuta di estradarlo.

Tra gli uomini d’affari coinvolti nel business del fotovoltaico spicca anche il nome di Tihomir Brajković, uno degli imprenditori più ricchi della regione, proprietario dell’azienda Tibra-Pacifik. Nel 2019, Brajković è stato condannato per evasione fiscale negli interventi di edilizia residenziale a Sarajevo, per poi focalizzarsi sulla costruzione di impianti idroelettrici e fotovoltaici.

In Erzegovina la costruzione di impianti fotovoltaici viene spesso finanziata da capitali stranieri che, prima o poi, seppur per vie tortuose, entrano nell’assetto proprietario dei nuovi parchi solari. Parliamo di investitori che dispongono di risorse sufficienti per sostenere gli elevati costi iniziali e aspettano con pazienza il ritorno sugli investimenti, guadagnando svariati milioni di euro grazie ai loro progetti fotovoltaici.

Possiamo solo tirare a indovinare sui vantaggi che ne traggono i politici locali che agevolano i grandi investimenti nel fotovoltaico.

Komanje brdo, BiH (foto „Stolački otpor“)

Komanje brdo, BiH (foto „Stolački otpor“)

I giganti del fotovoltaico al servizio dello sviluppo locale?

Secondo la bozza del nuovo Piano regolatore, la città di Stolac ha destinato un totale di 1.200 ettari del proprio territorio allo sviluppo di progetti fotovoltaici. Alcuni terreni sono già stati dati in concessione o venduti. Gli impianti previsti, una volta messi in funzione, dovrebbero generare circa 600 MW, quasi quanto produce la centrale nucleare di Krško in Slovenia.

Il grande impianto di Komanje Brdo, che dovrebbe essere costruito su 609 ettari nella parte meridionale di Stolac, supererà la potenza dell’impianto di Hodovo, che attualmente detiene il primato per quanto riguarda l’utilizzo della luce solare a Stolac.

“Queste località [Hodovo e Komanje Brdo], con una superficie totale di 1.078 ettari, vengono utilizzate in modo strategico per permettere un’ulteriore espansione delle capacità solari, contribuendo così all’autosufficienza energetica della regione”, sottolineano gli autori del nuovo Piano regolatore.

Le consultazioni pubbliche si sono concluse a gennaio di quest’anno, ma la proposta del nuovo piano, nella sua versione definitiva, non è ancora stata messa all’ordine del giorno del consiglio comunale di Stolac.

La resistenza di Stolac

La realizzazione dell’idea di trasformare Stolac in un’oasi per gli investitori nel fotovoltaico è iniziata durante la pandemia da Covid 19, con l'avvio di interventi poco trasparenti senza coinvolgere la popolazione locale, all’epoca concentrata su questioni ben più urgenti, ossia su come sopravvivere alla pandemia.

Nel 2021, senza alcuna consultazione pubblica, sono state apportate diverse modifiche al Piano regolatore di Stolac per il periodo 2013-2023, prevedendo la possibilità di dare in concessione terreni per la costruzione di impianti fotovoltaici in diverse località nel territorio del comune. Tuttavia, queste modifiche non sono mai state armonizzate con la documentazione di pianificazione territoriale di livello superiore, che non prevede nuovi impianti fotovoltaici né aree commerciali nel comune di Stolac.

Questo però non ha impedito al governo del cantone Erzegovina-Neretva di dare in concessioni diversi terreni per un periodo di trent’anni per la costruzione di parchi solari a Stolac, né tanto meno ha scoraggiato l’amministrazione locale nel fornire un sostegno incondizionato a nuovi partner nello sviluppo locale, tra cui l’Azienda elettrica HZ HB, che sta già costruendo un impianto fotovoltaico da 150 MW a Hodovo.

Nel gennaio di quest’anno è iniziato anche il processo di adozione del nuovo piano regolatore di Stolac per il periodo 2024-2034. Questa volta la popolazione locale ha reagito tempestivamente, avanzando suggerimenti e lanciando una petizione contro il progetto di costruzione di un impianto fotovoltaico da 125 MW a Komanje Brdo.

Considerando le precedenti esperienze negative, un gruppo informale di cittadini di Stolac teme che la costruzione di questo enorme parco solare nelle immediate vicinanze delle aree abitate possa mettere a rischio la sicurezza della popolazione. I cittadini esprimono perplessità sulla validità dello studio di fattibilità, che non ha preso in considerazione la struttura del terreno, suscettibile a inondazioni, frane e terremoti.

La popolazione locale solleva anche la questione della legalità delle procedure di cambio di destinazione d’uso e concessione di beni demaniali a terzi. Un altro aspetto problematico – denunciano i cittadini – riguarda il mancato coinvolgimento dell’opinione pubblica nel processo decisionale riguardante un progetto, come quello degli impianti fotovoltaici di Stolac, che rappresenta una potenziale minaccia non solo per la sicurezza della popolazione, ma anche per la sopravvivenza delle specie vegetali autoctone e del patrimonio storico-culturale.

I cittadini si oppongono anche all’idea di trasformare l’area che si estende da Gorica a Radimlja, nota per i siti archeologici preistorici e gli stećci, in una zona industriale che potrebbe essere destinata alla costruzione di impianti fotovoltaici.

“Abbiamo reagito tempestivamente, presentando obiezioni al Piano regolatore e lanciando una petizione contro la costruzione di un impianto fotovoltaico a Komanje Brdo, ottenendo così lo status di parte interessata nel processo decisionale. Tuttavia, il ministero competente non ha mai risposto alle nostre obiezioni e, dopo la conclusione della consultazione pubblica il 21 gennaio, il Piano regolatore non è stato più nemmeno menzionato”, spiega Ernest Đonko, rappresentante del gruppo informale “Stolački otpor”.

Nonostante le pressioni e le intimidazioni sui social, gli attivisti di Stolac, in collaborazione con altre organizzazioni non governative della Bosnia Erzegovina, hanno intrapreso una battaglia legale contro le persone che hanno permesso l’avvio della costruzione del parco solare a Komanje Brdo. Secondo la documentazione di cui dispongono gli attivisti, la concessione e il permesso ambientale sono stati rilasciati illegalmente all’azienda Aurora Solar .

È intervenuta anche la procura della BiH, che già a febbraio ha chiesto spiegazioni alle autorità di Stolac in merito alla concessione in uso di terreni demaniali e al cambio permanente di destinazione d’uso di Komanje Brdo. Ad oggi l’amministrazione locale non ha fornito alcuna risposta.

Anche i tentativi di coinvolgere gli ispettorati e le autorità a tutti i livelli si sono rivelati vani: le istituzioni continuano a ignorare ogni sollecitazione ad intervenire, oppure rispondono con la classica scusa, affermando che la questione esula dalla loro competenza.

Ad un certo punto sono intervenuti alcuni consiglieri comunali di Stolac, mettendo in guardia sulle possibili irregolarità negli interventi svolti finora, tra cui il rilascio di concessioni senza l’autorizzazione delle autorità centrali, l’uso improprio dei beni demaniali, le lacune nei piani regolatori e il tentativo di esautorare le istituzioni competenti.

Gli impianti di Stolac

Nonostante tutto, a metà maggio, alla presenza di Stjepan Bošković, sindaco di Stolac, sono stati inaugurati i lavori di costruzione di un impianto fotovoltaico, per un valore complessivo di 100 milioni di euro, con una produzione annua di energia stimata in 200 milioni di kWh per un periodo di trent’anni.

“Siamo venuti a conoscenza della portata dei progetti fotovoltaici solo durante quella consultazione pubblica [sulla bozza del nuovo Piano regolatore di Stolac, nel gennaio 2025]”, spiega Arman Ajanić, uno degli attivisti di Stolac. “Quando poi abbiamo iniziato a indagare più a fondo, abbiamo scoperto dati sorprendenti. Ci siamo resi conto che si trattava di uno scandalo legale. Ad esempio, quasi tutti gli studi di impatto ambientale per gli impianti fotovoltaici in Erzegovina sono identici, quindi sono stati copiati, cambiando solo i nomi dei terreni e i codici”.

Ajanić esprime perplessità sulla validità della documentazione, che dovrebbe rappresentare la base legale per la redditività degli investimenti e per la sostenibilità dei progetti nel loro complesso.

Nel tentativo di scoprire di più su un progetto che dovrebbe essere realizzato in pieno centro città, gli attivisti di Stolac hanno rivelato dati curiosi analizzando i catasti, le leggi, ma anche i flussi di denaro investito nei parchi solari in Erzegovina.

È emerso che la maggior parte dei grandi impianti fotovoltaici in Erzegovina è stata costruita su terreni di proprietà statale. Secondo la Legge sul divieto temporaneo di uso dei beni statali, le amministrazioni locali non possono disporre autonomamente di beni statali. Nonostante questo divieto, alcuni terreni statali sono stati dati in concessione, altri persino venduti.

Il comune di Stolac ha deciso di vendere all’Azienda elettrica HZ HB due terreni nelle località di Crnići e Trijebanj che, secondo l'elenco ufficiale dei beni statali dell’Ufficio dell’Alto rappresentante, appartengono allo stato della Bosnia Erzegovina. Prima di essere venduti, i terreni sono stati registrati illegalmente come proprietà dell’amministrazione locale.

Allo stesso tempo, le autorità cantonali hanno modificato la destinazione d’uso di molto terreni appetibili per gli investitori, permettendo così di costruire in aree boschive e agricole. È quindi lecito sospettare che le modifiche dei piani territoriali di Stolac e Mostar siano legate al tentativo di assecondare gli interessi degli investitori.

Gli stratagemmi pericolosi

La creatività di chi punta sullo sfruttamento sfrenato dell’energia solare in Erzegovina continua a sorprendere. Ultimamente, si assiste anche al fenomeno del cosiddetto “salami slicing”, la suddivisione dei terreni in lotti più piccoli per evitare l’obbligo di ottenere i permessi necessari dagli organismi di potere di livello superiore.

Secondo la normativa vigente, per l’apertura di un impianto fotovoltaico con una potenza inferiore a 1 MW non è richiesta alcuna autorizzazione energetica né tanto meno uno studio di impatto ambientale.

Questa situazione agevola notevolmente gli investitori, ma aumenta i potenziali rischi di effetti negativi di progetti fotovoltaici sull’ambiente. Lo conferma il caso di un investitore che ha avviato ben trenta progetti di piccoli impianti fotovoltaici da 900 kW nella località di Jasenjani, vicino a Mostar.

Queste pratiche non possono essere sanzionate, non essendo vietate dalla legislazione della BiH. Occorre però intervenire su altre questioni controverse, comprese le procedure poco trasparenti di cambio di destinazione d’uso e concessioni di terreni di proprietà statali, e le malversazioni nell’ambito della pianificazione territoriale.

Ora spetta alla procura generale agire per adempiere al suo compito principale, quello della tutela legale dei beni comuni della Bosnia Erzegovina.

Nonostante gli indicatori del Consiglio per gli investimenti esteri sugli effetti positivi degli investimenti in BiH grazie all’incremento degli investimenti nel settore energetico, il paese rischia di trovarsi ad affrontare gravi conseguenze legali ed economiche.

Se venisse accertato che gli impianti fotovoltaici costruiti in Erzegovina sono illegali, ovvero che sono stati firmati contratti con gli investitori per terreni acquisiti illegalmente, il cantone Erzegovina-Neretva potrebbe diventare bersaglio di cause legali per investimenti falliti. Non sarebbe di certo una novità. La BiH è già coinvolta in diversi arbitrati internazionali che potrebbero costare ai cittadini miliardi di euro.

L’esempio più recente è una sentenza a favore dell’azienda slovena Viadukt, in base alla quale la Bosnia Erzegovina è tenuta a pagare un risarcimento di circa 52,8 milioni di euro per un progetto che non ha mai visto nemmeno la posa della prima pietra.

Intanto, in Erzegovina si avverte un certo nervosismo tra gli investitori, alcuni dei quali sembrano pronti a ritirarsi a causa delle procedure complicate e dell’incapacità di garantire tutte le condizioni necessarie per la realizzazione dei loro progetti fotovoltaici.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito della Collaborative and Investigative Journalism Initiative (CIJI ), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina progetto


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