E' in pieno svolgimento il Festival di Berlino. Una recensione su “Smrt u Sarajevo” ultimo lavoro del regista Danis Tanović e su “S one strane” di Zrinko Ogresta
Con un film corale alla Robert Altman, il regista bosniaco Danis Tanović è tornato in concorso al Festival di Berlino (www.berlinale.de) con “Smrt u Sarajevu – Death in Sarajevo”. Dal dramma teatrale “Hotel Europe” di Bernard-Henry Lévy, il premio Oscar per “No man's Land” (premiato a Berlino con “An Episode in the Life of an Iron Picker” nel 2013) ha realizzato una commedia nera matura e molto interessante.
Il film si svolge il 28 giugno 2014 all'Hotel Europa (l'ambientazione reale è l'Holiday Inn, dai sotterranei alla terrazza) di Sarajevo, il migliore della città, nel quale ci si prepara a celebrare il centenario dell'attentato di Gavrilo Princip. Il direttore Omer riceve un attore francese che dovrà tenere un discorso ed è impegnato negli ultimi preparativi, mentre il personale è pronto a uno sciopero, dal momento che non è pagato da mesi, un fatto che ricorda ciò che è accaduto davvero all'Holiday. Sul tetto una giornalista tv sta intervistando storici e studiosi per una trasmissione sul centenario, ovviamente legato agli altri eventi tragici del '900 a Sarajevo: su tutti la curiosa vicenda dei monumenti ricordo che sono stati posizionati e rimossi nei decenni sul luogo dell'attentato. Tra gli intervistati c'è pure un giovane nazionalista serbo che di nome fa proprio Gavrilo Princip e finirà a litigare furiosamente con la conduttrice Vedrana persino lontano dalle telecamere. C'è chi pensa alla sicurezza degli ospiti internazionali e chi è disposto a tutto per fermare lo sciopero, mentre Omer vive nel ricordo dei fasti dell'Olimpiade del 1984 e mostra il servizio di posate di allora come fiore all'occhiello.
Tanović si tiene in equilibrio tra ironia e dramma (un omicidio ci sarà, come il titolo suggerisce, e sarà una sorta di contrappasso beffardo), gestisce i tanti personaggi, i livelli del racconto e una struttura complicata, regalando alcuni complessi movimenti di macchina tra stanze e corridoi. Un'opera complessa, magari non del tutto nuova, che scontenterà qualcuno, sicuramente di buon livello e stimolante. “Smrt u Sarajevu” può puntare a un premio, magari non all'Orso d'oro ma forse il premio al regista, sabato sera nella premiazione del Festival.
Nella sezione Panorama convince “S one strane – On the Other Side” del croato Zrinko Ogresta, che al settimo lungometraggio (tra i principali “Isprani” del 1995, “Tu - Here” del 2003 e “Iza stakla – Behind the Glass” del 2008) realizza forse il suo lavoro migliore. Dopo “Sole alto – Zvizdan” di Dalibor Matanić, premiato a Cannes, e “Takva su pravila – These Are The Rules” di Ognjen Svilicić (“Sorry For Kung Fu” e “Armin”), premiato a Venezia, un'altra prova di riscossa del cinema croato negli ultimi anni.
Vesna (interpretata da un'ottima Ksenija Marinković) è un'infermiera che vive a Zagabria. Sua figlia (Tihana Lazović, anche Shooting Star alla Berlinale) sta per sposarsi, mentre il figlio maschio attende un secondo figlio dalla moglie, nonché uno dalla collega e amante clandestina. Un giorno, mentre è al lavoro, la donna riceve una chiamata dal marito Žarko di ritorno dall'Aja dov'era stato processato e detenuto per crimini di guerra. Al tempo la famiglia viveva a Sisak e l'uomo era ufficiale della JNA, l'esercito jugoslavo, e i suoi soldati avevano compiuto massacri di donne e bambini. Mentre le telefonate da Belgrado si ripetono (Žarko è interpretato da Lazar Ristovski), suonano alla porta due uomini, parenti di vittime nel villaggio di Masici, in cerca di informazioni e giustizia. Ci si sposta nei territori del sottile thriller psicologico, con Vesna che si trova in mezzo tra i problemi dei figli, il passato doloroso con cui credeva di aver tagliato i ponti che invece si riaffaccia e una sorta di “vendicatori”.
“S one strane” è un film d'interni, case, uffici e auto, dove i protagonisti sono quasi sempre visti attraverso vetri, finestre, finestrini, rami, tende, porte semiaperte, oppure riflessi negli specchi. Un film di dettagli, sottigliezze e tensione sotterranea, ma anche di critica alla Croazia di oggi, dall'impossibilità di trovare un lavoro alla corruzione: “Se tutti facessero quello che devono, saremmo la Svizzera già da tempo” commenta amaramente un personaggio.
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