Mani di minatore che raccolgono dei pezzi di carbone © Vyacheslav Svetlichnyy/Shutterstock

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Le fonti naturali con cui viene prodotta l’energia influiscono direttamente sulle emissioni di CO2 e sulla sostenibilità ambientale del settore nel lungo periodo. Le differenze fra i paesi Ue sono importanti e segnalano approcci molto diversi fra loro

19/01/2021 -  Ornaldo Gjergji

Fra le varie attività umane che producono gas serra, il settore della produzione energetica è quello che produce la quantità maggiore di CO2 equivalente. 

In linea generale, le fonti di energia rinnovabili sono preferibili ai combustibili fossili sia per l’impatto minore che hanno sull’atmosfera in termini di emissioni, che per la reperibilità della materia prima da cui viene prodotta l’energia. Elementi che rendono entrambi le energie rinnovabili sostenibili per il lungo periodo.

Per questi motivi negli scorsi anni l’Unione europea ha deciso di sostenere attivamente la transizione energetica dai combustibili fossili verso fonti di energia rinnovabili e con basso impatto ambientale. Ma come producono energia i paesi membri dell'Ue?

Grazie ai dati rilasciati dalla piattaforma Transparency di ENTSO-E (the European Network of Transmission System Operators for Electricity) è possibile conoscere la composizione della capacità energetica installata in vari paesi europei.

Il grafico mostra la quantità di megawatt producibili dai sistemi energetici dei vari paesi, distinguendo tra 21 diverse tecnologie.

I dati originari sono stati disposti in maniera gerarchica, affinché si possano fare delle comparazioni fra i vari paesi per quanto riguarda le proporzioni di energia prodotta tramite combustibili fossili, fonti di energia rinnovabile, e nucleare. È inoltre possibile esplorare le differenze fra paesi per quanto riguarda il tipo specifico di tecnologia o di combustibile utilizzato.

La composizione delle fonti di approvvigionamento energetico varia molto da un paese Ue all’altro. Un grande numero di stati membri produce energia prevalentemente attraverso combustibili fossili, che sia carbone come in Polonia e Cechia, oppure metano come in Italia o nei Paesi Bassi. Altri invece hanno una composizione energetica meno dipendente dai combustibili fossili, come la Francia, che dipende principalmente al nucleare, o la Svezia, dove la capacità energetica derivante da fonti rinnovabili copre quasi i due terzi del fabbisogno totale.

Queste differenze, al di là delle indicazioni che danno su quali siano gli stati membri più virtuosi sul piano della sostenibilità ambientale del proprio sistema energetico, suggeriscono anche quant’è difficile normare questo ambito da parte delle istituzioni comunitarie. Non è infatti un caso che il settore ambientale sia quello dove negli anni si sono concentrate ben un quarto del totale delle procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea contro gli stati membri.

Questo si somma ai tanti limiti con cui le politiche di transizione energetica continuano a scontrarsi, tra cui i sussidi pubblici e i finanziamenti privati all’industria dei combustibili fossili e una sostanziale libertà di inquinare per i grandi gruppi industriali del settore.

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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