La torre della radio di Yerevan (Foto artnaz, Flickr)

La torre della radio di Yerevan (Foto artnaz , Flickr)

Nuove manifestazioni dell'opposizione armena che chiede elezioni anticipate e il rilascio dei prigionieri detenuti dal marzo 2008. La prossima iniziativa di piazza si svolgerà il 28 aprile, mentre l'inflazione sta catalizzando il malcontento popolare. Caute aperture del presidente Sargsyan

27/04/2011 -  Ilenia Santin Yerevan

Proseguono le manifestazioni di protesta del partito d’opposizione extraparlamentare Armenian National Congress (ANC) che il 17 marzo e l’8 aprile ha chiesto nuovamente alle autorità di accettare le richieste dell’opposizione e indire elezioni anticipate.

La manifestazione del 17 ha segnato una “grande vittoria” per l’ANC: grazie ad un accordo tra la polizia e i manifestanti, per la prima volta dopo tre anni infatti l’ANC è tornato a manifestare in Piazza della Libertà, luogo-simbolo degli scontri del marzo 2008 da allora vietato al partito di Ter-Petrosyan. Secondo quanto riportato dal network Armenialiberty, il leader ha ribadito che “quanto accaduto in Nord Africa accadrà anche in Armenia: le autorità dovranno sottomettersi al volere del popolo”. In risposta alla folla che incitava “azione ora!”, si è però dichiarato contrario ad azioni di forza: “A differenza di quei Paesi, ciò avverrà in Armenia senza disordini né sconvolgimenti… Non siamo sul ring, stiamo giocando a scacchi”.

Partita di scacchi

Il portavoce del partito Repubblicano del presidente Sargsyan, Eduard Sharmazanov, ha lodato “l’atteggiamento prudente” di Ter-Petrosyan: “L’agenda del governo non prevede elezioni anticipate – ha dichiarato il 18 marzo ad Armenialiberty – e la scelta dell’ANC di non forzare la corsa al potere dimostra che sia le autorità sia l’opposizione agiscono con prudenza per assicurare uno sviluppo politico stabile”. Inoltre la mattina del 17, in concomitanza con l’arrivo nella capitale dei tre co-presidenti OSCE e di due rappresentanti dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), il presidente Sargsyan ha rilasciato due fedelissimi di Ter-Petrosyan, Harutiun Urutyan e Roman Mnatsakanyan, arrestati con l’accusa di organizzazione di disordini di massa nel marzo 2008. Secondo quanto annunciato il 1° aprile a Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) da Razmik Zhorabyan, esponente del partito Repubblicano, “le autorità potrebbero presto liberare tutti gli oppositori ancora detenuti, compresi l’ex parlamentare Sasun Mikaelyan e Nikol Pashinyan, editore del quotidiano Haykakan Zhamanak”. A conferma di ciò, il 4 aprile la moglie di Pashinyan, Anna Hakobyan, ha dichiarato al quotidiano Tert che il marito “potrebbe essere rilasciato a luglio: rappresentanti PACE hanno confermato che tutti i prigionieri politici verranno rilasciati dopo aver scontato metà della condanna”.

Ultimatum al governo

Nonostante le dichiarazioni ottimistiche, l’8 aprile Ter-Petrosyan ha lanciato un secondo ultimatum alle autorità, reclamando la liberazione dei sei detenuti, l’avvio di un’inchiesta sugli scontri post-elettorali del 2008 e il libero accesso all’opposizione in Piazza della Libertà. L’ultimatum scadrà il 28 aprile, data della quinta manifestazione dell’ANC: “Se tali richieste non verranno accolte, il Congresso considererà esaurite le possibilità di dialogo con le autorità e sarà costretto a cambiare drasticamente tattica… La pazienza della gente ha un limite, pertanto il 28 aprile dovrà segnare l’inizio del dialogo o la svolta definitiva”.

Lo stesso 8 aprile Sharmazanov ha dichiarato ad Armenialiberty che “le minacce dell’ANC non vengono prese in considerazione: se credessimo loro, ci sarebbero state centinaia di elezioni”. Critico anche Richard Giragosian, direttore della think tank Regional Studies Center (RSC), che il 12 aprile, durante un incontro nella sede dell’RSC, ha spiegato che “la sporadicità degli incontri ha indebolito lo slancio degli inizi e affievolito l’incisività delle proteste”. Infatti, secondo il giornalista Emil Danielyan di Armenialiberty, all’ultima manifestazione “la partecipazione popolare sebbene massiccia – 8.500 persone secondo la Polizia – era evidentemente inferiore a quella del 17 marzo”.

Lo sciopero della fame di Raffi Hovhannisyan

Lo stand di Hovhannisyan in sciopero della fame in Piazza della Libertà (Foto Ilenia Santin)

Lo stand di Hovhannisyan in sciopero della fame in Piazza della Libertà (Foto Ilenia Santin)

Oltre alle manifestazioni dell’ANC, anche il partito di opposizione parlamentare “Eredità” è sceso in piazza per protestare contro il governo. Il leader Raffi Hovhannisyan ha iniziato il 15 marzo uno sciopero della fame – “il digiuno per la libertà” – per chiedere elezioni anticipate. La protesta del politico ha incontrato la condanna di Ter-Petrosyan che, entrando in Piazza della Libertà durante la manifestazione del 17, si è rifiutato di avvicinarsi a Hovhannisyan in sciopero della fame nella stessa piazza e ha dichiarato di non condividere la scelta del leader armeno-americano. “Se avesse avanzato richieste politiche concrete avrei sostenuto la sua scelta… ma in questo caso si tratta solo di mera ostentazione di principi cristiani”, è stato il commento riportato dal quotidiano Haykakan Zhamanak. Il 21 marzo, in una conferenza stampa improvvisata durante il sit-in, Hovhannisyan ha replicato accusando l’ANC di avere accordi segreti con le autorità: “A differenza dell’ultimatum del 1° marzo, c’è stato un ammorbidimento nel discorso del 17: le elezioni anticipate e le dimissioni di Sargsyan non sono più un requisito indispensabile per negoziare con le autorità… come dimostrerebbe il consenso della polizia alla richiesta dei manifestanti di entrare in Piazza della Libertà”.

Secondo Armenialiberty, questa “guerra di parole” tra i due leader ha compromesso qualsiasi prospettiva di unione tra le forze politiche di opposizione: “Esistono problemi molto seri all’interno dell’opposizione”, ha ammesso lo stesso Hovhannisyan il 30 marzo, mentre annunciava la fine dello sciopero su consiglio dei medici.

Inflazione in crescita

Oltre alle proteste dell’opposizione, l’amministrazione Sargsyan deve fronteggiare il malcontento popolare dovuto all’inflazione. Secondo i dati del Servizio Statistico Nazionale Armeno, l’indice dei prezzi al consumo nei primi due mesi del 2011 è aumentato dell’11,5% rispetto allo stesso periodo del 2010, superando il 5,5% stabilito dalla Banca Centrale per quest’anno. Per frenare l’inflazione, il 10 marzo il governo ha approvato un disegno di legge che consente di limitare – per non più di novanta giorni – il costo massimo di venti prodotti alimentari se il loro prezzo al dettaglio aumenta di almeno il 30% in un mese. Il Rappresentante in Armenia del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Guillermo Tolosa, ha “lodato gli sforzi del governo, in particolare il piano straordinario per regolare i prezzi degli alimenti di base”, ha riferito Armenialiberty l’11 marzo. Ma, mentre il governo punta il dito contro il crollo della produzione agricola e l’aumento internazionale del prezzo di grano e carburante, Tolosa ha ribadito che “il monopolio di alcuni settori dell’economia armena ha influito sui prezzi: per questo l’FMI chiede riforme più profonde e audaci da parte delle autorità per combattere tali oligopoli”.

La vera minaccia per Sargsyan – dichiaratosi “seriamente preoccupato” in un incontro straordinario coi ministri l’11 marzo – rimane dunque il sistema economico armeno, in cui la mancanza di competizione e i monopoli economici hanno causato l’aumento dell’inflazione e “reso la vita nel Paese sproporzionatamente costosa”.


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