Tirana, studenti in piazza - igli llubani/shutterstock

Tirana, studenti in piazza - igli llubani/shutterstock

Davanti alla scelta del governo di non aprire ad una riforma sulla legge relativa all'istruzione superiore gli studenti hanno optato per un'escalation delle proteste

19/12/2018 -  Gentiola Madhi

È da due settimane che gli studenti delle università pubbliche dell'Albania manifestano nelle strade e nelle piazze di Tirana, contestando la controversa legge sull'istruzione superiore, la bassa qualità dell'insegnamento e la corruzione. Piccoli gruppi di manifestanti sfidano anche le temperature rigide invernali trascorrendo le loro notti davanti agli uffici del primo ministro.

Nuovo modo di manifestare

A differenza delle esperienze del passato queste proteste sono caratterizzate da raggruppamenti sporadici, orizzontali e non promossi da partiti. Queste proteste pacifiche degli studenti hanno segnato un passo in avanti per l'Albania dove la democrazia soffia timidamente dalla fine del regime comunista.

Fino ad ora non era mai accaduto che non vi fosse alcun incidente o scontro ma nemmeno che i manifestanti, a fine giornata, passassero lungo le strade attraversate a raccogliere le immondizie che si erano lasciati dietro di sé. Un atto dal forte valore simbolico che mira a dimostrare che l'obiettivo finale degli studenti è quello di proteggere un bene comune.

Abrogare la legge

Gli studenti hanno sottoposto otto richieste al governo a partire dall'abrogazione della legge attuale dedicata all'istruzione superiore, primo passo a loro avviso necessario per affrontare in modo sostenibile l'attuale situazione nelle università pubbliche. Il primo ministro Edi Rama ha offerto alcune concessioni tra cui l'abrogazione delle tasse universitarie per gli studenti più meritevoli e per chi proviene da famiglie indigenti e opportunità lavorative per 1000 studenti nell'amministrazione pubblica. Offerte rispedite al mittente. Secondo i manifestanti non ha senso procedere attraverso concessioni senza andare alla radice del problema. Uno degli slogan più recenti è “Non abbiamo nulla da negoziare, le nostre richieste sono essenziali”.

Sino ad oggi la perseveranza degli studenti nel rifiutare dialogo e compromesso al ribasso sulle loro richieste è andato oltre ogni aspettativa e lo stesso governo sembra rimasto spiazzato e non in grado di gestire la situazione. In una sessione parlamentare tenutasi lo scorso giovedì il primo ministro Rama ha esplicitamente ammesso che “in primo luogo le proteste hanno dato uno schiaffo al governo. In secondo luogo hanno dato un pugno all'opposizione e infine hanno dato speranza alla società”. Ha poi espresso la sua disponibilità a dare risposta alle otto richieste degli studenti ponendo però come precondizione che venga avviato un canale di dialogo.

Su quest'ultimo aspetto gli studenti non sono disposti perché il primo ministro, nonostante le aperture, non sembra pronto ad abrogare la legge vigente sull'istruzione superiore. Una mossa che potrebbe minare la sua leadership e rappresentare un precedente per future concessioni. Il governo a guida socialista ha rinnovato il suo mandato alla guida del paese nel giugno 2017 e ci si aspetta governi il paese sino all'estate 2021.

Scaricabarile

Al momento le responsabilità sul degrado che ha colpito le università pubbliche rimangono “orfane”. Nessuno ad oggi ha rassegnato le proprie dimissioni e management delle università e governo si accusano a vicenda. Il primo ministro Rama si è fatto promotore di un incontro d'urgenza con rettori e decani universitari (mandato in onda live in streaming su ERTV , il canale on-line di Edi Rama) che si è però tramutato in un lungo monologo del primo ministro sulle frustrazioni degli studenti, sulla cattiva gestione delle università pubbliche e sull'ipotesi di ridurre il grado di autonomia delle università.

La riforma dell'istruzione superiore, così impopolare, è stata una patata bollente fin dalla sua concezione. Nel 2015 lo stesso ministro per l'Educazione, Gioventù e Sport dichiarò in una sessione parlamentare che la sola Università di Tirana aveva inviato un documento di 200 pagine di commenti sulla prima proposta di legge e solo 6 alla seconda. Difficile credere che un cambiamento così radicale di atteggiamento sia effettivamente avvenuto in così poco tempo. Inoltre sono trascorsi più di tre anni dall'adozione della nuova legge ed ancora non sono stati approvati tutti i regolamenti attuativi necessari. Questo vuoto legislativo ha creato ampi spazi per abusi e malacondotta anche da parte della stessa accademia.

In uno spazio pubblico altamente polarizzato come quello albanese, i media vicini al governo hanno spesso mandato in onda notizie false nel tentativo di manipolare l'opinione pubblica. In particolare è stato insinuato che dietro alle proteste vi sia l'opposizione e che gli studenti a manifestare siano sempre di meno. In realtà è impossibile per un'opposizione attualmente frammentata e disorganizzata tenere in vita proteste di massa così vivaci. Non che non vi siano stati tentativi in tal senso, ma sono falliti.

Di fronte a queste reazioni delle istituzioni e ad una generale mancanza di fiducia nei loro confronti, gli studenti hanno optato per un'escalation delle proteste, tra queste il blocco della circolazione sul principale asse stradale di Tirana è solo un primo passo a cui potrebbe seguire anche uno sciopero della fame, sino a quando la legge incriminata non verrà abrogata.


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