Washington, 23 novembre

I leaders dei principali partiti bosniaci si impegnano a Washington a riformare la costituzione entro il marzo 2006. Il Consiglio Europeo conferma l'avvio della prima fase dei negoziati per l'adesione alla UE. Si apre ufficialmente un processo di riforma per la Bosnia Erzegovina, ma non è ancora chiaro su cosa le parti siano d'accordo

23/11/2005 -  Massimo Moratti

E' stata la settimana delle ricorrenze quella che si è appena conclusa. Ricorrenze che chiudono una fase e ne aprono un'altra, in un balletto di date e iniziative diplomatiche che segneranno il futuro della Bosnia ed Erzegovina. Ancora una volta l'Europa e gli Stati Uniti protagonisti, talvolta concorrenti, talvolta alleati nel determinare il futuro politico del Paese. Due giornate vanno ricordate in questa settimana. Lunedì 21 e venerdì 25 novembre sono le date da segnare sul calendario.

USIP

Andiamo con ordine. A Washington lunedì 21 si è conclusa la conferenza organizzata dall'USIP (U.S. Institute for Peace), intitolata "The Road from Dayton to Brussels - 10 years after". La conferenza si è conclusa con la firma di una dichiarazione che obbliga i principali partiti bosniaci a riformare la costituzione prima di marzo 2006.

Le settimane precedenti alla conferenza di Washington erano state dominate dai negoziati per la nuova costituzione della Bosnia ed Erzegovina, che si erano tenuti a Bruxelles ad inizio novembre. Il quotidiano britannico "The Guardian", pochi giorni prima, aveva annunciato che era pronta una nuova costituzione per la Bosnia ed Erzegovina, con un presidente unico, un governo centrale e che la Bosnia ed Erzegovina stessa era di fatto divenuta una repubblica parlamentare.

In realtà, all'apertura dei negoziati ci si era resi subito conto che non c'era molto spazio per voli pindarici in termini di riforme costituzionali e che lo spazio per un accordo dei tre principali partiti era alquanto ristretto, nel senso che erano poche le riforme costituzionali sulle quali c'era l'accordo dei partiti di maggioranza.

Vaso di Pandora

Parlare di riforme costituzionali in Bosnia ed Erzegovina è come aprire il classico vaso di Pandora. Vi è un comune accordo che gli accordi di pace di Dayton sono stati uno strumento efficace per fermare il conflitto ma non lo sono stati altrettanto per costruire uno stato funzionale e funzionante, ma, nella Bosnia di oggi, manca una visione su come uscire dalla "gabbia di Dayton". Appena si menziona una possibile riforma della struttura costituzionale, gli schieramenti politici di oggi in Bosnia ed Erzegovina si trincerano su posizioni che purtroppo ricordano quelle di 10 anni fa o di inizio conflitto. Per i partiti della Federazione, principalmente SDA (Partito di Azione Democratica) e HDZ (Unione Democratica Croata), riformare Dayton vuol dire soprattutto modificare l'ordine interno del paese: l'SDA vorrebbe eliminare le entità e avvicinarsi al sogno della Bosnia unitaria, come preconizzato all'inizio del conflitto, l'HDZ invece vedrebbe l'opportunità di creare l'agognata terza entità, cosa che non può non ricordare l'Herceg Bosna, che era stata il prodotto del conflitto croato -musulmano del 1993-1994. Da parte della Republika Srpska invece, e dell'SDS (Partito Democratico Serbo) che è al governo adesso (ma Partito del Progresso Democratico, PDP, e Socialdemocratici Indipendenti Serbi, SNSD, sono allineati lungo posizioni non troppo dissimili), l'obiettivo principale è la difesa strenua delle ampie autonomie e dei legami con la Serbia ottenute durante il conflitto, che si identificano nel rifiuto di riconoscere la supremazia di Sarajevo. Da parte serba inoltre, le discussioni sullo status del Kosovo e le paventate modifiche costituzionali che potessero comportare l'eliminazione della Republika Srpska (RS) avevano portato ad una certa inquietudine nell'opinione pubblica, come era stato indicato da alcuni sondaggi d'opinione. Nelle settimane scorse era stato Olli Rehn, il Commissario Europeo per l'allargamento dell'Unione, a gettare acqua sul fuoco e a dire chiaramente che le modifiche costituzionali non avrebbero portato all'abolizione delle entità.

Questa era emersa come una posizione comune della comunità internazionale, che chiaramente non è andata a genio all'SDA e in particolare a Sulejman Tihic, il membro bosgnacco della presidenza, che, a Washington, ad un certo punto avrebbe anche abbandonato la sede dei colloqui lamentandosi che i cambiamenti previsti erano solamente di natura cosmetica e che non avrebbero portato ad alcun cambiamento significativo (ma la notizia non è stata confermata). L'Alto Rappresentante Ashdown, che sta spendendo gli ultimi giorni del suo mandato, aveva chiaramente fatto capire ai politici, e in particolare ai politici bosgnacchi, che la comunità internazionale non avrebbe imposto cambiamenti costituzionali e che la comunità internazionale d'ora in poi dovrà avere il ruolo di osservatore e non occuparsi direttamente delle riforme in Bosnia ed Erzegovina. Le parole di Ashdown confermano quanto affermato a Ginevra, Ashdown ha anche ribadito che l'apparato statale bosniaco è troppo ingombrante e deve essere ridotto per liberare risorse da destinare a settori chiave come l'educazione e le pensioni.

I "fratelli maggiori"

Rassicurante è stata invece la posizione dei "fratelli maggiori" della Bosnia ed Erzegovina, cioè Serbia e Croazia. Stjepan Mesic in una lunga intervista per il quotidiano Nezavisne Novine, ha detto chiaramente che la creazione di una terza entità non sarebbe una buona soluzione per la Bosnia ed Erzegovina, sconfessando quindi il HDZ bosniaco. Boris Tadic invece, sempre per Nezavisne Novine, si è dichiarato contrario a cambiamenti unilaterali, affermando però che se vi fosse il consenso dei popoli della Bosnia ed Erzegovina, la Serbia accetterebbe anche l'abolizione delle entità. Quel che è importante è che Tadic non ha fatto menzione dello status del Kosovo in relazione alla Bosnia ed Erzegovina.

Data questa divergenza di posizioni, è apparso chiaro che non si sarebbe assistito a cambiamenti radicali della costituzione della Bosnia ed Erzegovina, come era sembrato solo pochi giorni fa. Ai più appare chiaro che quello iniziato ora è un processo che porterà in un futuro, sperabilmente non troppo lontano, a dei cambiamenti veri e propri che renderanno lo stato bosniaco più "funzionale", cioè che faranno funzionare quelle istituzioni comuni create nel corso di questi anni.

Accordo su cosa?

Tale linea traspare chiaramente dalla dichiarazione finale che ha ottenuto il consenso di tutti i partiti politici e che è poi stata consegnata a Condoleeza Rice. Il testo impegna i membri dei principali partiti bosniaci a rafforzare le istituzioni centrali dello stato e a far sì che siano compatibili con quelle degli altri paesi della comunità euroatlantica e che i partiti bosniaci lavoreranno per riformare la costituzione con lo scopo di migliorare il governo del paese, il parlamento e la presidenza. La dichiarazione è stata firmata da tutti gli otto leaders giunti a Washington, e il termine per l'adozione delle riforme è il marzo del 2006. La scadenza del marzo 2006 è dettata dal calendario elettorale: le elezioni si terranno a ottobre 2006 e ogni modifica costituzionale dovrebbe avvenire prima di marzo, altrimenti non vi sarebbe il tempo per aggiustare tutti i meccanismi previsti dalla macchina elettorale. E forse questo sarà il test principale per i partiti bosniaci: saranno sufficientemente maturi da continuare il cammino delle riforme, anche in piena campagna elettorale? Vista la divergenza delle posizioni di Washington, la prudenza e lo scetticismo sembrano essere d'obbligo.

Aperture ufficiali

Il pregio maggiore degli incontri di Bruxelles e Washington sembra essere quello di aver dato ufficialmente il via ad un processo, quello della riforma costituzionale, e aver fissato le regole del gioco e lo scopo finale, il rafforzamento delle istituzioni centrali entro il marzo 2006. La partita è ora aperta e bisognerà vedere come sarà giocata nei prossimi mesi dai partiti politici bosniaci.

Un altro processo, altamente simbolico, che si è aperto in questi giorni sono i negoziati di associazione e stabilizzazione con l'Unione Europea. In una sorta di ping pong tra quello che avveniva a Washington e Bruxelles, i ministri degli esteri dell'Unione Europea, lunedì 21 hanno autorizzato la Commissione Europea ad iniziare i negoziati per l'Accordo di Stabilizzazione e Associazione "il prima possibile". Subito dopo è pervenuta la notizia che il Commissario per l'allargamento dell'Unione Europea arriverà a Sarajevo il 25 Novembre per l'apertura ufficiale dei negoziati. Rehn ha detto, facendo eco a quanto avveniva a Washington, che i cittadini della Bosnia ed Erzegovina hanno diritto ad avere uno stato meno costoso e più funzionale capace e un partner migliore per i negoziati con l'Unione Europea. L'ambasciatore inglese Rycroft, a nome della presidenza europea dell'Unione ha detto che la velocità dei negoziati dipenderà dall'attuazione delle riforme in Bosnia ed Erzegovina, tra le quali la riforma della polizia, la riforma del sistema televisivo e la piena cooperazione con il tribunale dell'Aja.

I ja BiH u Europu...

Il 25 Novembre è la festa nazionale della Bosnia ed Erzegovina. Il paese, sotto la neve, aspetta l'arrivo di Olli Rehn per chiudere il capitolo del dopoguerra e voltare pagina guardando speranzoso verso l'Europa...


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