Nicole Corritore 2 marzo 2020

Il tribunale di Roma, sezione Diritti della Persona e Immigrazione, ha considerato fondato il rischio che un richiedente asilo pakistano vada incontro a trattamenti inumani e degradanti se trasferito in Croazia

Il portale del progetto "Melting Pot Europa " riporta la notizia di un'importante sentenza riguardante un richiedente asilo pakistano entrato in territorio italiano attraverso la rotta balcanica e che nell'ottobre del 2017 aveva fatto richiesta di protezione internazionale nel nostro paese. L’Unità Dublino del Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione aveva risposto con il diniego, definendo la Croazia paese sicuro e disposto il suo trasferimento in questo paese.

Con decreto del 12 febbraio scorso, il Tribunale di Roma, sezione Diritti della Persona e Immigrazione, ha deciso sul ricorso presentato dal cittadino pakistano richiedente asilo. Secondo il tribunale, "le informazioni reperibili portano a ritenere fondato il rischio che il ricorrente una volta trasferito in Croazia vada incontro a trattamenti inumani e degradanti"."

"In particolare", prosegue Melting Pot, "vengono citate diverse fonti di report di Ong e dell’UNHCR che mettono in luce le violenze della polizia croata contro i richiedenti asilo e i migranti ai confini con la Bosnia ed Erzegovina, nonché i rapporti in cui le organizzazioni affermano che le autorità croate hanno tenuto le famiglie di richiedenti asilo in strutture di correzione piuttosto che in centri di accoglienza per l’asilo."

Tra questi, citato il documento di Amnesty International reso pubblico nel marzo del 2019 dal titolo "Spinti ai margini: violenza e abusi contro i rifugiati e i migranti lungo la rotta balcanica ", in cui l'organizzazione denunciava che i governi europei, dando priorità ai controlli di frontiera più che al rispetto del diritto internazionale, stavano non solo chiudendo gli occhi di fronte al comportamento crudele della polizia della Croazia ma addirittura ne stavano finanziando le attività, alimentando così una crescente crisi umanitaria ai margini dell’Unione europea.

Denuncia che già pochi mesi prima, a dicembre 2018, aveva fatto Human Rights Watch basandosi sulla raccolta di testimonianze di migranti arrestati, tenuti in stato di detenzione dalla polizia croata o rimandati violentemente indietro in Bosnia Erzegovina, dopo che era stato loro requisito ogni bene, come zaino, cellulare, vestiti e soldi.

Il tribunale di Roma, ha dunque decretato l'annullamento del trasferimento del richiedente asilo definendo la Croazia "paese non sicuro": "La copiosa citazione di fonti internazionali, comprese le sentenze della CEDU - Corte Europea dei Diritti Umani, ha portato il tribunale in composizione collegiale a definire la Croazia come paese non sicuro e conseguentemente ad annullare il provvedimento di trasferimento in quanto si pone "in contrasto con la previsione dell’art. 3, par. 2, del Regolamento UE n. 604 del 2013 e con quella dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non garantendo con certezza o, comunque, al di là di ogni ragionevole dubbio, il rispetto dei diritti fondamentali del richiedente in tale Stato"."

Si veda il testo integrale del decreto del Tribunale di Roma del 12 febbraio 2020, sul sito di Melting Pot .