13 aprile 2015

Da dicembre scorso è in vigore in Croazia la nuova legge sull'imposta sul reddito che ha introdotto novità significative nel sistema di tassazione, applicato anche al sistema no profit. Furio Radin, deputato della Comunità nazionale italiana al parlamento di Zagabria, esprime preoccupazione sulle conseguenze che la legge avrà sulle associazioni e sulle istituzionali delle minoranze, tra le quali quella italiana

Fonte: AISE e La Voce del Popolo

"La Legge sull’imposta sul reddito, approvata dal Sabor il 25 novembre 2014 ed entrata in vigore otto giorni dopo la sua pubblicazione sulle Narodne Novine (NN 143/14 del 3 dicembre 2014) ha introdotto novità significative riguardo al sistema di tassazione applicato, tra l’altro, al settore no profit". È quanto si legge sul quotidiano "La voce del popolo", diretto a Fiume da Roberto Palisca.

Tali novità riguardano, dunque, anche le realtà istituzionali e associative delle Comunità nazionali in generale e della CNI - Comunità nazionale italiana in particolare. Onde chiarire la situazione, nell’interesse di tutte le Comunità degli Italiani e degli enti no profit operanti nel contesto e per la tutela e la promozione dell’identità, della lingua e della cultura italiane, non sono mancate iniziative intraprese dai vertici della massima associazione rappresentativa, l’Unione Italiana, nonché interventi a livello parlamentare che hanno visto coinvolto in prima persona il deputato della CNI al Sabor, Furio Radin.

Nei giorni scorsi, così, dopo una serie di consultazioni con esperti legali e contabili, da Palazzo Modello è stata inviata a tutti i presidenti delle CI, nonché ai presidenti dei CdA e ai direttori degli enti e delle istituzioni della CNI una comunicazione firmata dal presidente della Giunta esecutiva dell’UI, Maurizio Tremul, recante il quadro normativo in vigore e l’interpretazione fornita all’UI dalla Direzione delle imposte inerente all’obbligo di registrare entro il 31 marzo l’eventuale attività economica svolta da una realtà no profit. Un obbligo che deriva appunto dalle modifiche di legge, che prevedono pure l’inserimento nel sistema fiscale anche dei soggetti che possiedono beni duraturi del valore superiore ai 2 milioni di kune.

Criteri nuovi che invitano alla riflessione e che non mancano di destare qualche preoccupazione circa i possibili esiti dell’applicazione delle nuove regole. Una preoccupazione comune a tutte le minoranze nazionali residenti in Croazia, come confermato dai deputati eletti ai seggi specifici che si sono rivolti al viceministro delle Finanze, Igor Rađenović, chiedendo un incontro in tempi quanto più brevi possibile. "Il gruppo dei deputati delle minoranze nazionali si è riunito al Sabor il 13 marzo e in quella sede è stata ribadita la comune preoccupazione. Abbiamo pertanto richiesto di incontrare d’urgenza il viceministro Rađenović e i suoi collaboratori", ha confermato Furio Radin, che ha sottolineato: "Tutte le minoranze operano attraverso le associazioni, alcune hanno anche degli enti, la CNI ad esempio con l’Edit e il CRS. Sia le associazioni sia gli enti, come da definizione, operano nel contesto del no profit e nel caso in cui registrino un eventuale profitto lo reinvestono nell’attività primaria. In alcuni casi nelle sedi delle associazioni opera un caffe bar, che ha principalmente la funzione di punto d’incontro per i soci ed eventuali simpatizzanti".

Soffermandosi poi sulla realtà della nostra minoranza, Radin ha puntualizzato: "Alcune CI, ad esempio, affittano alcuni spazi per importi simbolici. L’ "attività economica", ovvero "alberghiera e commerciale" si riduce a bar per i soci e a spazi dati in affitto ad altre associazioni delle unità di autogoverno, ai consigli delle minoranze, a deputati… In alternativa questi stessi spazi vengono dati in affitto ad altre associazioni in occasione di eventi o manifestazioni. Parliamo di profitti minimi che bastano appena a coprire le spese e laddove rimane qualcosa questo viene reinvestito nell’attività principale: ovvero a favore della tutela dell’identità della minoranza e della sua autonomia culturale".

"Potremmo citare tanti esempi che illustrano bene questa situazione", ha aggiunto Radin, che ha già preparato un promemoria per il viceministro, nel quale espone in modo dettagliato le specificità, portando anche esempi concreti come quello della Comunità degli Italiani di Pola. Esempi che palesano quanto le entrate proprie derivanti da affitti siano gravate dalle spese di manutenzione e di gestione ordinaria, che questi sono sempre reinvestiti in attività tese a realizzare lo scopo delle associazioni e degli enti no profit: nel caso della CNI, come già detto la tutela e la promozione dell’identità, della lingua e della cultura italiane.

Ogni eventuale entrata realizzata dalle associazioni e dagli enti no profit che operano nel mondo delle minoranze viene quindi destinata alla realizzazione dell’attività primaria che negli ultimi anni, a causa della crisi economica che non risparmia i finanziatori, si vede ridotti i finanziamenti. "Il discorso vale sia per i finanziamenti garantiti dai governi nazionali, va ricordato che quello italiano è il nostro principale finanziatore, ma anche le autonomie locali e regionali che devono fare i conti con gli effetti della recente mini riforma fiscale. Anche per quanto riguarda i beni durevoli, va detto che molte associazioni delle minoranze sono proprietarie delle rispettive sedi, il cui valore supera i 2 milioni di kune. Nel nostro caso si tratta di immobili acquistati e/o rinnovati con fondi assicurati dal governo italiano e che devono essere utilizzati per le necessità sociali della CNI".

La questione va dunque esaminata nel suo contesto più ampio. Insiste su questo punto Radin, che invita a tenere di conto tutti gli elementi. "Per quanto riguarda le associazioni e gli enti della CNI, ma lo stesso vale anche per le realtà delle altre minoranze, è evidente che stiamo parlando di settore no profit. Lo confermano la natura delle associazioni e degli enti, l’attività che questi svolgono e i meccanismi di finanziamento. Le CI – ha ribadito – affittano spazi e indirizzano le entrate proprie nell’attività ordinaria; lo stesso vale anche per l’Edit di Fiume e il Centro di Ricerche Storiche di Rovigno che reinvestono le entrate per rafforzare la produzione tesa a garantire il diritto all’informazione nella lingua materna e l’autonomia culturale della Comunità Nazionale Italiana. Ritengo pertanto – ha affermato – che non ci siano motivi validi per applicare alle realtà associative e istituzionali delle minoranze le disposizioni inerenti alla tassazione del reddito".