Il primo viaggio in Bosnia dieci anni fa. E poi molti altri a seguire e sempre un lancinante sentimento di nostalgia. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

03/11/2014 -  Bianca Maria Torri

Sono ormai passati 10 anni da quel freddo gennaio in cui per la prima volta andai in Bosnia con un piccolo gruppo di volontari; viaggio che mi ero letteralmente dovuta conquistare, vista la contrarietà dei miei genitori ("E' pericoloso, ci sono le mine") e la perplessità di molti amici ("Ma che ci vai a fare?"). Inutile dire che fu amore a prima vista per quella terra, per la sua storia e per la sua gente.

A quella prima volta sono seguiti molti altri viaggi ed attività immortalati in decine di foto che ogni tanto torno a sfogliare. Chiamano "mal di Balcani" questo misto di nostalgia, di ricordi di esperienze vissute e relazioni intrecciate che affiorano nella mente nei momenti più impensati.

Il mio "Mal di Balcani" si compone di tante piccole immagini raccolte in questi numerosi viaggi:

Kolači i rakija, il simbolo dell'ospitalità bosniaca. Non mancavano mai ogni volta che si entrava a casa di qualcuno semplicemente per salutare o per passare un po' di tempo in compagnia, anche quando le comprensibili difficoltà linguistiche ci permettevano solo di comunicare a sorrisi ed abbracci.

Buio, boschi e rovine. La prima volta arrivammo con il buio, pochissimi lampioni. Era più la luce della luna a farci da guida sulla stradina sterrata in mezzo ai boschi, costeggiata di quel che rimaneva di interi villaggi. Un brivido mi percorreva la schiena di fronte a quello scenario, segno di una desolazione che spero non si debba ripetere più.

Mattoni, pala e polvere. Pomeriggi passati a riassestare (vanamente?) strade sterrate e ruderi fianco a fianco con gli abitanti del villaggio, armati di buon cuore più che di capacità tecniche...

"Nema problema", nessun problema. L'ho sentita talmente tante volte che me l'ero persino fatta scrivere su una maglietta in uno dei negozietti per turisti che affollano la Baščaršija di Sarajevo. Accettazione passiva che "le cose debbano proprio andare così" o saggezza con cui approcciarsi alle fatiche della vita?

"Mir i dobro", pace e bene. La scritta all'ingresso del convento francescano di Plehan ed anche il mio augurio per questa bellissima terra.


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