Istanbul - Pixabay

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In corso il voto in Turchia sul referendum costituzionale, che in caso di vittoria darebbe al presidente Erdoğan poteri allargati con l'opposizione parla di rischio dittatura e invita a votare no. Testa a testa nei sondaggi della vigilia. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [16 aprile 2017]

Per la Turchia è una giornata importante, forse decisiva: dopo settimane di campagna elettorale infuocata, oltre 55 milioni di elettori sono chiamati oggi alle urne, per votare al referendum costituzionale voluto dal presidente in carica Recep Tayyp Erdoğan.

Nelle scorse settimane hanno già votato più di 1,3 milioni di turchi all'estero, con un'affluenza record per gli emigrati di oltre il 45%: un dato importante anche considerando che non è previsto un quorum e l'esito sarà deciso dalla maggioranza semplice dei votanti.

In ballo, c'è una riforma di stampo presidenziale che permetterebbe ad Erdoğan di rafforzare drasticamente i propri poteri e – in caso di vittoria – di assicurarsi la possibilità di restare alla guida del paese fino al 2034.

Per ottenere l'agognato “sì” Erdoğan non si è risparmiato, battendo le piazze del paese in numerosi comizi, mentre la stampa ufficiale si è allineata quasi totalmente alle posizioni del governo.

“La nuova Costituzione porterà la fiducia e la stabilità che serve al Paese per crescere", ha ribadito Erdoğan in chiusura di campagna elettorale, invitato i turchi a votare sì “per una nazione, una bandiera, una patria, uno stato".

Agitano invece lo spettro della dittatura i sostenitori del “no”, che vedono in una vittoria di Erdoğan un ulteriore colpo alla democrazia turca, messa a dura prova dal tentativo di golpe del luglio 2016 e dalla successiva ondata di repressioni governative.

Gli ultimi sondaggi danno un testa a testa: quale che sia il risultato finale, però, la Turchia resta e resterà a lungo un paese spaccato.

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