Ana Brnabić con Zoran Zaev - Wikimedia commons

Ana Brnabić con Zoran Zaev - Wikimedia commons

Ana Brnabić, già ministra dell'Amministrazione pubblica, è la nuova premier in-pectore della Serbia. La nomina della Brnabić - dichiaratamente gay - da parte del presidente Vučić ha sollevato però forti polemiche. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [16 giugno 2017]

Potrebbe diventare la prima premier donna della storia serba, ma anche la prima persona dichiaratamente omosessuale a guidare il paese. Ana Brnabić, già ministra dell'Amministrazione pubblica e delle Autonomie locali, è stata nominata ieri dal neo-presidente serbo Aleksandar Vučić a succedergli nel ruolo di primo ministro.

La Brnabić dovrà ora formare la sua squadra di governo e presentarsi al parlamento di Belgrado per ottenere la fiducia della maggioranza, guidata dal Partito progressista serbo di Vučić.

Simbolicamente la nomina della Brnabić, esperta fuori dai partiti, donna ed omosessuale dichiarata, rappresenta un elemento di rottura nella politica e nella società serba, segnata ancora da forti pregiudizi nei confronti della comunità LGBT.

La scelta del presidente – criticata apertamente dalla Chiesa ortodossa serba - ha però provocato forti polemiche anche nei corridoi della politica belgradese. Pesanti malumori sono emersi dai settori più conservatori del Partito progressista, che accusano la Brnabić di essere la “candidata di Washington”: in passato, la Brnabić ha infatti lavorato per varie Ong ed imprese a capitale americano.

Parte dei deputati progressisti potrebbe quindi votare contro la Brnabić, come già annunciato dal leader di “Serbia Unita” Dragan Marković – Palma, alleato di Vučić e parte della coalizione di governo.

Critica anche l'opposizione liberale, che vede nella nomina della Brnabić - esperta senza un proprio capitale politico – un'astuta mossa di marketing, con cui Vučić intende continuare a dominare incontrastato la scena politica serba, smarcandosi però al tempo stesso di fronte agli interlocutori internazionali, soprattutto nell'UE, dalle crescenti accuse di autoritarismo, controllo dei media e limitazione dei diritti civili.

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