Bandiera dell'UÇK - © Attila JANDI/Shutterstock

Bandiera dell'UÇK - © Attila JANDI/Shutterstock

Mercoledì scorso la Corte speciale per il Kosovo ha emesso la sua prima sentenza, condannando i leader dell'associazione dei veterani dell'UÇK per aver intralciato la giustizia e rivelato informazioni riservate. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [22 maggio 2022]

Era il settembre del 2020 quando alcuni scatoloni, contenenti documenti riservati sulle indagini della Corte speciale per il Kosovo, vennero misteriosamente recapitati agli uffici dell'associazione dei veterani dell'UÇK, la guerriglia kosovaro-albanese che ha guidato la lotta armata per l'indipendenza della regione dalla Serbia.

Il leader dell'associazione, Hysni Gucati e il suo vice, Nasim Haradinaj non tardarono ad organizzare una conferenza stampa, durante la quale vennero resi pubblici dati sensibili relativi, tra l'altro ai potenziali testimoni delle indagini portate avanti dalla corte.

Mercoledì scorso – con la sua prima sentenza ufficiale - la stessa Corte speciale ha ritenuto i due colpevoli di ostruzione alla giustizia ed intimidazione, condannandoli a quattro anni e mezzo di reclusione.

La decisione del tribunale conferma le profonde divisioni provocate in Kosovo dall'istituzione della Corte speciale, creata nel 2017 su pressione internazionale per indagare sui presunti crimini dell'UÇK durante il conflitto armato nel periodo 1998-2000.

Per molti in Kosovo la Corte – che si occupa solo delle accuse rivolte nei confronti dei combattenti kosovaro-albanesi, sarebbe infatti un'istituzione politica e discriminatoria. Dopo la sentenza l'attuale leader degli ex-combattenti UÇK, Faton Klinaku, ha dichiarato che l'associazione continuerà ad ostacolare il funzionamento del tribunale “che non vuole giudicare i crimini, ma solo condannare albanesi”.

Tra gli indagati in attesa di giudizio ci sono molti dei leader prima militari, e poi politici del nuovo Kosovo indipendente: tra questi anche l'ex capo militare dell'UÇK ed ex presidente Hashim Thaçi.

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