Belgrado - Wikimedia Commons

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In Serbia lanciato un team legale per portare alla sbarra i paesi Nato che bombardarono il paese durante la guerra in Kosovo del 1999 anche con armi radioattive. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [13 giugno 2017]

A più di diciotto anni dal bombardamento della Serbia da parte dei paesi Nato durante la guerra in Kosovo, le ferite aperte da quel sanguinoso conflitto non sono ancora rimarginate.

Nei giorni scorsi, in Serbia è stata annunciata la creazione di un team legale, composto da avvocati e medici, con l'intento di denunciare i paesi dell'Alleanza atlantica per le conseguenze sulla popolazione della campagna militare del 1999.

Secondo Srđan Aleksić, coordinatore del team, nei 78 giorni di bombardamenti che portarono alla morte di circa 500 persone e alla resa dell'allora Jugoslavia di Milošević, i bombardieri Nato avrebbero scaricato sul territorio serbo fino a 15 tonnellate di uranio, bombardando al tempo stesso le industrie chimiche e petrolchimiche del paese.

Gli effetti di quei bombardamenti sarebbero ancora tragicamente visibili, con un drastico aumento dei casi di tumore tra la popolazione serba e in Kosovo. Il team serbo non intende appellarsi alla giustizia internazionale, ma ai tribunali dei vari membri Nato ritenuti responsabili. Come precedente, viene citato il caso delle decine di soldati italiani vittime della “sindrome dei Balcani”, ammalatisi e morti dopo il contatto prolungato con munizioni radioattive.

Dopo la fine del conflitto il Tribunale per i crimini nell'ex-Jugoslavia aveva aperto un'indagine sulle azioni militari dell'Alleanza atlantica, mai approvate dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, per chiuderla però in fretta già nel 2000.

Nel 2004 anche la Corte internazionale di giustizia aveva rigettato le accuse di genocidio e violazione delle norme internazionali portate da Serbia e Montenegro contro otto paesi Nato.

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