Suor Stella Okadan alla trasmissione "Mille e un libro"

Un'autobiografia di un personaggio che fa parte anche della cultura pop italiana, Suor Stella, e che racconta, tra le molte cose anche la Jugoslavia socialista e la guerra che la dilaniò. Una recensione

20/06/2018 -  Diego Zandel

Programmi televisivi come “La prova del cuoco” e “I fatti vostri”, a cui ha partecipato per ordine della Madre superiora che la riteneva una veterana della Tv per aver già partecipato, sempre in obbedienza ai superiori, alla trasmissione “L’istruttoria” di Giuliano Ferrara relativa agli stupri in Bosnia da parte dei serbi durante la guerra nella ex Jugoslavia, hanno reso famosa suor Stella. Ma anche, se possibile, ancora più umile nella sua devozione a Dio, che è l’interfaccia con il quale quotidianamente la bosniaca Nevenka Okadar, diventata suor Stella, si confronta per dare un senso alla sua vita di meditazione e preghiera, per guardarsi dentro e vincere le sue debolezze umane e smussare, nel tempo, sentimenti che talvolta non corrispondono in pieno a quell’amore per gli altri che è la missione del suo agire terreno.

Nata da famiglia cattolica nel villaggio abitato da cattolici, musulmani e ortodossi, di Crniče, "arroccato sul fianco di un monte che fa parte del massiccio Kamešnica, lo spartiacque tra la Bosnia e la Dalmazia" a tre chilometri da Bugojno, sulle rive del Vrbas, suor Stella, dopo aver raccolto le sue ricette nel libro “La cucina di suor Stella” ha voluto pubblicare una sua autobiografia dal titolo “Diversamente suora”, edita da Luoghi Interiori, con la prefazione di Osvaldo Bevilacqua. Un libro cominciato a scrivere, senza grandi pretese, più di vent’anni fa e poi dato alle stampe da pochi mesi, non per vanità, da cui rifugge, ma allo scopo di offrire motivi di riflessione che, partendo dalla sua esperienza di vita, aiutino ciascuno di noi a ritrovare il cammino, qualora lo avessimo smarrito. Così com’è accaduto a lei, messa più volte alla prova, secondo il suo credo, da Dio, quale snodo importante che rispondeva a una domanda che lei ogni volta si poneva: “Signore, perché?”.

Una domanda che gli rivolse per la prima volta, arrabbiatissima e poco più che adolescente, quando la sua sorella maggiore, Paola, due giorni prima del matrimonio, morì per un errore all’ospedale di Travnik, durante un controllo di routine: per una gastroscopia l’infermiera invece di infilarle la sonda nell’esofago l’aveva fatta finire nei polmoni, dove il liquido scaricato la soffocò. "Dov’era Dio, spesso mi domandavo, mentre si spezzava il cuore dei miei genitori, dei fratelli e di tutti coloro che l’avevano amata e la piangevano ancora?". E quasi derideva "la frase che le amiche della mamma le consigliavano di dire nei momenti di disperazione: ‘Grazie a Dio’! Ma come si fa a ringraziare Iddio per una cosa così atroce e insopportabile? Mi chiedevo. Consideravo quelle donne fuori testa e sconsiderate". Poi, più tardi, come una rivelazione: "Ora capisco che la frase suggerita voleva aiutare mia madre a ‘fare un salto nella fede’. La fede è, tutto sommato, un salto nel buio".

I maggiorenti della fabbrica, in accordo con le autorità comuniste locali del tempo, si erano offerti, per la colpa che sentivano essere tutta della struttura pubblica a cui era affidata la salute dei cittadini, di farsi carico delle spese funerarie “a patto però che non si celebrassero funerali religiosi”. Il padre, Branko, così come la madre Danica, le cui traversie, talune avventurose, di guerra e di amore il lettore già conoscerà nei capitoli precedenti, rifiuterà sdegnato la proposta per la sua profonda fede cattolica. Scrive suor Stella: "Per capire quanto offensiva e, per i credenti, alquanto inopportuna fosse questo tipo di proposta, bisogna conoscere il momento storico-politico della Bosnia. Erano gli anni Sessanta. Vigeva in quel periodo il regime comunista che obbligava chiunque occupasse posti di rilievo a iscriversi al Partito. La popolazione semplice poteva professare liberamente la fede, ma gli insegnanti, i medici, i professionisti e dirigenti di qualsiasi ente dovevano dichiararsi ed essere osservanti comunisti e atei. Questo regime ateo era venuto a scontrarsi fortemente con la fede consolidata e forte della popolazione semplice" alla quale apparteneva la sua famiglia, dimostrando in quel caso un coraggio che sicuramente ha contribuito vieppiù a nutrire la fede della giovane Nevenka. La quale poi inizia il suo cammino vocazionale nelle Suore Francescane, e che dalla Bosnia, dopo aver preso i voti, la condurrà a Roma per iniziare un cammino di insegnamento nelle scuole (ora nell’Istituto Scolastico delle Suore Francescane di Cristo Re di via dei Colli della Farnesina a Roma). Attività accompagnata all’inizio anche da una lunga opera di volontariato nelle carceri romane, un’esperienza interessantissima da leggere per i ritratti e riflessioni sulla natura umana che ne emergono, testimonianza di un cammino ricco di aperture verso gli esseri umani, anche i peggiori assassini, e di svolte esistenziali. Queste culmineranno poi nel corso dell’ultima guerra nella sua terra che nel libro suor Stella racconterà fin da quando, ricevuta la notizia che la madre era in fin di vita, si precipita a Crniče, percependo subito nell’aria, tra la sua gente, i venti di violenza che si stavano preparando.

All’inizio cattolici, ortodossi e musulmani si riunivano tutti insieme per pregare, ecumenicamente, nella piazza del paese. Poi i serbi picchiarono il pope ortodosso minacciandolo di ucciderlo se avesse continuato. Da quel momento, per la paura, non venne più a pregare, seguito un po’ alla volta da tutti gli altri fedeli ortodossi. La guerra vede poi impegnata suor Stella con l’Associazione italo-croata di Roma, fondata per aiutare i bisognosi della Croazia e della Bosnia, nella raccolta di aiuti umanitari. Sua l’idea di provvedere ai bambini di quelle terre con i contributi dei bambini italiani. Il suo giro per tutte le scuole della capitale, dove ogni bambino dava qualcosa dei propri risparmi, contribuì a raccogliere ben dieci milioni di lire. Poi la partecipazione alla trasmissione “L’istruttoria” di Ferrara, in cui sostenne fermamente la tesi, subito contestatissima, che le donne bosniache stuprate dai serbi non dovevano abortire. "Siccome sostenevo che non fosse necessario che le donne stuprate abortissero, sebbene lo avessi pensato all’inizio degli avvenimenti drammatici, le femministe con cui eravamo collegati hanno iniziato ad attaccarmi. Le loro parole nei miei confronti equivalevano a una vera e propria sassaiola, una lapidazione. Non le giudico né le condanno perché avevano un altro criterio di valutazione di quei tristi eventi. Ma io ritenevo non andasse aggiunto male al male, perché uccidendo il frutto della violenza le donne non avrebbero superato il trauma, anzi ne avrebbero aggiunto un altro".

Poi la fine della guerra, il lento passaggio ai nostri giorni, la chiamata in tv nella trasmissione di cucina che riservava dieci minuti a “Cosa passa il convento”. Suor Stella pensava all’impegno di una volta, invece è andato avanti per tre anni, pur non essendo lei una cuoca, ma – mandata dalla Madre Superiora – mettendoci la sua volontà e voglia di imparare.

In tutta la sua autobiografia i fatti raccontati non sono mai fini a se stessi, ma offrono al lettore occasione di riflessioni profonde, così da far assurgere davvero “Diversamente suora” a libro di catechesi, alla cui fonte si può abbeverare anche un non credente. Perché il libro ci parla di vita e apre a domande in cui ciascuno di noi cerca le risposte più giuste per come affrontare questa vita, le continue prove a cui ci sottopone. Suor Stella le trova in Dio. Quel Dio al quale offre se stessa, compreso il dolore di quel male incurabile che la sta attraversando e che un giorno, per una banale caduta, ha scoperto dentro di sé, dando così un’altra risposta a un altro “Perché, Signore?”. “La differenza tra il ‘prima’ e il ‘dopo’ della mia malattia sta nel modo di vivere il mio oggi. Mentre prima facevo progetti a lunga scadenza e soffrivo molto se qualcosa si frapponeva alla loro realizzazione, ora accolgo dalle mani del Padre ogni singolo giorno come un dono prezioso da vivere al massimo e dove non deve mai mancare la gioia”.

I proventi della vendita di questo libro vanno alla Associazione ONLUS “So.Spe”. Il resto per il restauro di una chiesa in Istria.

 


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