5 dicembre 2014
Helmut Scholz

Helmut Scholz

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

Confederal Group of the European United Left - Nordic Green Left

Germania/Germany
Die Linke

Le conclusioni di Helmut Scholz

Helmut Scholz's conclusion

Sono felice di questa discussione aperta e controversa. La politica deve essere aperta e allo stesso tempo controversa, altrimenti perde la sua essenza principale: la capacità di apprendere e rischia invece di degenerare in una convinzione autocratica di infallibilità e di essere unica e senza alternative. Anche per questo è importante riflettere su ognuna delle opinioni espresse in questo dibattito. Con due limitazioni: per la mia risposta ho un numero di battute molto ristretto e quindi non posso soffermarmi su tutti gli aspetti rilevanti. Inoltre si tratta esclusivamente di risposte, perché è a mio avviso è politicamente inaccettabile cercare di screditare le posizioni di qualcun altro.

Qui le risposte ad alcune delle domande sollevate, con le quali io adempio al mandato che mi hanno dato gli elettori, monitorare le politiche dell'Ue e stare dalla parte degli interessi dei cittadini.

Per quanto riguarda la Politica di vicinato in generale: in seno al Parlamento europeo vi è consenso sul fatto che ogni stato dovrebbe avere il diritto di definire autonomamente e senza pressioni o minacce dall'esterno il suo sistema di relazioni internazionali, a questo approccio aderisce anche la Politica di vicinato dell‘Ue.

Ma solo in teoria i sistemi di relazioni internazionali sono categorie fisse, gli stati non sono concetti astratti. Nella realtà tutto è in continua evoluzione e negli stati vivono cittadini legati tra loro in complessi sistemi sociali, con interessi contrastanti ed esperienze e condizioni di vita peculiari. Si evince da ciò che per autonomia dobbiamo intendere anche che i cittadini possono prendere decisioni e che la politica internazionale deve farvi i conti.

Ritengo che sia ormai superato il pensare con le categorie emerse a Yalta. Ma quest'approccio non è ancora dominante in seno al Parlamento europeo ed è dalla Pace di Westfalia che il sistema normativo delle relazioni intenazionali, sempre in rapido mutamento, non contempla questo tipo di concezione della sovranità.

Ma l'attualità fa emergere numerose domande in merito alle capacità di analisi, di apprendimento e di prospettiva della Politica estera e di sicurezza comune dell'Ue (Pesc) e della Politica di vicinato: come mai l'Ue del periodo Barroso ha obbligato i cittadini dell'Ucraina a scegliere un'associazione in termini di aut aut quando si sapeva da decenni delle profonde divisioni esistenti su questo all’interno della società ucraina? Il futuro agire dell'Ue in merito alla Moldavia dipenderà esclusivamente dall'esito delle elezioni o terrà anche conto che quasi metà della popolazione ha scelto di non rispondere alla cosiddetta „domanda vitale“? Ma non vi erano altri possibili percorsi politici, non legati ad una decisione „definitiva“ ma concepiti come processi aperti di sviluppo? Oppure, per formularla in modo politico: accettiamo noi obiettivi - che legittimano tale Politica di vicinato - che contengono così alti rischi politici, che sono folli dal punto di vista economico e che vanno contro il trend vigente? È normale che nelle nostre società e tra i nostri stati vi siano contrasti, ma non normale che vi siano nuovamente tentativi di risolverli militarmente.

Sulla crisi della Politica di vicinato: il dibattito su questo ha mostrato un'unione di vedute. Il commissario Hahn dovrà entro il prossimo anno lavorare ad una proposta per cambiamenti concreti a questa politica, vedremo se seguirà quanto emerso nel nostro dibattito.

Io interpreto la crisi della Politica di vicinato anche come una crisi degli strumenti messi in campo per la sua implementazione. Gli Accordi di associazione rappresentano il meccanismo concreto attraverso il quale viene fatta la politica di relazioni tra l'Ue e suoi vicini. Gli stati del vicinato vengono obbligati ad implementare gli standard giuridici Ue, attuali e futuri, senza però che li si lasci divenire membri dell'Ue. Negli ambienti di specialisti quest'approccio viene designato come „external governing", e, nella sua logica intrinseca, porta anche a una sorta di "acquis territoriale“.

È bene, in merito al tema dell'integrità territoriale e del diritto all'autodeterminazione, in particolare in Europa, riferirsi agli Accordi di Helsinki, dato che sono l'unico accordo in comune a livello europeo. Il suo spirito si basa sul consenso che in Europa non si vuol vedere nessuno (utilizzando le parole di Ruthen) „sulle ginocchia“, si vuol agire in partnership e fare di tutto affinché ciascun paese – e l'Europa nel suo complesso - possa svilupparsi in autonomia e secondo le sue possibilità per mutuo vantaggio. Mi chiedo, a questo punto, se la Politica di vicinato sia ancora legata ad Helsinki. Sono della ferma opinione che Helsinki, anche in un'Europa a 28, non sia superato né in quanto afferma né nello spirito.

I am happy of this open and controversial discussion. Politics must be open and at the same time controversial, otherwise it loses its main essence – the ability to learn – and is instead likely to degenerate into an autocratic conviction of infallibility, uniqueness, and lack of alternatives. This is also why it is important to reflect on each of the views expressed in this debate. With two limitations: first, for my response I have a very small number of characters available, so I cannot comment on all relevant aspects. Second, this is only about answers, because in my opinion it is politically unacceptable to try to discredit someone else's positions.

By answering some of the questions raised, I fulfil the mandate given to me by voters – to monitor EU policies and defend the interests of citizens.

As for the Neighbourhood Policy in general: in the European Parliament there is consensus that each state should have the right to define its system of international relations independently and without pressure or threats from outside, this approach is also valid for the Neighbourhood policy.

But only in theory systems of international relations are fixed categories, states are not abstract concepts. In fact, everything is constantly changing and citizens living in states are bound together in complex social systems, with competing interests and experiences and specific living conditions. It follows from this that for autonomy we must also understand that people make decisions and that international politics must take them into account.

I think it is outdated to think within the categories emerged in Yalta. But this approach is not yet dominant in the European Parliament and since the Peace of Westphalia the regulatory system of international relations, always changing rapidly, has not covered this conception of sovereignty.

However, current events reveal numerous questions about the analytical, learning, and perspective skills of the EU Common Foreign and Security Policy (CFSP) and the European Neighbourhood Policy: why did the EU of the Barroso period force the citizens of Ukraine to choose an association in terms of either-or, when we had known for decades about the deep divisions within Ukrainian society on this issue? Will the EU's future action on Moldova depend solely on the outcome of the elections or will it take into account that almost half of the population chose not to answer the so-called "vital question"? Were there other possible political routes, that did not involve a "final" decision, but were rather conceived as open processes of development? Or, to formulate it in political terms: do we accept targets – legitimising this Neighbourhood Policy – which bear such high political risks, are crazy from the economic point of view, and go against the current trend? It is normal for disagreements to exist in our societies and between our states, but it is not normal that there are again attempts to resolve them militarily.

On the crisis of the Neighbourhood Policy: on this, the debate has shown a unity of views. Within the next year, Commissioner Hahn will have to work on a proposal for concrete changes to this policy, we will see if it takes account of what has emerged in our discussion.

I interpret the crisis of the Neighbourhood Policy also as a crisis of the instruments put in place for its implementation. The Association Agreements are the concrete mechanism through which relations are made between the EU and its neighbours. The neighbour states are obliged to implement EU legal standards, current and future, but are not allowed to become EU members. In specialist environments, this approach is termed "external governing", and its inherent logic also leads to a sort of "territorial aquis".

As regards territorial integrity and the right to self-determination, particularly in Europe, it is good to refer to the Helsinki Accords, as they are the only agreement at the European level. Their spirit is based on the consensus that in Europe we do not want to see anyone (in the words of Ruthen) "on its knees", we want to act in partnership and do everything to ensure that each country – and Europe as a whole – can develop independently and according to its possibilities for mutual benefit. I wonder, at this point, if the neighbourhood Policy is still linked to Helsinki.  I am of the firm opinion that, even in a European Union of 28, Helsinki is still valid both in what it says and in its spirit.