Cartoline dalla fossa. Diario di Srebrenica

Presentazione del libro di Emir Suljagić (Beit Casa Editrice, 2010). Fotografie di Alice Meden. Appuntamento nel quindicesimo anniversario del genocidio di Srebrenica

Intervengono:
- Emir Suljagić, autore
- Azra Nuhefendić, Osservatorio Balcani e Caucaso
- Alice Parmeggiani, traduttrice

Questo è il primo resoconto dell’assedio di Srebrenica, preludio al più spietato crimine di genocidio perpetrato in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con la connivenza delle Nazioni Unite e dell’Europa.

Il libro rievoca l’assurdo quotidiano nell’enclave assediata fino all’11 luglio 1995, quando 30mila profughi inermi furono consegnati nelle mani dei loro carnefici da quelle stesse truppe Onu che avrebbero dovuto proteggerli: così oltre 8000 uomini e ragazzi innocenti vennero uccisi a sangue freddo, i loro corpi gettati nelle fosse comuni e poi dispersi per cancellare ogni traccia.

Oggi i luoghi della strage appaiono anonimi e abbandonati, ma il nome di Srebrenica rievoca un crimine che non possiamo dimenticare.

Un diario della vita a Srebrenica prima della tragedia, le immagini storiche di quei giorni cruciali, i contributi di esperti e studiosi e una cronologia che ripercorre gli avvenimenti più importanti del conflitto in Bosnia dal 1992 ai giorni del massacro. Conclude il libro un servizio fotografico sui luoghi del massacro così come si presentano oggi, in un abbandono che esprime il dolore di un trauma incancellabile.

 

Emir Suljagić è nato nel 1975 a Ljubovija (Serbia). Nell’aprile 1992, diciasettenne, insieme a migliaia di altri musulmani bosniaci e alla sua famiglia, ha cercato rifugio a Srebrenica, mentre era in corso la campagna di “pulizia etnica” della valle della Drina messa in atto dall’esercito serbo-bosniaco. Sopravissuto quasi miracolosamente al massacro di Srebrenica, dopo la guerra intraprende gli studi in Scienze politiche a Sarajevo. Lavora come corrispondente per il settimanale “Dani” di Sarajevo. Tra il 2002 e il 2004 si occupa di seguire le vicende del Tribunale penale internazionale dell’Aja per “Dani” e per l’ “Institute for War and Peace Reporting”.