Donne e lavoro, le sfide dei territori marginali del sud-est Europa
In Bulgaria, come in buona parte dell’Europa sud-orientale, per le donne crescere nel modo del lavoro è un percorso ad ostacoli. Un reportage da Radomir dove – anche grazie ai fondi UE – si cercano nuove strade e approcci innovativi alla sfida

ednazadruga
EdnaZaDruga, laboratorio © EdnaZaDruga
Arrivando dalla capitale Sofia, lungo la superstrada che attraversa il centro minerario ed industriale di Pernik, e poi vira a sud-ovest diretta al confine con la Macedonia del nord, Radomir appare all’improvviso – superata una collina punteggiata di conifere rade – con lunghe file di “panelki”, gli alti edifici prefabbricati tipici dell’architettura socialista.
A Sofia molti “panelki” sono stati modernizzati, riverniciati e ricoperti di materiale isolante. A Radomir, cittadina di poco più di 10mila abitanti, con un passato legato alle miniere e all’industria pesante, la maggior parte degli alti edifici mostra invece i segni del tempo: un piccolo ma importante indizio che tradisce la difficile storia recente della città, che solo negli ultimi anni sta conoscendo un periodo di lenta ripresa economica e sociale.
Superati i giganti di cemento armato, costruiti a suo tempo per le necessità di minatori ed operai, si entra in un intrico di piccole strade che scendono rapidamente verso un affluente del fiume Struma: è qui, nel suo laboratorio, al piano terra di una casa che si affaccia sulla via, che incontro Snezhana Mitseva, una delle anime dell’associazione al femminile “EdnaZaDruga”.
“Essere donna, lavoratrice e mamma in una realtà come Radomir non è semplice”, mi dice, circondata dagli oggetti di artigianato che produce con dedizione e passione. “Sì, può sembrare il tipico stereotipo, ma qui né le istituzioni né la società nel suo complesso è pronta a supportare davvero le donne che vogliono crescere professionalmente e crearsi nuove opportunità, soprattutto se devono occuparsi di uno o più figli”.
La stessa Snezhana ne ha due e sa di cosa parla per esperienza personale: dopo la grande e lunga ombra della pandemia Covid, pur avendo una formazione nel campo delle tecnologie informatiche, ha deciso di trasformare la sua passione per la manualità in una nuova sfida, dedicandosi anima e corpo alla produzione di diversi prodotti artigianali, dallo scrapbooking (arte creativa che consiste nel creare album di ricordi personalizzati, decorando pagine con fotografie, ritagli, disegni, timbri, adesivi) ad oggetti di tessuto e materiali di recupero.
“E’ questa la strada che provo a indicare alle donne che si sono imbarcate nell’avventura di ‘EdnaZaDruga’, la possibilità di sviluppare il proprio talento e la propria ispirazione per crescere a livello personale e come possibile sbocco lavorativo”, racconta ancora Snezhana. “Magari all’inizio come attività parallela alla propria professione principale, ma in ogni caso come strumento per rimanere aperti alle novità e al rimettersi in gioco”.
“EdnaZaDruga” (un gioco di parole difficilmente traducibile, che significa al tempo stesso “Una per l’altra”, ma anche “Una comunità”) è nata a inizio 2025 come “gruppo innovativo” nella cornice del progetto europeo di coesione WIN (vedi box), iniziativa transnazionale sostenuta dai fondi coesione UE che ha l’obiettivo primario di sostenere la crescita professionale delle donne in aree periferiche interessate da processi di de-industrializzazione nella macroregione danubiana, proprio come Radomir.
Le donne dell’associazione si riuniscono regolarmente in una sala non lontano dallo studio di Snezhana, piccola ma arredata con cura. Qui la stessa Snezhana e le altre quattro mentori del gruppo alternano lezioni e laboratori, che vanno dalla produzione di bigiotteria al lavoro di grafica con Photoshop. Difficile fare un ritratto collettivo dei membri dell’associazione: di solito però si tratta di donne sopra i 35 anni, con figli, e magari con un lavoro part-time, che permette loro di prendersi cura delle necessità della famiglia.

Produzione sapone naturale © EdnaZaDruga
“In città come Pernik e Radomir le possibilità lavorative sono limitate. Chi vuole crescere, di solito fa il pendolare e viene a lavorare a Sofia. Per una donna con figli, però, questa possibilità viene a mancare e tutto si fa più complicato”, mi aveva spiegato nel suo ufficio-laboratorio nel cuore della capitale bulgara Iana Avramova, formatrice, terapeuta e responsabile del coordinamento tra il team del progetto e le donne di “EdnaZaDruga”.
Per Avramova, una delle principali sfide del progetto – insieme alla ormai cronica instabilità istituzionale in Bulgaria, paese che passa di elezione in elezione e di crisi politica in crisi politica – è stato individuare un approccio che potesse rispondere alle esigenze e alle potenzialità reali sul territorio.
“E’ sempre complesso tradurre un progetto quadro dalla teoria alla pratica. Per Radomir, ci siamo presto resi conto che la strada da seguire era quella di creare e sostenere attività di gruppo che potessero aprire le porte a quella che chiamo ‘piccola imprenditoria complementare’”, argomenta Avramova. “Una modalità in grado di creare opportunità in grado di sostenere l’indipendenza – finanziaria, ma anche psicologica – delle donne coinvolte”.
Se si allarga lo sguardo, la situazione nel mondo lavorativo delle donne bulgare resta complessa, con chiari e scuri, e alcuni problemi strutturali di fondo. Il livello di occupazione femminile nel paese è più alto della media europea, grazie ad un mercato del lavoro oggi quasi a pieno regime (la disoccupazione complessiva è data ad appena il 3,5% nell’ottobre 2025). Il gender gap, la differenza media di retribuzioni tra uomini e donne, è però al 12%, in linea col resto dell’UE.
Le donne in Bulgaria tendono a essere maggiormente impiegate nei servizi, nel pubblico impiego, nell’istruzione e nel sociale, ma meno frequentemente nei ruoli dirigenziali. Secondo un rapporto del 2023, la quota di donne nei ruoli manageriali in Bulgaria è in crescita, ma rimane inferiore alla media UE (il 18,3% contro il 33,8%). Oltre al mercato del lavoro, le donne in Bulgaria presentano una maggiore fragilità sociale e un rischio di povertà significativamente più alto rispetto agli uomini.
Tutte statistiche che è facile riscontrare sul terreno a Radomir e nella regione. Dopo il tracollo del kombinat socialista “Chervena Mogila” (“Collina rossa”) una dei complessi industriali più ambizioni e fallimentari del regime, e una lunga fase di deindustrializzazione e spopolamento, oggi in città lavorano e sono in rapida espansione alcune aziende internazionali che producono nel campo della componentistica elettrica e dei prodotti farmaceutici, che garantiscono lavoro. C’è posto anche per le donne nelle nuove fabbriche, ma di solito nelle posizioni meno retribuite.
“Non è facile prevedere l’impatto concreto e immediato di un progetto come WIN: il nostro sforzo e la nostra attenzione, però è tutta puntata sulla sostenibilità, a fare in modo che le risorse messe in campo possano dare frutti duraturi”, dice convinta Avramova. “Ecco perché abbiamo sostenuto con entusiasmo la decisione delle donne di Radomir di creare una loro associazione, che possa diventare un punto di riferimento e dialogare con le istituzioni locali, che si sono rivelate inaspettatamente ricettive”.
“Non lottiamo solo contro fattori e difficoltà economiche, ma anche sociali e culturali” le fa eco Mitseva dal suo studio, mentre il sole basso di dicembre scende sopra le cime scure del massiccio di Osogovo, in lontananza. “In una realtà ancora chiusa come la nostra, con ruoli e aspettative sociali piuttosto rigide, momenti da dedicare noi stesse, per crescere, posso essere piccole rivoluzioni”, sostiene convinta. “Soprattutto se riusciamo a sostenerci, a darci la mano, ad essere presenti ‘una per l’altra’”.
Partito nel 2024 con un budget di 1,934,900 Euro, sostenuto all’80% dai fondi Interreg, il progetto WIN (Women in the labour markets of peripheral INdustrial regions) raccoglie dieci partner in sette diversi paesi dell’area danubiana. Obiettivo principale del progetto è migliorare la posizione socio-economica delle donne in regioni marginali, creando opportunità di crescita professionale in modo innovativo. Nel 2025 WIN è stato ufficialmente riconosciuto come un’ “iniziativa faro” della Macrostrategia per la regione del Danubio nell’ambito dell’area prioritaria “Persone e competenze” della strategia dell’UE per l’area.
Questo articolo è stato prodotto nell’ambito del progetto EuSEE, co-finanziato dall’Unione europea. Tuttavia, i punti di vista e le opinioni espresse sono esclusivamente quelli dell’autore/degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell’autorità concedente e l’Unione europea non può esserne ritenuta responsabile.
Tag: Coesione europea | Donne | EuSEE | Lavoro
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