Nikola Jokić, il campione che sogna di essere dimenticato

Il cestista serbo Nikola Jokić è per molti il giocatore di basket più forte al mondo, capace di rivoluzionare il gioco e inanellare un record dopo l’altro. Oltre allo sport, però, Jokić lascia il segno con le sue posizioni spesso fuori dal coro

02/12/2025, Francesco Martino
Nikola Jokić con la nazionale serba © Gints Ivuskans/Shutterstock

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Nikola Jokić con la nazionale serba © Gints Ivuskans/Shutterstock

“C’è chi gode ad essere famoso. Non io, davvero. Quando la mia carriera sarà arrivata alla fine, spero che nessuno mi riconosca più. E spero che i miei figli mi ricordino come un papà, e non come cestista”.

È così, in modo insolito e fuori dagli schemi, che si presenta Nikola Jokić, secondo molti tifosi e addetti ai lavori, da anni semplicemente il giocatore di basket più forte al mondo.

La sua riflessione sulla fama – fatta nel 2023, l’anno in cui con prestazioni magistrali ha portato i Denver Nuggets al loro primo titolo in NBA, la lega professionistica americana – è soltanto una delle tante espressioni di un personaggio che alla grandezza sportiva coniuga uno spirito arguto e mai scontato.

Difficile immaginare che un giorno i tifosi di basket possano davvero dimenticarlo, e magari incrociare per strada senza riconoscerlo il gigante di 2 metri e undici centimetri che oggi domina i parquet americani, con i commentatori sportivi che lo definiscono “immarcabile” e “un genio del basket”.

Quel che è certo però, è che questo giocatore serbo originario di Sombor – tranquilla cittadina persa nella vasta e sonnolenta pianura della Vojvodina – non sembrava affatto destinato a divenire un idolo dei tifosi.

Classe 1995, poco atletico e decisamente sovrappeso nei suoi anni giovanili, in cui per sua stessa ammissione consumava quantità industriali di Coca-cola e non riusciva a fare una sola flessione sulle braccia, Jokić si era fatto comunque notare dagli scout NBA mentre militava nel campionato serbo per il suo stile di gioco semplice ma estremamente efficace. Le sue prospettive negli USA, però, sembravano essere al massimo quelle di un buon rincalzo.

Nel 2014, durante il draft, la procedura con cui le squadre della lega americana scelgono i nuovi giocatori, Jokić venne selezionato dalla “piccola” Denver soltanto al numero 41, molto lontano dai giovani più promettenti.

Nessuno quella sera ha ascoltato il suo nome pronunciato in diretta: al momento della chiamata da parte dei Nuggets, che avrebbe trasformato in fretta in una delle migliori squadre del campionato, l’emittente sportiva ESPN stava infatti trasmettendo la pubblicità di una nota catena di fast food: un episodio che sarebbe presto entrato nella mitologia sportiva cresciuta intorno a Jokić.

Dopo un ulteriore anno passato a farsi le ossa in Europa, in cui il giovane ha iniziato a mostrare il suo talento, vincendo nel 2015 il titolo di MVP (Most Valuable Player) della Adriatic League, Jokić è quindi sbarcato a Denver, da sempre una delle “piazze minori” della NBA, una di quelle mai in grado di trionfare a fine stagione.

Il veterano Mike Miller, anche lui da poco arrivato nella squadra del Colorado, alcuni anni dopo così ricorderà il suo primo incontro con Jokić: “Al primo allenamento mi chiesero cosa pensavo della squadra. Io dissi: ma chi diavolo è quel ragazzo, goffo e grasso, laggiù? È il migliore in campo, alla distanza!”.

Nel giro di pochi anni, quel ragazzo goffo e grasso “che non riesce a saltare neanche un biglietto da un dollaro” sarebbe diventato la stella indiscussa della squadra e uno dei campioni più celebrati di tutta la NBA. Jokić non domina il gioco con il fisico, ma con la testa, e con lui in campo tutti i compagni migliorano drasticamente.

Sa segnare e prendere rimbalzi come pochi, ma eccelle ed ama soprattutto creare gioco e passare la palla come nessun centro, o “big man” come dicono gli americani, è mai riuscito a fare prima. “Segnare fa felice solo te, fare un assist fa felice sia te che un tuo compagno”, è la sua filosofia di gioco.

Difficile elencare il numero infinito di record che Jokić è riuscito a mettere insieme negli ultimi dieci anni: la pagina Wikipedia a lui dedicata, in continuo aggiornamento, ne elenca al momento ben 66. Per ben tre volte è stato nominato MVP della stagione regolare, nel 2023 ha portato Denver alla sua prima vittoria in campionato, vincendo anche il titolo di miglior giocatore delle finali, e i dati statistici delle sue prestazioni sembrano usciti da un videogioco.

Insieme ad altre stelle internazionali, come il greco Yannis Antetokounmpo, lo sloveno Luka Dončić e più recentemente il francese Victor Wembanyama, Jokić ha consacrato definitivamente i giocatori europei, fino a non troppi anni fa visti con una certa supponenza sull’altra sponda dell’Atlantico, nella vera élite del campionato professionistico americano.

Ma Jokić, che si è guadagnato presto il soprannome di “the Joker” per il suo stile scanzonato e le sue dichiarazioni irriverenti, non lascia il segno solo con le sue magie sportive.

Quando all’apice delle gloria, dopo la vittoria del titolo, un giornalista gli chiede se aspetta con trepidazione la tradizionale sfilata trionfale per le strade di Denver tra ali di tifosi deliranti, Jokić risponde confuso: “Sfilata? Quale sfilata? Io voglio solo tornarmene a casa!”

Per casa, Jokić naturalmente intendeva la sua Serbia, dove passa ogni estate con la famiglia, bevendo birra e andando di tanto in tanto a giocare con gli amici di un tempo al campetto sotto casa.

A proposito di Serbia e di birra, tra le immagini più care ai suoi tifosi c’è la premiazione delle olimpiadi di Parigi 2024, quando il “Joker” e i suoi compagni di squadra in nazionale dopo aver conquistato la medaglia di bronzo, fermati in semifinale solo dai favoritissimi campioni americani, si presentano alla premiazione felici e barcollanti, in evidente stato di ebbrezza.

Ogni vero tifoso sa che per Jokić “il basket è solo un lavoro”, mentre la sua vera passione sono le corse di cavalli: il campione infatti possiede e gestisce una scuderia nella nativa Sombor che segue con attenzione maniacale.

Su Youtube si trovano numerosi video con cui poter confrontare la sua reazione piuttosto compassata alla vittoria del campionato NBA con la gioia incontenibile che lo trasfigura ogni volta che un suo cavallo taglia per primo il traguardo.

“Sapevo che la pallacanestro non è la cosa più importante della mia vita anche prima [di diventare papà], e probabilmente non lo sarà mai”, risponde ad una giornalista che gli chiedeva degli effetti della sua prima paternità sulla sua carriera sportiva. “E sinceramente, sono contento di avere a casa qualcosa che per me vale di più del basket”.

Per alcuni l’atteggiamento dimesso di Jokić è più forma che sostanza, un vezzo basato su autoironia e voglia di sorprendere i propri interlocutori e tifosi.

In effetti, sembra difficile poter rimanere a livelli superlativi così a lungo, in un contesto competitivo come l’NBA, senza una bruciante motivazione interiore. E i suoi compagni di squadra, interrogati dai media, hanno sempre ribadito l’incredibile dedizione che Jokić riserva quotidianamente al suo “lavoro”.

Intanto, la stagione 2025/26 è da poco iniziata, e per quanto incredibile, il campione serbo fa segnare a ripetizione prestazioni e statistiche ancora più spettacolari di quelle – già inarrivabili – degli anni passati.

Difficile dire se Jokić speri davvero di essere un giorno dimenticato, per potersi dedicare da perfetto sconosciuto a famiglia e cavalli: se continua a scrivere la storia della pallacanestro ogni sera che scende in campo, si condanna però ad una fama che gli sarà impossibile scrollarsi di dosso. Anche dopo aver timbrato l’ultimo cartellino.

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