Croazia, la destra ha giocato troppo a lungo col fuoco del nazionalismo

Nelle ultime settimane il paese è sprofondato in una deriva nazionalista, con attacchi sempre più numerosi alla minoranza serba. Per lo storico Ivo Goldstein, la colpa è del partito al governo che ha sdoganato la retorica dell’estrema destra

10/11/2025, Giovanni Vale Zagabria
Il Primo Ministro croato Andrej Plenkovic © paparazzza / Shutterstock

Il Primo Ministro croato Andrej Plenkovic © paparazzza / shutterstock

Il Primo Ministro croato Andrej Plenkovic © paparazzza / shutterstock

L’ultimo attacco è avvenuto venerdì 7 novembre. Un centinaio di persone vestite di nero e con il volto coperto si sono presentate davanti alla sede del Centro culturale serbo a Zagabria, dove si teneva una mostra sullo storico dell’arte zagabrese e serbo Dejan Medaković. La polizia è riuscita a disperderle. 

Qualche giorno prima, lunedì 3 novembre, una cinquantina di persone conciate alla stessa maniera è riuscita a impedire al Centro culturale serbo di Spalato l’esibizione di un gruppo folkloristico giovanile venuto da Novi Sad, accendendo un vivace dibattito a livello nazionale e portando a nove arresti. 

Proprio per liberare i loro “fratelli” arrestati, gli ultras della squadra di calcio dell’Hajduk di Spalato, meglio noti come Torcida, hanno organizzato, sabato 8 novembre, una manifestazione sulle rive del capoluogo dalmata a cui hanno partecipato alcune migliaia di persone.  

Ma questi sono solo gli ultimi esempi di una deriva nazionalista che investe la Croazia da mesi. Quest’estate alcuni gruppi di veterani di guerra hanno impedito diversi eventi culturali a Benkovac, Zara e Velika Gorica e tentato l’interruzione di un festival a Šibenik. Lo spazio culturale libero, pluralista e democratico è sotto assedio.

Ne abbiamo parlato con Ivo Goldstein, storico croato ed ex ambasciatore della Croazia in Francia.

Che cosa rappresentano tutti questi attacchi al mondo della cultura in Croazia? Assistiamo ad un ritorno in forze del nazionalismo croato?

Il nazionalismo non è mai veramente scomparso dalla Croazia, ma per un lungo periodo è rimasto latente, mentre ora torna a diffondersi. Dopo la morte di Franjo Tuđman nel 1999, all’HDZ [il partito conservatore attualmente al potere, ndr.] sono serviti diversi anni per riorganizzarsi e tornare al governo. Le presidenze Mesić e Josipović, così come gli esecutivi Račan e Milanović, ma aggiungerei anche quelli di Sanader e Kosor – seppur in quota HDZ – hanno rappresentato un periodo senza eccessi nazionalistici. 

Quando si è invertita quella tendenza?

La rivoluzione conservatrice è iniziata nel 2013, quando la costituzione croata è stata modificata con un referendum popolare per inserire una definizione restrittiva del matrimonio, come unione esclusiva tra un uomo e una donna (una misura controbilanciata dalla legge sulle unioni civili, accessibili anche alle coppie omosessuali, voluta dall’allora governo Milanović). Nel 2014 alcuni ex combattenti di guerra si sono accampati per protesta davanti al ministero dei Veterani. L’anno seguente Kolinda Grabar Kitarović (HDZ) ha vinto le presidenziali contro Josipović e in quello stesso anno l’HDZ è tornato al governo e a quel punto il nazionalismo si è intensificato. 

Nel 2015 alla guida dell’HDZ non c’era però l’attuale premier Andrej Plenković, ma Tomislav Karamarko, allora rappresentante dell’ala dura del partito. Plenković, eletto premier nel 2016, era considerato un moderato. Non è così?

Non direi. È stato proprio Plenković, all’indomani delle legislative del 2024, con cui ha ottenuto un terzo mandato, a cercare un’alleanza con il Domovinski pokret di estrema destra, che in cambio del suo sostegno ha chiesto l’esclusione del partito rappresentante i serbi dalla coalizione di governo. Quest’estate Plenković è andato al concerto del cantante nazionalista Thompson, posando per una foto con lui. C’erano anche diversi suoi ministri che non si sono tirati indietro quando Thompson ha invitato il pubblico a gridare “Za dom spremni”, il famigerato saluto ustascia. Insomma sono stati loro a liberare il genio del nazionalismo dalla lampada.

Parliamo di quel concerto che si è tenuto a Zagabria il 5 luglio e a cui hanno partecipato, secondo gli organizzatori, 500mila persone. Che cosa rappresenta quel concerto?

Innanzitutto penso che una stima più verosimile sia di 300mila persone, ma che sono comunque tante per Zagabria. Sicuramente non tutti i partecipanti erano nazionalisti. Chi ascolta quel tipo di musica solitamente va anche ad altri concerti molto gettonati nella regione. Penso alla cantante serba Aleksandra Prijović che ha riempito l’arena di Zagabria per cinque sere di fila, o anche al cantante croato Jakov Jozinović che terrà quest’anno cinque concerti a Belgrado. Insomma, c’è una domanda per questo tipo di musica che va effettivamente al di là del messaggio politico. 

Resta il fatto che l’estrema destra croata ne è uscita galvanizzata da quel concerto. Fino a che punto il ritorno del nazionalismo in Croazia – o meglio la sua ridiffusione su larga scala – è un prodotto delle scelte politiche dell’HDZ e quanto invece arriva direttamente dalla società?

Le due cose sono ovviamente legate. L’atmosfera nella società cambia lentamente, sul lungo periodo. Se il governo e i partiti politici difendessero il ruolo dell’antifascismo non si andrebbe in questa direzione. Ma ci sono membri dell’HDZ che più o meno apertamente dicono che gli ustascia erano dei patrioti e che la Croazia ha perso e non vinto la Seconda guerra mondiale. Dimenticano che c’erano brigate partigiane nate ad appena 18 km da qui e che gli archivi della polizia di Stato dell’NDH [lo Stato indipendente di Croazia, esistito tra il 1941 e il 1943, ndr.] mostrano segni di resistenza e di ostilità nei confronti degli ustascia fin dal 1942 a Zagabria. Il problema è che negli anni Novanta, Tuđman ha scelto la strada della pacificazione di tutti i croati, mettendo di fatto partigiani e ustascia sullo stesso piano. Ma la verità storica ci dice che è grazie al movimento partigiano e alla nascita di una Jugoslavia federale che la Croazia ha potuto ottenere la sua indipendenza nel 1991 e questo è sancito anche nella nostra costituzione.

Come uscire da questa situazione? Come rimettere il genio del nazionalismo nella lampada?

Io sono sempre stato un ottimista. Ho creduto ai movimenti democratici degli anni Settanta, ho creduto ad una buona pace dopo la guerra… ma oggi devo ammettere che il sogno in cui credevo, quello di un’Europa unita e in pace, non c’è più. I problemi della Croazia si inseriscono in un contesto più grande, fatto di nazionalismi, di destabilizzazione russa e di un’Unione europea che non va verso una maggiore integrazione, ma riesce a mala pena a restare unita. Se vogliamo cercare una buona notizia dalla Croazia, mi viene in mente che appena due settimane fa, il 26 ottobre, si è celebrato l’81° anniversario della liberazione di Spalato e alla cerimonia erano presenti anche il sindaco e il presidente della contea, entrambi dell’HDZ. Probabilmente Plenković si è reso conto che si è andati troppo in là e sta ora cercando di spegnere il fuoco. Spero solo che non sia troppo tardi, perché la violenza è già per strada.