Macedonia del Nord, una bella stagione cinematografica
Belle proposte cinematografiche in arrivo dalla Macedonia del Nord: dopo i successi arrivati a Venezia con “Teresa – La madre degli ultimi” e “The Tale of Sylian”, esce in sala “DJ Ahmed” di Georgi M. Unkovski, film vitale e sorprendente ambientato tra la comunità turcofona degli Yuruk

dj ahmet
DJ Ahmet, locandina - Giffoni Film Festival
È una bella stagione cinematografica per la Macedonia del Nord. Alla Mostra di Venezia il Paese dell’ex Jugoslavia ha fatto doppietta: “Teresa – La madre degli ultimi” (“Mother”) di Teona Strugar Mitevska, annunciato in uscita italiana il 10 dicembre, ha inaugurato la sezione Orizzonti; il documentario creativo “The Tale of Sylian” di Tamara Kotevska è stato presentato Fuori concorso.
È invece appena arrivato nelle nostre sale “DJ Ahmed”, primo lungometraggio di Georgi M. Unkovski, autore in precedenza della serie “Prespav” e di alcuni cortometraggi. Ambientato tra la comunità turcofona degli Yuruk in Macedonia del nord, il film si è aggiudicato il premio del pubblico e un premio speciale della giuria al Sundance Festival.
L’adolescente Ahmed (il bravissimo Arif Jakup), bravo studente e appassionato di musica, è ritirato da scuola all’improvviso dal padre, che gestisce un negozio e gli affida le pecore e il campo di tabacco. La madre è morta e la famiglia è completata dal fratellino muto Naim, che il padre conduce spesso da un guaritore con la speranza che inizi a parlare.
Il realismo della rappresentazione del villaggio rurale, retrogrado e legato alle superstizioni e a tradizioni come i matrimoni combinati, è rotto dall’irrompere della musica, non ben vista ma rivoluzionaria fin da quando accompagna l’entrata in scena di Aya (Dora Akan Zlatanova), la bella nipote della vicina che sta per convolare a nozze.
I due fanno amicizia e il loro rapporto metterà a soqquadro tutto, tra feste clandestine nei boschi (nelle quali si inseriscono le pecore, riprese in video che diventano rapidamente virali), partite a calcio delle ragazze e un muezzin che vuole imparare a usare il computer e gli amplificatori per gli annunci dal minareto.
“DJ Ahmed” è un bel film, vitale, coinvolgente, adatto anche a un pubblico giovane, sulle ribellioni dei protagonisti a destini già scritti da altri. La storia è semplice, ma universale ed emozionante, credibile e sorprendente, anche per lo stile registico che scarta dal realismo al surreale e bizzarro.
Il ritratto della società arretrata è efficace, seppure per forza di cose un po’ estremizzato nel dipingere tanti personaggi negativi o grigi intorno ai giovani. Ahmed è un protagonista indovinato, energico, appassionato, dedito alle sue cose, estremamente protettivo nei confronti del fratello cui è molto legato. Il film descrive anche l’usanza e il gusto del raccontare storie di paese nelle pause del lavoro, in questo caso la raccolta del tabacco.
Da poco nelle sale anche la coproduzione Slovenia / Italia / Croazia “La ragazza del coro” dell’esordiente slovena Urška Đukić, passato nel febbraio scorso alla Berlinale nella sezione parallela Perspectives ricevendo il premio Fipresci della stampa internazionale.
Il film (in sloveno “Kaj ti je deklica”, titolo internazionale Little Trouble Girls”) ha dominato domenica la serata di premiazione del 28° Festival del cinema sloveno di Portorose aggiudicandosi cinque premi Vesna: miglior film, miglior attrice protagonista Jara Ostan (perfetta nel rendere la trasformazione di un’adolescente), migliori interpreti non protagonisti Mina Švajger e Saša Tabaković, miglior montaggio del suono Julij Zornik.
Una pellicola molto interessante che vede protagoniste le giovanissime componenti del coro femminile di una scuola religiosa, tra le quali spicca la nuova entrata, la sedicenne Lucia. La ragazza lega subito con la coetanea Ana-Maria che si mostra più scafata e sfrontata e la conduce il un gioco di provocazioni sempre meno sottili e sempre più esplicite.
Quando il gruppo si trasferisce a Cividale del Friuli per giornate di prove intensive, riunito in un convento di suore frequentato anche dagli operai che stanno effettuando una ristrutturazione, la dinamica accelera.
La vita di Lucia subisce un cambiamento racchiuso nel passaggio dall’uva acerba (mangiarla, secondo Ana-Maria, serve a espiare i peccati) a quella matura, in una pellicola piena di simboli, tra fiori, insetti e tanti dettagli. Đukić confronta l’ambientazione e l’educazione severe con la voglia di libertà, di crescere e la scoperta di sé stesse, guardando un po’ a Sophia Coppola e all’austriaca Jessica Hausner, ma trovando anche uno sguardo personale molto insistito sui primi piani.
Un buon film, anche stratificato, che necessiterebbe forse un tocco in più di leggerezza, mentre emerge un’insistenza, quasi morbosa, nell’osservare le ragazze.
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