Kosovo, un nuovo cammino lungo la Via Dinarica
Dopo tre anni di lavoro di formazione degli attori locali, tracciamento dei sentieri e sviluppo dell’accoglienza, il segmento kosovaro del cammino sulle Alpi Dinariche è pronto ad accogliere turisti e trekker. Intervista a Francesco Gradari di Volontari nel Mondo RTM

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Stage 4, Picco Hajla - foto RTM
"Buon cammino ovunque tu vada, forse un giorno potremo incontrarci di nuovo lungo la strada". Cantavano così i Modena City Ramblers in La Strada, una delle canzoni più iconiche per chi si mette in viaggio con uno zaino in spalla, all’inizio di un sentiero da percorrere per scoprire, tappa dopo tappa, nuovi posti e nuovi itinerari.
È questa anche l’essenza di un’iniziativa che sta vedendo la luce nella stagione turistica estiva del 2025 in Kosovo, un tassello di un progetto più ampio che copre tutta la regione balcanica: la Via Dinarica – Kosovo è pronta per accogliere i trekker più o meno esperti da tutta Europa, per far scoprire una natura ancora troppo sconosciuta e sentieri tracciati per ogni esigenza, mettendo al centro le comunità locali.
"Per i camminatori italiani è un’opportunità di turismo responsabile dietro casa, ma di cui nessuno ha mai sentito parlare", spiega Francesco Gradari, Responsabile Progetti Area Balcani di Volontari nel Mondo RTM, il soggetto attuatore dell’iniziativa di valorizzazione e promozione della Via Dinarica – Kosovo, in un’intervista per OBCT. "Proprio perché è un percorso nuovo, non è un cammino affollato. Tanti trekker ci hanno confermato di essere alla ricerca di realtà di questo tipo".
Quando e come nasce l’idea di sviluppare la Via Dinarica in Kosovo?
La Via Dinarica è un progetto di cooperazione transfrontaliero regionale. Si tratta di un mega-trail che unisce tutto l’arco delle Alpi Dinariche , dalla Slovenia fino all’Albania. È un progetto nato su iniziativa degli attori locali, supportato da diverse realtà europee nell’ultimo decennio, ma – essendo un progetto regionale – i diversi Paesi non si sono mossi completamente all’unisono.
Paesi più attrezzati dal punto di vista turistico, come Slovenia e Croazia, sono partiti prima, sviluppando i segmenti del tracciato che passa sui loro territori.
Per i Paesi con meno esperienza nel settore, come Bosnia Erzegovina e Kosovo, è intervenuta a supporto la Cooperazione Italiana: l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) ha dato vita a una serie di interventi per sostenere gli attori locali pubblici e privati a sviluppare e valorizzare le peculiarità del tratto della Via Dinarica sul proprio territorio.
L’azione di valorizzazione e sviluppo della Via Dinarica in Kosovo viene avviata nel 2022 nel quadro del progetto NaturKosovo , finanziato proprio da AICS. Noi, come Volontari nel Mondo RTM, siamo i soggetti attuatori, assieme a un consorzio composito di realtà italiane e locali.
Sul fronte italiano ci sono il Centro Laici Italiani per le Missioni (CELIM) di Milano, il Club Alpino Italiano (CAI), il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) e l’Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR).
Su quello kosovaro l’iniziativa è stata portata avanti in collaborazione con il Ministero dell’Industria, che è competente anche per il turismo, l’Utalaya Foundation – un’associazione fondata da Uta Ibrahimi, alpinista kosovara di fama mondiale, le tre municipalità interessate dal tratto della Via Dinarica – Peja, Deçan, Junik – e la Federazione Alpinistica Kosovara.
Come si è sviluppato concretamente il progetto?
Il progetto si è sviluppato nel corso di tre anni. Inizialmente ha visto una prima parte incentrata sulla formazione degli attori locali a diversi livelli: sulla sentieristica, sul soccorso alpino, sull’ospitalità, sulle guide di montagna, sui principi del turismo sostenibile e responsabile.
Il secondo anno è stato dedicato al supporto agli investimenti, in particolare per la manutenzione e l’ampliamento del tracciato della Via Dinarica, la creazione di piccole stazioni di soccorso alpino importanti per garantire la sicurezza – una per ogni municipalità.
A ciò si è associato un vasto programma di supporto finanziario rivolto a oltre 30 micro-imprese familiari che offrono servizi di accoglienza, sport outdoor, ristorazione e di trasporto lungo la Via Dinarica.
L’ultimo anno è quello dedicato alla promozione della destinazione turistica Via Dinarica Kosovo a livello europeo. Questa è la prima estate in cui arrivano i turisti – da metà maggio a ottobre – e le realtà locali sono pronte ad accoglierli lungo un percorso di oltre 160 km di tracciato.
Che tipo di turismo e di percorsi offre la Via Dinarica in Kosovo?
È un trekking di montagna di livello medio, si arriva anche oltre i duemila metri di altitudine. Abbiamo strutturato il percorso a geometria variabile. L’intero tracciato della Via Dinarica in Kosovo si compone di 13 tappe con difficoltà diverse tra l’una e l’altra, stimate indicativamente in una tappa al giorno.
Insieme al CAI, ad AITR, ai club alpini locali e alle municipalità abbiamo però pensato anche alla possibilità di micro-percorsi ad anello, che possono portare a fare un’esperienza sulla Via Dinarica più breve – per esempio una settimana tra cammino, soggiorno in loco e viaggio – ma molto importante per estendere la gamma delle opzioni possibili per l’accoglienza dei turisti.
Dopo una primavera di fiere in giro per l’Europa, abbiamo visto che effettivamente questa è una mossa azzeccata, perché non tutti possono permettersi due settimane di cammino, ma il percorso di una settimana – viaggio incluso – è molto accattivante.
Quali criteri hanno guidato il tracciamento del percorso e delle tappe?
Il punto di partenza è stato il tracciato originario della Via Dinarica, essendo un mega-trail regionale, al momento della sua ideazione, il tratto kosovaro era già stato battezzato. Una prima marcatura dei sentieri era già stata fatta – non su tutto il tracciato e non sempre secondo gli standard europei – perciò abbiamo cercato di valorizzare quello che già c’era.
Da lì ci siamo poi mossi per completare il tracciato, agendo in due direzioni: da una parte, permettere micro-percorsi circolari e, dall’altra, favorire i collegamenti tra il sentiero principale e i tre centri abitati interessati (Peja, Deçan, Junik), in modo da lasciare un’opzione in più agli attori locali al termine del progetto.
Abbiamo ragionato nell’ottica di promuovere un turismo responsabile di matrice internazionale, soprattutto europea, guardando all’Italia, alla Germania e ai Paesi dell’est. Ma il collegamento tra la Via Dinarica e i centri urbani permetterà anche alle amministrazioni, ai tour operator e alle guide locali di poter puntare anche sul turismo interno, per esempio con escursioni di giornata o di weekend.
In che modo il progetto valorizza le comunità locali?
Nel primo anno di progetto abbiamo realizzato una mappatura di tutti i micro-service provider già esistenti lungo e nei pressi della Via Dinarica. Dopodiché abbiamo fatto loro una proposta di partecipare a un percorso formativo sul turismo responsabile, per creare una base comune di valori e principi.
Infine abbiamo aperto un bando dedicato alle imprese che volevano ampliare i loro servizi turistici in un’ottica sia qualitativa sia quantitativa. Con una procedura pubblica, sulla base delle proposte più in linea con le finalità del progetto, sono state selezionate e sostenute 31 piccole imprese turistiche, che non possono che beneficiare dello sviluppo di un sentiero con precisi standard europei e di un turismo che non è ‘mordi e fuggi’, ma interessato a vivere la montagna.
Cosa trova un turista camminatore sul tratto kosovaro della Via Dinarica?
Prima di tutto, trova una parte d’Europa che ancora non è stata conosciuta nella sua componente naturalistica, nonostante l’interscambio con i Balcani sia molto cresciuto anche in termini turistici negli ultimi anni. Inoltre, in un quadro di cammini che si sono molto diffusi negli ultimi anni, qui c’è una proposta nuova che comunque si trova in Europa.
Infine l’ospitalità rappresenta un elemento notevole, che qui è di natura familiare. Abbiamo lavorato con agriturismi, guesthouse, bed and breakfast, piccoli tour operator e guide familiari, cioè con chi vive e vuole rimanere sul territorio, facendo dell’accoglienza una via di svolta personale e comunitaria.
Ci sono progetti in corso o futuri per collegare la Via Dinarica con altri cammini europei?
Nel nostro piccolo abbiamo facilitato una cosa molto interessante nell’ottica del gemellaggio tra cammini, ovvero una relazione speciale tra la Via Dinarica in Kosovo e la Via degli Dei nell’Appennino tosco-emiliano.
All’interno delle attività del progetto NaturKosovo abbiamo realizzato, in collaborazione con l’Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR), una visita studio in Italia per tutti gli attori coinvolti nel consorzio Via Dinarica – Kosovo, per conoscere la struttura di gestione di un cammino di grande successo tra i turisti italiani ed europei. Gli attori pubblici e privati kosovari hanno così potuto dialogare con gli omologhi italiani della Via degli Dei e da lì hanno preso spunto.
Da questo scambio è nata poi una collaborazione tra i due cammini, che ha portato anche alla creazione di quello che ad oggi è il primo pacchetto già sviluppato per turisti italiani desiderosi di recarsi sulla Via Dinarica in Kosovo. Il viaggio si terrà a settembre 2025.
Questo gemellaggio completa quello che noi avevamo pensato inizialmente. Il sito della Via Dinarica è stato strutturato in modo da rendere possibile per il turista esperto di organizzarsi autonomamente il cammino, scaricando le tracce e i contatti. In alternativa, è sempre disponibile sul sito la lista delle guide e dei tour operator kosovari che organizzano pacchetti o che possono accompagnare lungo il percorso. La proposta di Appennino Slow rende possibile addirittura avere un pacchetto completo dall’Italia rivolgendosi a un tour operator italiano: era il tassello che ci mancava.
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