Migranti lungo la rotta balcanica, Serbia 2016

Lungo la rotta balcanica, Serbia 2016 (© BalkansCat/Shutterstock)

A Trieste un'iniziativa della società civile punta l'attenzione sul tema dell'accoglienza, della solidarietà transnazionale e sulla necessità di costruire "l'anticonfine"

14/04/2021 -  Chiara Milan

Partirà il 17 aprile a Trieste l'iniziativa “Balkan Route Calling. Carovana per la libertà di movimento ”. Una camminata solidale i cui partecipanti si dirigeranno verso il valico di Pesek, al confine italo-sloveno. La giornata di mobilitazione e denuncia della violenza del regime dei confini vedrà tre momenti di presidio: il primo alla partenza in Piazza della Libertà alle ore 12; il secondo attorno alle 14 di fronte al consolato croato, e il terzo verso le 16 al valico di Pesek, da dove partono i pushbacks, i respingimenti dei migranti verso la Slovenia, una pratica recentemente dichiarata illegale da un’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma.

L’iniziativa sarà un’importante occasione che riunirà diverse realtà solidali che supportano le persone in transito lungo la rotta balcanica, e costituirà la prima tappa in vista della carovana che intende raggiungere il confine croato-bosniaco di Maljevac nel periodo estivo, compatibilmente con l’allentamento delle restrizioni messe in atto per contenere la pandemia. Nonostante la contingenza del momento pandemico, l’iniziativa è stata pensata come un momento per dare visibilità al tema della rotta balcanica, denunciando la violenza perpetrata ai danni dei migranti che tentano di attraversare i confini anche ora che l’attenzione mediatica si è affievolita.

Promossa dalla campagna “Lesvos calling ”, la carovana vedrà la partecipazione di diversi gruppi solidali che da tutta Italia affluiranno verso Trieste per chiedere l’apertura dei confini e l’istituzione di canali sicuri per le persone in transito. Queste realtà solidali sono quotidianamente impegnate nella denuncia della violenza del regime dei confini e nel supporto alle persone migranti che arrivano in territorio italiano dopo aver attraversato i Balcani. I tre luoghi di presidio sono stati scelti per la loro valenza simbolica: partirà da Piazza della Libertà, di fronte alla stazione di Trieste, crocevia di solidarietà e cura. Ribattezzata “Piazza del Mondo”, negli ultimi due anni è diventata simbolo della solidarietà con le persone in transito, ma anche dell’assenza delle istituzioni che chiudono gli occhi di fronte all’arrivo pressoché quotidiano di persone provenienti dalla rotta balcanica, le cui ferite i volontari e le volontarie delle associazioni “La linea d’ombra” e “La Strada Si.Cura” si premurano di curare. Sarà poi la volta del consolato della Croazia, per denunciare la brutalità delle violenze perpetrate dalla polizia croata ai confini, rimaste tuttora impunite. Infine la carovana terminerà al valico di Pesek, dove si trova la caserma da cui partono i respingimenti.

“Vogliamo denunciare l’ipocrisia delle politiche europee”, spiega Francesco, portavoce della campagna Lesvos calling che ha promosso l’iniziativa, “contestare l’approccio emergenziale e l’economia dell’emergenza che spinge l’Unione europea a finanziare l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l’agenzia FRONTEX invece di trovare una soluzione a lungo termine. E la soluzione non può essere nemmeno quella dei corridoi umanitari una tantum che permettono a poche persone in situazioni di vulnerabilità di venire in Europa”. È importante, spiegano i promotori, anche aprire una breccia nella narrazione del fenomeno migratorio, che non può più essere approcciato esclusivamente in modo emergenziale. È necessaria inoltre una vigorosa denuncia delle politiche detentive e di esternalizzazione dei confini che rinchiudono le persone migranti nei campi di transito ai confini dell’Unione Europea.

Continua il processo di criminalizzazione della solidarietà verso i migranti

La carovana ha luogo in un momento particolarmente critico sia per chi tenta di attraversare le frontiere dell’Unione europea, sia per chi si mobilita in solidarietà con le persone in transito. Mentre è in atto un vero e proprio inasprimento delle misure adottate per fermare i flussi migratori, testimoniato dai continui e violenti respingimenti ai confini ai danni di persone alle quali non viene concessa la possibilità di presentare domanda di protezione internazionale (violando quindi la Convenzione di Ginevra), si è intensificata anche l’azione di repressione nei confronti delle realtà solidali con i migranti.

A Trieste a fine febbraio Gian Andrea Franchi, tra i fondatori dell’associazione “La Linea d’Ombra”, che dal 2018 offre supporto e cura alle persone in transito lungo la rotta balcanica, è stato imputato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver dato ospitalità ad una famiglia iraniana. Gian Andrea ha rivendicato il carattere politico del suo impegno a favore dei migranti, e nonostante abbia offerto ospitalità alla famiglia a titolo completamente gratuito, dovrà affrontare un processo penale con l’accusa di essere parte di una rete di passeurs che avrebbero approfittato della famiglia.

Anche al confine italo-francese continua la repressione nei confronti delle realtà solidali. Il 23 marzo è stata sgomberata da parte delle forze dell’ordine la casa cantoniera occupata di Oulx in val di Susa , non lontano dal confine con la Francia, considerata l’ultima tappa italiana della rotta balcanica. La Casa Cantoniera era stata occupata nel 2018 da attivisti italiani e internazionali della rete “No borders” come modo per opporsi alla logica disumanizzante e violenta dei confini. La Casa dava ristoro e offriva alloggio gratuito ai migranti che tentano di attraversare la frontiera con la Francia a piedi, solitamente di notte e sprovvisti di vestiario adeguato alle rigide temperature notturne. Oltre a dare una prima assistenza ai migranti e fornire loro abiti adeguati, gli attivisti e le attiviste della Casa si mantenevano in costante contatto con i e le solidali del versante francese, che spesso si sono trovati a salvare persone che si erano perse o erano finite in ipotermia nel tentativo di attraversare il confine. A differenza di altre realtà istituzionali di accoglienza, la Casa era sempre aperta e rappresentava uno dei presidi della rete solidale transfrontaliera della valle, dalla quale si conta passassero dalle 50 alle 100 persone al giorno.

La cosiddetta rotta balcanica che porta dalla Turchia all’Europa centrale passando per i Balcani, attraversa l’Italia da Trieste ad Oulx, dal confine italo-sloveno a quello italo-francese. Pertanto andrebbe ribattezzata “rotta Europea”, sostengono in molti, perché oltrepassa l’Europa. Il percorso di questa rotta costituisce solo la parte finale di un viaggio che le persone in transito hanno cominciato anni prima, principalmente dalle terre lontane di Afghanistan, Pakistan, Iran, Siria, Iraq. Mentre gli stati europei innalzano muri e militarizzano i propri confini, approcciando la questione migratoria come un’eterna emergenza e un problema di sicurezza, le persone in cammino e i solidali denunciano i danni che il regime dei confini provoca. “Non si può morire di confine”, si legge nel comunicato redatto dai gruppi che aderiscono alla carovana, riferendosi alle gravi violazioni dei diritti umani che rimangono ancora impunite, come ha ricordato recentemente Maddalena Avon in un’intervista ad OBCT.

Riorganizzare la solidarietà transnazionale e costruire l’anticonfine in tempo di pandemia

La rete solidale italiana si compone di diverse anime, da quella religiosa a quella più antagonista, includendo gruppi formati da personale sanitario che rivendicano la dimensione politica delle cure mediche e del diritto alla salute – quello che la portavoce di “La Strada Si.Cura” chiama “attivismo sanitario”. Oltre ai presidi solidali permanenti come Piazza della Libertà a Trieste e i rifugi solidali in val di Susa, in tutta Italia (in particolare al nord) è attiva e ramificata una vasta rete di gruppi di sostegno che quotidianamente si adoperano per la raccolta di beni di prima necessità per le persone in transito. Con le loro azioni offrono una risposta concreta ad un bisogno al quale l’immobilismo delle istituzioni non ha ancora dato risposta. Non solo mancano strutture pubbliche in grado di ospitare le persone in transito, ma non esiste nemmeno un piano di accoglienza e ricollocazione equa dei richiedenti asilo tra i paesi membri dell’Unione europea, che preferisce esternalizzare la gestione dei migranti ai paesi confinanti.

Oltre ad essere attiva a livello locale, la rete solidale italiana ha anche una forte dimensione transnazionale: quasi tutti i gruppi e collettivi collaborano attivamente con altre associazioni attive in Europa e lungo la rotta. Come spiega un’attivista di “La linea d’Ombra”, il carattere politico dell’azione di supporto ai migranti “si concretizza nella costruzione di un anticonfine che in Italia idealmente va da Trieste a Ventimiglia, tramite una rete che coinvolge gruppi, associazioni, singoli e collettivi”. L’operato di questa rete di solidarietà transnazionale è però messo a dura prova anche dal contesto pandemico in cui si trova ad agire. Organizzare eventi collettivi come proteste e manifestazioni – la carovana stessa ne è un esempio – risente delle difficoltà legate alle restrizioni messe in atto per contenere la pandemia che limitano fortemente gli spostamenti.

Le realtà solidali si sono adeguate anche al cambiamento di scenario, adattando le loro strategie e azioni al contesto: oltre a continuare l’azione diretta, hanno spostato parte delle loro attività sul piano digitale, sperimentando anche altri modi di influenzare le politiche migratorie, come ad esempio il ricorso strategico al sistema giudiziario. L’associazione ASGI ha avviato infatti un’azione legale contro l’Italia, riuscendo a far dichiarare illegali i respingimenti informali verso la Slovenia perpetrati ai danni dei migranti. Molte realtà solidali aderiscono inoltre a campagne transnazionali come “Europe must act”, una campagna per cambiare le politiche migratorie dal basso, lanciata da una rete di associazioni in tutta Europa. Da qui è partita anche “Cities must act”, una chiamata alla solidarietà che coinvolge città, sindaci e cittadini per tentare di ricollocare tra i paesi membri dell’Unione europea le persone attualmente presenti nei campi sovraffollati delle isole greche e dare loro un’accoglienza umana dignitosa.

L’appuntamento con la carovana è in piazza della Libertà a Trieste per il 17 aprile. Per adesioni ed informazioni: act4balkanroute@protonmail.ch, mentre si può seguire l’iniziativa sui social networks tramite l’hashtag #Jointhecaravan

 

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