Casimiro, concordo in piccola parte. Ho conosciuto la situazione kosovara nell'ormai lontano 1991-92. Il paese era stato già pesantemente miliarizzato (celebre la dichiarazione di un generale serbo, "Nel Kosovo abbiamo, (se non erro) 432 kg. di munizioni pro capite albanese, che ci provino (sic.)", si attendeva solo la scintilla per dar fuoco alle polveri. Non credo che un'azione armata allora fosse la cosa migliore da fare. E' vero che l'amministrazione Bush senior aveva avvertito Milosevic a non aprire il fronte sud, ma pare altrettanto fondato supporre che avesse ammonito anche gli Albanesi contro ogni azione sconsiderata (oggi gli si ammonisce continuamente contro ogni azione unilaterale; ricordiamo che allora essi non avevano né milizie territoriali, come le altre repubbliche, né riconoscimento internazionale, semplicemente niente scampo in caso di azioni militari, senza appoggi esterni). L'esito di uno scontro armato prima di Dayton sarebbe stato disastroso e molto probabilmente irreversibile per gli Albanesi. Ciò a cui abbiamo assistito nell'aprile '99, con il Kosovo sgomberato in un paio di settimane, pur sotto i bombardamenti, ci permette facilmente di dedurre quale sarebbe stato l'impatto in assenza di un appoggio esterno: negoziare da posizioni di forza, partendo da un kosovo dealbanizzato, su esigue "quote di rientro" di coloro che sarebbero riusciti a dimostrare di essere cittadini jugoslavi (senza i documenti, sequestrati alla frontiera, assieme alle targhe dell