(senza i documenti, sequestrati alla frontiera, assieme alle targhe delle auto), e ovviamente senza la NATO a imporre il ritorno dei profughi; intanto avevano cominciato a insediare i profughi della Krajina nel Kosovo. Forse un giorno sapremo i perché di Dayton e di tante faccende ad esso collegate (come l'inizio della guerriglia un anno dopo Dayton, non prima, né dopo, ecc.). Nel frattempo, gettando lo sguardo indietro, non resta che riconoscere, visto il rapporto di forze sul campo e la situazione diplomatica, la giusta visione di Rugova. La grande vittoria degli Albanesi è stata la loro sopravvivenza. Eticizzando il discorso (ed estendendolo a tutto l'arco della storia, dal 1913) si può chiaramente scorgere il giusto e l'ingiusto in tutto questo. La rivalsa albanese nel 1941-1944 e in seguito al 1999, lungi dall'essere valutata positivamente, è facilmente comprensibile.
Per il resto concordo che l'autodeterminazione non rientra nel vocabolario NATO e della grande diplomazia, tant'è vero che la menomata indipendenza del Kosovo arriva come una somma di risultanti, dove l'autodeterminazione non figura. La posizione di Kurti è facilmente inseribile in questo contesto, le sue ragioni, dalla prospettiva dell'autodeterminazione, sono altrettanto giustificate.