La veritò nel pozzo / Il cuore nel pozzo: intervista a Leo Gullotta / Italia / aree / Home - Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa

La veritò nel pozzo

Contrariamente a ciò che pensa Leo Gullotta il film pretende di essere una ricostruzione storica. Nei titoli di testa rende omaggio alle "migliaia e migliaia" di morti nelle foibe, assumendo quindi una versione del numero fatta dall'estrema destra. Si avvale della consulenza dello storico Giovanni Sabbattucci, per inquadrare la vicenda nel contesto storico. Ma è una ricostruzione storica artatamente revanscista. Per esempio i soldati italiani. Gli sbandati italiani che si trovavano in Jugoslavia dopo l'8 settembre 1943 sono stati salvati dai partigiani di Tito o hanno combattuto con i titini contro i nazifascisti. Basti pensare ai badogliani della "Divisione Garibaldi". La vicenda del "Cuore nel pozzo" è invece ambientata nel 1945, e chi ha combattuto dal 1943 al 1945 (dopo l'armistizio) contro i partigiani jugoslavi sono stati solo fascisti o militari che hanno scelto di combattere al fianco dei nazifascisti. Bene, questi volontari fascisti del 1945 disarmano il sadico Novak, responsabile di efferati eccidi e infoibamenti, e lo lasciano lì, senza neppure dargli un puffetto sulla guancia. Il messaggio è chiaro: gli italiani tutti buoni, magnanimi e generosi, perfino con stupratori, assassini e torturatori. Gli slavi tutti cattivi, tranne quelli che sono con gli italiani. Il film costituisce una strumentalizzazione politica, e Leo Gullotta lo sa bene, visto che ha abbandonato la sala dell'anteprima; lo sceneggiato era costruito a tavolino, voluto dal ministro della Cultura popolare Gasparri già dal 2002. E' la nuova versione dei comunisti che mangiano i bambini, solo che questa volta prima di mangiarli gli slavo-comunisti li arrostiscono. Da una Rai che non manda in onda "Fascist Legacy" (di cui possiede i diritti dal 1989), una denuncia puntuale dei crimini di guerra italiani in Jugoslavia, e da un ministro appartenente a un partito che ha nello stemma il catafalco di Mussolini non ci si poteva aspettare altro. L'ultimo appunto: ho tra le mani il libro di Mario Pacor, "Confine orientale", anno di edizione 1964, editore Feltrinelli (quindi un grande editore nazionale). Il che vuol dire che sono almeno 40 anni che si parla della vicenda a sinistra. Che non se ne parli come vorrebbe il partito di Fini è un altro discorso. In realtà loro preferiscono, come nel caso del "Cuore nel pozzo", un pezzo di propaganda politica irrispettosa della verità storica. Spiace che Gullotta e Negrin, artisti apprezzabili e intelligenti, siano caduti in questa che è una vera e propria trappola tesa dai postfascisti al governo. Speriamo che il loro prestito al governo sia solo temporaneo.