© CatwalkPhotos/Shutterstock

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Andranik voleva venire in Italia ma poi è finito in Belgio, Mariam invece voleva andare in Francia e dopo varie peregrinazioni ci è riuscita. Due storie di migranti che hanno lasciato anni fa l'Armenia in cerca di migliori condizioni di vita

23/04/2025 -  Armine Avetisyan Yerevan

Il desiderio unisce sempre dolore e attesa. In tutto il mondo, centinaia di famiglie affrontano ogni giorno il destino della separazione, alla ricerca di nuove opportunità in un paese dove i sogni, e soprattutto la libertà, sono più vicini.

La migrazione non solo infrange i confini, ma anche le relazioni umane, le culture e le vite. Ma l'aspetto più cupo è l'incertezza che spinge una persona a lasciare la propria patria, senza la certezza di tornare.

La storia di Andranik: da Gyumri a Bruxelles

Andranik aveva 23 anni quando ha deciso che doveva cambiare completamente vita. Nato a Gyumri, la seconda città più grande dell'Armenia, si è laureato all'Università di Economia e ha ricevuto una buona istruzione. Aveva fatto qualche progresso nel mercato del lavoro armeno, ma un giorno ha deciso di lasciare il paese.

"Avevo amici che vivevano all'estero, spesso ci sentivamo in videochiamata e mi raccontavano dei loro successi, di quanti soldi guadagnavano. Io raccontavo loro della mia vita, che in confronto, mi sembrava noiosa, poco interessante. Ho deciso che avrei dovuto sistemarmi in Italia. In seguito, però, i miei obiettivi e i miei progetti sono cambiati."

Sono passati dieci anni da quando Andranik ha iniziato a prendere iniziative concrete per partire. Un amico che viveva in Italia gli ha raccontato come fosse arrivato in Europa. Andranik racconta che il viaggio del suo amico gli ricordava un film, pieno di transazioni false e percorsi difficili. "Era spaventoso, ma il desiderio di raggiungere l'obiettivo superava la paura."

"Ho provato diverse volte a ottenere un visto, ma senza successo. Ho pagato una grossa somma di denaro ad un'azienda, sperando che potessero organizzare il mio trasferimento, ma niente ha funzionato. Ho passato quasi un anno a cercare di raggiungere l'Italia. Alla fine, quando sono rimasto deluso e ho deciso di rimanere qui, un mio amico a Bruxelles mi ha aiutato."

Invece che in Italia, Andranik si è ritrovato in Belgio, un paese dove non aveva idea delle difficoltà che lo attendevano. Un suo amico che viveva lì gli aveva detto che l'inizio sarebbe stato difficile, ma che le cose sarebbero migliorate in seguito.

Tuttavia, la vita che aveva immaginato non si è materializzata. A Bruxelles, da immigrato che non è riuscito a trovare lavoro per lungo tempo a causa della mancanza di documenti.

"Avevo una laurea magistrale in economia, ma ho imparato a riparare auto. All'inizio non sapevo molto di quel lavoro. Ero pagato pochissimo e lavoravo costantemente con la paura nel cuore, temendo i controlli della polizia. Se mi avessero trovato, mi avrebbero rimandato indietro. E non potevo tornare, perché in quel momento avevo gravi problemi economici."

Da due anni, Andranik ha tutti i requisiti legali per vivere in Belgio, lavora come camionista e sua moglie lavora come donna delle pulizie per una famiglia locale. Ripensandoci, dice che se fosse stato più saggio dieci anni fa, non sarebbe mai venuto in Europa.

"Ho investito i migliori anni della mia vita e tutte le mie risorse economiche per arrivare in Belgio. Sarebbe stato meglio spendere quei soldi per la mia istruzione, avrei migliorato le mie competenze professionali e avrei trovato un buon lavoro nel mio paese d'origine. Ora posso essere felice di essere in regola coi documenti, ed essere un residente regolare in Belgio."

Per raggiungere il Belgio ha speso circa cinquemila euro, la maggior parte dei quali presi in prestito da amici e parenti.

La storia di Mariam: da Yerevan a Parigi

Mariam (nome di fantasia) aveva 29 anni quando ha deciso di cambiare vita. Nata a Yerevan, si era laureata in inglese alla facoltà di lingue. Tuttavia, aveva sempre sognato di ricominciare la sua vita a Parigi. In Armenia era una promettente interprete, ma sentiva una mancanza di stabilità e di progresso.

"Ho sempre guardato i miei amici che vivevano in Francia con invidia e ammirazione. Conducevano una vita completamente diversa: cultura, indipendenza e successo. Avevamo la stessa istruzione, ma non riuscivo a raggiungere il loro livello di agiatezza. Ecco perché un giorno ho deciso che dovevo trasferirmi anch'io a Parigi, dove tutto sembrava perfetto."

Mariam ha iniziato a cercare programmi culturali e formativi che le permettessero di raggiungere legalmente la Francia. Tuttavia, tutte le sue domande sono state respinte. Un'amica che viveva all'estero le ha suggerito un modo per raggiungere l'Europa: ottenere un visto turistico.

"La mia amica era andata in Europa illegalmente, aveva vissuto nella paura durante la fase iniziale e mi aveva sconsigliato l'immigrazione irrregolare. Seguendo il suo consiglio, ho fatto domanda per un visto turistico di breve durata. L'ho ottenuto molto rapidamente perché i miei documenti erano in regola. Sono andata a Parigi come turista e, al ritorno, ho fatto domanda per un altro visto turistico."

Mariam si è recata a Parigi diverse volte come turista e ha studiato il mercato del lavoro. Alla fine, ha trovato un lavoro lì e ha richiesto la residenza in Francia.

“Vivo da 7 anni a Parigi, la città dei miei sogni. Non mi lamento, ma è un dato di fatto che se fossi rimasta in patria avrei ottenuto maggiore successo. Ora lavoro in una libreria e vivo modestamente con i soldi che guadagno, mentre in Armenia guadagnavo di più e potevo permettermi una vita molto più agiata. Molti mi chiedono perché non torno, ma sono passati anni. Non posso sprecare altri anni per raggiungere una situazione decente lì. È meglio trascorrere quegli anni qui per raggiungere una vita stabile. La migrazione è come una palude: una volta entrati, è molto difficile uscirne", dice Mariam, aggiungendo di essere soddisfatta del fatto che, a differenza di altri, non vive nella paura.

 
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Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell'Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell'Unione europea.


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