Bosnia: Fata Orlović ha ottenuto giustizia

9 june 2021

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Ci sono voluti vent’anni dal suo ritorno a casa, da cui era dovuta scappare nel 1992. Finalmente, venerdì scorso l’anziana signora Fata Orlović ha visto dalla finestra le ruspe che abbattevano la chiesa ortodossa costruita illegalmente nel suo giardino nel 1996. Grazie alla sentenza della CEDU che le ha dato ragione, dopo 25 anni di battaglie.

Nel 1992, a causa della guerra Fata Orlović aveva dovuto abbandonare la sua casa a Konjević Polje, villaggio nei pressi di Bratunac, come molti altri bosniaci musulmani di quella zona di cui presero il controllo le forze serbo-bosniache. Con i sette figli e il marito Šačir, erano fuggiti per cercare di salvarsi da deportazione e uccisione. Nonostante il dolore per la scomparsa del marito nel genocidio di Srebrenica dell’11 luglio 1995, Fata è poi tornata a casa.

Dopo anni vissuti da sfollata, quando è rientrata a Konjević Polje nel 2000 – che dopo la firma dell’Accordo di Dayton è finito sotto l’amministrazione dell’Entità della Republika Srpska - ha trovato la casa completamente distrutta e una chiesa ortodossa costruita illegalmente nel 1996 sul terreno di sua proprietà.

Fata Orlović e i parenti sopravvissuti alla guerra hanno avviato una battaglia per la restituzione del terreno. Hanno chiesto alle autorità religiose e civili di rimuovere l’edificio, non ottenendo alcun risultato si sono rivolti poi alle aule dei tribunali locali e alla Corte Costituzionale. Ma alla fine, la giustizia che le era dovuta le è stata riconosciuta dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo (CEDU).

Il 1° ottobre 2019 la CEDU ha emesso la sentenza che le ha dato ragione: ha decretato che la chiesa doveva essere abbattuta entro tre mesi e doveva essere riconosciuto un risarcimento danni a Fata e a suoi parenti. In quell’occasione Fata aveva dichiarato che avrebbe chiesto l’abbattimento anche se sulla proprietà avessero costruito una moschea invece di una chiesa ortodossa, che stava semplicemente difendendo ciò che era suo, la sua terra e i suoi diritti.

Venerdì 4 giugno, mentre le ruspe abbattevano la chiesa, l’anziana ha assistito da casa sua, rilasciando solo una breve dichiarazione ai media, con le lacrime agli occhi: “Grazie a Dio, abbiamo aspettato tanto perché tutto finisse come giusto che fosse. Ho dovuto agire così, perché ognuno ha dei diritti da far rispettare e anch’io ho fatto lo stesso rispetto alla mia proprietà. Sono contenta che l’abbiamo tolta dal mio giardino, nessuno l’avrebbe sopportata, non posso nemmeno io”. Aggiungendo, "È arrivato finalmente il tempo in cui potrò sedermi in pace nel mio giardino, a bere il caffè".


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