Relazioni, interessi e interazioni tra Russia e Cina nella regione del Caucaso e dell'Asia Centrale. Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

08/07/2013 -  Oleksiy Bondarenko

 

La regione comunemente conosciuta come Asia Centrale è composta da cinque repubbliche indipendenti, tutte accomunate dal passato sovietico.

Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan formano una regione geografica già fulcro della rivalità russo-britannica nella seconda metà dell’Ottocento, divenuta di nuovo terreno di scontro politico dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Diversi attori sono infatti interessati all’evoluzione politica e alla stabilità dell’Asia Centrale. In primo luogo non si possono non considerare gli interessi di Mosca in una regione prossima ai confini della Federazione Russa che condivide tuttora legami storici culturali e politici con il Cremlino. Nella parte iniziale del lavoro si cerca di approfondire proprio la natura della politica estera Russa nei confronti dello spazio post-sovietico a partire dagli anni ’90 e la sua trasformazione con l’ascesa al potere di Vladimir Putin. Si cerca di rispondere a due domande fondamentali: quali sono i principali interessi che caratterizzano l’azione politica del Cremlino nei confronti dell’Asia Centrale? Quali sono gli strumenti che permettono di soddisfare tali interessi?

Una parte più snella dell’elaborato viene dedicata al coinvolgimento americano nella regione. Fu Clinton il primo ad accorgersi dell’importanza (in quel periodo soprattutto energetica) dell’Asia Centrale, ma fu la “guerra al terrorismo” lanciata dopo l’undici settembre 2001 da George W. Bush, ed il conseguente impegno militare in Afghanistan ed Iraq, ad aumentare esponenzialmente l’importanza strategica di paesi come Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan.

Infine, la Cina si è affacciata sulla politica regionale nella seconda metà degli anni novanta. L’esponenziale crescita economica che ha caratterizzato la Repubblica Popolare Cinese a partire dalla fine degli anni settanta ed il crollo dell’Unione Sovietica, hanno reso necessario lo sviluppo di un nuovo approccio politico nei confronti dell’Asia Centrale. Il principio di non interferenza ed il rispetto della sovranità altrui sono le basi del concetto di Coesistenza Pacifica, che ha contribuito a favorire l’azione politica di Pechino soprattutto nei confronti dei paesi in via di sviluppo.

L’analisi delle convergenze e delle divergenze politiche tra Russia e Cina in Asia Centrale è il punto centrale dell’elaborato. Tre grandi macro-aree possono essere astratte dalla serie di complesse interazioni tra i due attori a livello regionale: la sistemazione dei confini, la lotta contro il terrorismo e lo sfruttamento delle risorse energetiche. L’obiettivo principale posto alla base del lavoro è quello di evidenziare punti di convergenza e di rivalità tra Mosca e Pechino, analizzando la loro cooperazione su tre livelli, quello bilaterale, quello multilaterale in seno a istituzioni regionali (SCO, CSTO ed EurAsEC) e quello della politica dei due attori principali con le cinque repubbliche centroasiatiche.

L’asse di convenienza instaurato tra Russia e Cina appare funzionale a garantire la sicurezza e promuovere la lotta congiunta contro il terrorismo, il separatismo e l’estremismo, fattori di primaria importanza per entrambi. Sul piano economico, invece, le relazioni tra Mosca e Pechino sembrano più complicate e la sfiducia reciproca più accentuata. Il settore energetico è, in effetti, paradigmatico da questo punto di vista.

In questo quadro generale il minimo comune denominatore diventa la politica pragmatica dei due attori, volta ad assicurare il raggiungimento degli interessi nazionali tramite mezzi cooperativi.


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