Lavoratori vietnamiti - © Jonas Petrovas/Shutterstock

Centinaia di lavoratori vietnamiti in Serbia, impegnati nella costruzione della prima fabbrica cinese di pneumatici in Europa, hanno denunciato condizioni di occupazione ai limiti della schiavitù, mentre le autorità di Belgrado stentano a reagire. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [21 novembre 2021]

Sono arrivati a Zrenjanin, nel nord della Serbia, per costruire una grande fabbrica di pneumatici, proprietà della corporation cinese “Shadong Linglong”, ma si sono ritrovati a vivere e lavorare in condizioni disumane, con i passaporti sequestrati e gli stipendi non pagati, nel sostanziale disinteresse delle autorità serbe.

Questa la denuncia arrivata nei giorni scorsi da centinaia di lavoratori vietnamiti, arrivati lo scorso maggio in Serbia per migliorare le proprie condizioni di vita, ma sprofondati in una situazione ai limiti della schiavitù e del traffico di persone.

Negli anni scorsi la cooperazione tra Belgrado e Pechino è cresciuta in modo considerevole: in Serbia, banche cinesi hanno finanziato progetti di ammodernamento infrastrutturale ed investimenti, spesso criticati sia per l'impatto ambientale che per le condizioni dei lavoratori impegnati.

La fabbrica a Zrenjanin è stata definita una “partnership strategica” dalle autorità di Belgrado, con investimenti previsti per circa 900 milioni di euro. Ma già nei mesi scorsi, attivisti e popolazione locale avevano puntato il dito sulle possibili ricadute dello stabilimento sull'ecosistema della Vojvodina.

La Shandong Linglong ha scaricato ogni responsabilità sulle agenzie interinali in Vietnam, e ha promesso di restituire i passaporti che sarebbero stati ritirati ai lavoratori per espletare le procedure di visto. Ora è attesa una visita degli ispettori del lavoro, anche se il presidente Aleksandar Vučić ha messo in chiaro che, a prescindere dai risultati dell'ispezione, la Serbia non vuole mettere in discussione l'investimento, né la partnership strategica con la Cina.

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