Uplistsikhe

Uplistsikhe (Lidia Ilona/Flickr )

Un viaggio in Caucaso alla scoperta delle origini del vino. Proprio in questa regione, un gruppo di archeologi ha recentemente trovato la più antica cantina del mondo, risalente a 6.000 anni fa. Secondo gli archeobotanici, la successiva addomesticazione della vite farebbe degli antichi abitanti dell'odierna Georgia tra i più antichi vignaioli della storia.

14/04/2011 -  Maura Morandi Tbilisi

La regione del Caucaso del Sud vanta un’antica storia vitivinicola, durante la quale si è sviluppato un ampio assortimento di varietà di uve e metodi tradizionali di vinificazione. La Georgia, in particolare, ha un’antica tradizione di viticoltura ed è uno dei più antichi centri di domesticazione della vite.

A testimonianza delle antichissime radici della coltura della vite e della produzione del vino nell’area caucasica, ad inizio gennaio la National Geographic Society ha diffuso la notizia del ritrovamento in una grotta in Armenia di quella che secondo gli archeologici sarebbe la più antica cantina del mondo. Gli scavi, infatti, hanno portato alla luce un torchio per il vino e un recipiente per la fermentazione risalenti a 6.000 anni fa.

Già gli autori dell’antichità citano le viti e i vini del Caucaso. Ne sono esempio Omero che nell’Odissea racconta dei vini profumati e frizzanti della Colchide (oggi Georgia occidentale) e Apollonio Rodio che nelle “Argonautiche” racconta come gli argonauti abbiano trovato una fontana di vino nel palazzo di Aieti (in Colchide) e si siano riposati all’ombra della vite.

L’importanza della coltura della vite e dell’enologia per la Georgia è messa in risalto anche dalla figura simbolo del cristianesimo del Paese, Santa Nino. La croce utilizzata dalla santa che convertì il re d’Iberia al cristianesimo nel 327 d.C., infatti, è una croce fatta di tralci di vite, oggi simbolo della cristianità georgiana. La vite e la croce di Santa Nino sono presenti negli affreschi e sui bassorilievi delle centinaia di monasteri e chiese disseminate su tutto il territorio georgiano.

David Magradze, esperto dell’Istituto di orticultura, viticultura ed enologia di Tbilisi, ha spiegato ad Osservatorio che “secondo gli studi archeobotanici, l’addomesticazione della vite è iniziata nel Caucaso meridionale tra il VI ed il IV millennio a.C., nello stesso periodo in cui sarebbe iniziata in Mesopotamia. È in questa epoca che ha inizio lo sviluppo nella parte centrale della regione transcaucasica della cultura di Shulaveri-Shomu, la più antica cultura del Neolitico ad avere luogo nel Caucaso. E già a questo periodo risalgono alcuni semi di vite ritrovati in Georgia”.

“Gli scavi archeologici”, continua Magradze, “hanno portato alla luce abitazioni dell’epoca con numerosi vinaccioli, semi di grano ed orzo e vasi in terracotta. In una di queste case è stata trovata una grande vasca di vino (derghi) con un bassorilievo che raffigura un grappolo d’uva. Oggi tale reperto è custodito presso il Museo di storia a Tbilisi. Uno studioso georgiano, Ramishvili, ne ha studiato le caratteristiche ed ha definito che i reperti trovati non appartengono ad una vite selvatica bensì coltivata. Patrik McGovern, studioso presso l’Università della Pennsylvania ed autore del libro “Ancient wine”, inoltre, ha creato una mappa dove indica Shulaveri, un villaggio vicino a Marneuli, nella regione di Kvemo Kartli, come la culla della viticultura e dell’enologia georgiana”.

Magradze spiega, inoltre, che “successivamente alla cultura di Shulaveri-Shomu, si sono sviluppate in questa regione due altre culture: quella definita Kura-Araxes (IV-II millennio a.C.) e quella di Trialeti (II-I millenio a.C). Gli archeobotanici hanno trovato in diversi vasi e reperti risalenti a questo periodo numerosi semi di vite”.

I primi vignaioli della storia

Questi ritrovamenti fanno della Georgia uno dei luoghi originari della vite e gli antichi abitanti della regione tra i primi vignaioli della storia. Secondo gli studiosi, nei siti del Paese vi sono ancora migliaia di reperti da portare alla luce, che possono contribuire alla ricostruzione dell’evoluzione botanica della vite. Per fare ciò, però, c’è bisogno di finanziamenti che per ora non sono disponibili agli archeobotanici georgiani.

Alcuni dei più importanti reperti archeologici in relazione alla storia della viticoltura georgiana sono arrivati anche in Italia. La mostra in corso fino al 15 maggio 2011 presso Palazzo Pitti a Firenze “Vinum Nostrum: arte, scienza e miti del vino nelle antiche civiltà del Mediterraneo antico” ne espone infatti degli esemplari. Tra i più antichi reperti della mostra vi è un recipiente per il vino del VI millennio a.C., una delle più antiche testimonianze della storia relative al vino ed alla viticoltura, risalente al periodo della cultura di Shulaveri, e delle brocche datate intorno alla seconda metà del III millennio a.C., custoditi presso il Museo Nazionale della Georgia. Tali ritrovamenti confermano lo sviluppo di una viticultura stabile nella parte orientale della Georgia, dove sono state ritrovate dagli archeologici anche altre significative tracce di consumo del vino in tempi molti antichi.

Da qualche anno, inoltre, l’Istituto di orticultura, viticultura ed enologia di Tbilisi ha stabilito contatti con il Dipartimento di produzione vegetale dell’Università di Milano e l’Istituto agrario di San Michele all’Adige (Trento). In particolare, l’Istituto di Tbilisi e l’Università di Milano collaborano ad un progetto di ricerca per studiare il germoplasma, le varietà autoctone di vitigni e la presenza della vite selvatica nella flora della Georgia. Questo progetto ha portato anche alla pubblicazione del volume “La vite e l’uomo – dal rompicampo delle origini al salvataggio delle reliquie” edito dai ricercatori italiani dell’Università di Milano Francesco Del Zan, Osvaldo Failla, e Attilio Scienza e pubblicato nel 2004.

La questione della vitivinicoltura in Caucaso, quindi, è oggetto di grande interesse per le ricerche scientifiche ed archeo-botaniche relative alla nascita, evoluzione e diffusione della vite in tutto il bacino del Mediterraneo.


I commenti, nel limite del possibile, vengono vagliati dal nostro staff prima di essere resi pubblici. Il tempo necessario per questa operazione può essere variabile. Vai alla nostra policy