Il presidente russo Vladimir Putin durante una parata militare in Serbia (foto © Dimitrije Ostojic/Shutterstock)

Il presidente russo Vladimir Putin durante una parata militare in Serbia (foto © Dimitrije Ostojic/Shutterstock)

Una recente esercitazione militare tra Belgrado e Mosca ha portato in Serbia il sistema missilistico russo S-400, una mossa che ha destato una certa preoccupazione nei paesi della regione. Che intenzioni ha il presidente Vučić?

31/10/2019 -  Dragan Janjić Belgrado

La scorsa settimana la Russia ha inviato il suo sistema missilistico S-400 in Serbia ed è stata la prima volta che questo sistema è stato impiegato in un’esercitazione militare all’estero. Il sistema è stato trasferito in Serbia per partecipare ad un’esercitazione militare congiunta russo-serba intitolata “Slavic Shield 2019”. All’esercitazione ha partecipato anche il sistema missilistico Pantsir S-1, che la Serbia ha già acquistato dalla Russia, ma questo sistema non ha attirato particolare attenzione perché ha un raggio d’azione inferiore rispetto a quello del sistema S-400. L’arrivo del sistema S-400 in Serbia ha destato preoccupazione nell’intera regione, nonostante in questo momento sia poco probabile che la Serbia acquisti questo sistema.

Un battaglione di S-400 costa circa 600 milioni di euro, cifra che corrisponde all’intera somma che negli ultimi anni la Serbia ha speso per l’acquisto di armamenti di produzione nazionale ed estera. Anche se la Russia decidesse di regalare alla Serbia il sistema S-400, è difficilmente immaginabile che l’Occidente permetta che questo sistema venga definitivamente trasferito in Serbia. Il sistema S-400 ha un raggio d’azione di circa 400 chilometri, quindi se dovesse essere dispiegato in Serbia potrebbe penetrare profondamente nello spazio aereo dei paesi vicini, e la NATO sicuramente non resterebbe indifferente di fronte a una sfida di questo tipo.

La divisione del sistema S-400 che è stata trasferita in Serbia per le esercitazioni verrà riportata in Russia, ma la preoccupazione e gli interrogativi che questa operazione ha suscitato nella regione resteranno. L’esercitazione russo-serba si è svolta alcuni giorni dopo che il Consiglio europeo ha deciso di rinviare ancora una volta l’avvio dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania, una decisione che ha suscitato preoccupazione anche nei paesi dei Balcani occidentali che ormai da tempo hanno aperto i negoziati con l’UE. In tale atmosfera si specula con sempre maggiore insistenza su un possibile rafforzamento dei rapporti tra Belgrado e Mosca, ovvero sulla possibilità che la Russia aumenti la sua influenza nella regione.

Il sistema missilistico S400 (foto wikimedia)

Il sistema missilistico S400 (foto wikimedia)

Dilemmi

Secondo alcuni analisti, il presidente serbo Aleksandar Vučić si trova di fronte ad un dilemma: proseguire sulla strada dell’integrazione europea o cercare un’altra via? La prima alternativa sarebbe sicuramente quella di rafforzare i rapporti con Mosca, soprattutto tenendo conto del fatto che molti cittadini serbi provano affetto per la Russia e che l’80% di loro è contrario all’ingresso della Serbia nella NATO. Quindi, ci sono i presupposti per un’eventuale virata di Belgrado verso Mosca che sarebbe appoggiata da una parte dell’elettorato serbo.

Nell’ottica della NATO, la summenzionata esercitazione militare durante la quale è stato usato il sistema S-400 è finora la più chiara dimostrazione della volontà di Belgrado di avvicinarsi ulteriormente a Mosca, dopo vent’anni di insistenza sulla neutralità militare e su una politica di equidistanza tra l’Occidente e la Russia. Se in passato la comunità internazionale aveva creduto che la Serbia perseguisse davvero una politica di neutralità militare, ora sarà difficile per la Serbia dare prova di questa neutralità. Tuttavia non vi è alcun chiaro indizio che Vučić sia davvero disposto a compiere una virata verso Mosca e a rinunciare all’obiettivo dichiarato di proseguire sulla strada dell’integrazione europea.

Nella peggiore delle ipotesi, Vučić potrebbe cercare di sfruttare la recente esercitazione militare russo-serba per inviare un messaggio alle potenze occidentali e per dimostrare di essere disposto a cambiare la sua politica nel caso in cui l’Occidente dovesse continuare a fare pressione sulla Serbia in merito alla risoluzione della questione del Kosovo. In realtà, l’economia serba, compresa l’industria delle armi, dipende in larga parte dall’UE e da altri paesi occidentali, per cui un’eventuale rottura dei rapporti tra la Serbia e l’Occidente provocherebbe forti turbolenze nel paese, sia economiche che politiche.

Se questo scenario dovesse verificarsi, la Russia sarebbe costretta a impiegare ingenti risorse per garantire la stabilità della Serbia, che Mosca considera come il suo principale alleato nei Balcani. La maggior parte degli analisti di Belgrado ritiene che Mosca non sia disposta ad assumersi un tale impegno, soprattutto se dovesse prolungarsi nel tempo, e che le autorità di Belgrado ne siano perfettamente consapevoli. Quindi, Vučić e la coalizione di governo devono fare molta attenzione a non compiere mosse rischiose che potrebbero mettere a repentaglio l’attuale equilibrio di potere nella regione. In parole povere, l’arrivo del sistema S-400 in Serbia è stato ben sfruttato dalla leadership al potere per i propri interessi politici, ma potrebbe inficiare la posizione della Serbia a livello internazionale.

Conquista dei consensi

Tutto sommato, le principali motivazioni alla base della decisione di Vučić di organizzare la summenzionata esercitazione militare sono di carattere politico, ma non riguardano la politica estera della Serbia, bensì quella interna. Vučić sta cercando di accattivarsi le simpatie di quella parte dell’elettorato serbo (e dell’opinione pubblica in generale) che nutre forti sentimenti filorussi e che ha interpretato la recente esercitazione militare russo-serba come un tentativo da parte di Mosca di rimediare al mancato appoggio e aiuto militare che la Serbia si aspettava di ottenere dalla Russia durante i bombardamenti della NATO del 1999. Si cerca di fare credere all’opinione pubblica serba che oggi la posizione della Serbia a livello internazionale sia molto migliore rispetto a vent’anni fa e che Vučić sia in grado di mantenere buoni rapporti sia con l’Occidente che con la Russia e di tenere sotto controllo la situazione nel paese.

Sta di fatto che la coalizione di governo, guidata da Vučić e dal suo Partito progressista serbo (SNS), conta sull’appoggio di quella parte della popolazione che nutre tradizionalmente sentimenti filorussi e non vede di buon occhio l’Occidente, soprattutto dopo i bombardamenti del 1999. La leadership al potere alimenta in continuazione questi sentimenti attraverso una campagna mediatica in cui si insiste sul fatto che alcune potenze occidentali vogliono rovesciare Vučić o che persino stanno organizzando il suo omicidio, mentre Mosca e il presidente russo Vladimir Putin sarebbero pronti a difendere la Serbia. Anche l’arrivo del sistema S-400 in Serbia è stato sfruttato ai fini di questa campagna mediatica, non solo da parte dei tabloid, ma anche da parte di molti esponenti della coalizione al governo.

Vučić ha bisogno di campagne mediatiche di questo tipo perché rappresentano un potente strumento per mantenere il consenso degli elettori di orientamento nazionalista in un momento in cui si parla con sempre maggiore insistenza delle imminenti concessioni che Belgrado dovrà fare nei confronti di Pristina, compreso un eventuale riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. L’obiettivo della leadership al potere è quello di convincere l’elettorato di orientamento nazionalista che non cederà alle pressioni dell’Occidente e ai suoi tentativi di “sottrarre il Kosovo” alla Serbia. Questa strategia del governo di Belgrado va a vantaggio di Mosca perché le consente di aumentare la propria influenza in Serbia, senza dover impiegare grandi risorse finanziarie né di altro tipo.


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