Foto: Mario Jr. Nicorelli/Flickr – CC BY-NC 2.0 

Limitazioni all'accesso ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita nella sanità pubblica, e costi dei trattamenti privati: la seconda parte di un'inchiesta collaborativa europea condotta dalla nostra rete EDJNet

(Vai alla prima parte dell'inchiesta)

Una volta superati gli ostacoli giuridici all'accesso ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita (PMA) in Europa, ne sorgono altri, di tipo economico. Per Carlos Calhaz-Jorge, medico specialista della salute riproduttiva e ricercatore presso l’Università di Lisbona, nonché presidente della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (ESHRE ), “il principale problema è la mancanza di fondi pubblici. Anche nei paesi dove le coppie eterosessuali possono accedere alle tecniche di fecondazione assistita molto dipende dalla disponiblità di sostegno pubblico”.

Non tutti gli stati coprono tutti i costi per le prestazioni di PMA, alcuni ne coprono solo una parte. Le liste di attesa spesso sono molto lunghe, e naturalmente il tempo è un fattore chiave nella fecondazione assistita. Alle notevoli differenze tra i vari paesi europei si aggiungono le disparità regionali che esistono all’interno di alcuni paesi, come in Gran Bretagna, Italia e Spagna.

Limiti di età e numero massimo di tentativi

I limiti di età, che rappresentano un serio ostacolo per le persone di desiderano sottoporsi alla PMA in una clinica privata, sono ancora più bassi per chi ricorre a queste tecniche presso le strutture pubbliche. Per quanto riguarda le coppie eterosessuali, sono pochi i paesi europei che hanno fissato un limite di età per l'accesso degli uomini alla PMA all'interno della sanità pubblica (60 anni in Portogallo e 49 anni in Austria), mentre l’età massima prevista per le donne va dai 38 anni in Lettonia ai 46 anni in Italia e ai 48 anni a Malta (la media europea è di 40 anni).

Inoltre, alcuni paesi prevedono ulteriori requisiti per l’accesso alle tecniche di procreazione assistita offerte dalla sanità pubblica. Ad esempio, in Serbia, Romania e in alcune regioni spagnole possono accedervi solo le donne che non superano un certo peso, mentre in molti paesi (tra cui Danimarca, Malta, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Turchia) l’accesso alla PMA è limitato alle persone che non hanno già altri figli.

Un altro limite riguarda il numero massimo di tentativi di PMA che possono essere compiuti nell'ambito della sanità pubblica. La maggior parte dei paesi europei non dispone di norme chiare che regolino l’inseminazione artificiale (solo alcuni paesi hanno fissato un numero massimo di prestazioni erogabili, di solto tre o sei cicli), mentre le norme sulla fecondazione in vitro sono molto più precise. Quasi tutti i paesi europei prevedono infatti un numero massimo di cicli di fecondazione in vitro eseguibili a carico dello stato: Belgio, Slovenia, Italia e Francia prevedono un massimo di sei cicli, mentre la maggior parte dei paesi prevede tre cicli e Romania e Moldavia consentono un solo ciclo.

Irene Cuevas, direttrice del laboratorio di embriologia dell’Ospedale generale di Valencia, in Spagna, spiega che le probabilità di successo di un trattamento di fecondazione assistita diminuiscono notevolmente con l’aumento del numero di tentativi falliti. “Disponiamo di risorse molto limitate e dobbiamo cercare di ottimizzare in qualche modo”, afferma Cuevas.

Costi economici e liste d'attesa

Anche nell'ambito della sanità pubblica, l’accesso alla PMA non è mai gratuito. Ci sono quote di compartecipazione alla spesa, e le pazienti di solito devono coprire le spese per l’acquisto dei farmaci. In Spagna, ad esempio, un ciclo di trattamento ormonale che precede la fecondazione in vitro può costare oltre 1000 euro .

Infine, ci sono le lunghe liste di attesa che, secondo Irene Cuevas, rappresentano “un problema centrale”. Ad esempio, i tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni di PMA sono estremamente lunghi in Ungheria. A un certo punto il paese aveva deciso di accettare donazioni di sperma solo da persone di nazionalità ungherese, ma la situazione non è migliorata nemmeno dopo la revoca di questo vincolo – come spiega Bea Sándor dell’organizzazione Hattér, impegnata nella difesa dei diritti delle persone LGBTI. La scorsa estate l’Ungheria ha nazionalizzato tutte le cliniche di fertilità presenti nel paese. “Tutti sanno che questo significa che chi non ha soldi dovrà aspettare da 5 a 10 anni [per accedere alle prestazioni di PMA]”, afferma Sándor.

Secondo Calhaz-Jorge, la procreazione medicalmente assistita non è solo una questione di diritti. “Mi piacerebbe che nel mio paese, il Portogallo, ci fosse un sostegno maggiore [alla PMA]. Le liste di attesa sono troppo lunghe, come anche nel resto d’Europa. Assistiamo ad un declino della fertilità, e un maggiore sostegno potrebbe contribire a rallentarlo. Il nostro obiettivo è quello di portare al 5% la percentuale di bambini nati in Portogallo grazie alle techniche di procreazione assisitita. È un obiettivo realistico, ma per raggiungerlo abbiamo bisogno di maggiori risorse finanziarie”, spiega Calhaz-Jorge.

La Spagna, insieme alla Grecia, è il paese europeo con il più alto tasso di bambini nati grazie alla PMA (il 7,9% di tutti i bambini nati nel 2017). In Italia, Gran Bretagna e Portogallo tale tasso si aggira attorno al 3%.

L'articolo originale è stato pubblicato da Civio nell'ambito dello European Data Journalism Network ed è stato realizzato con la collaborazione di altri membri della rete (OBC Transeuropa, El Orden Mundial, EUrologus, MIIR). I dettagli sulla metodologia seguita si possono consultare qui . Ivana Draganić ha tradotto l'articolo in italiano.


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