Abkhazia - © Ewa Studio/Shutterstock

Abkhazia - © Ewa Studio/Shutterstock

Si temeva fosse un secondo avvelenamento, ma invece era polmonite. Malattia che non ha impedito a Aslan Bzhania di divenire presidente dell'Abkhazia, vincendo le elezioni tenutesi lo scorso 22 marzo

26/03/2020 -  Marilisa Lorusso

La rocambolesca vicenda elettorale abkhaza si è chiusa con il voto dello scorso 22 marzo. Nel pieno della crisi pandemica 133mila elettori, pari al 71% degli aventi diritto, si è recata alle urne per eleggere il nuovo presidente de facto. Ed è Aslan Bzhania, passato dal letto d’ospedale allo scranno presidenziale.

Candidati e Campagna

Si era parlato di rimandare il voto, e non solo perché con la pandemia in corso non si era in grado di garantire che l’ambiente esterno e i contatti sociali fossero sicuri come l’ambiente domestico. Nelle settimane precedenti al voto era infatti intervenuto anche un nuovo colpo di scena che grottescamente replicava lo scenario del luglio 2019. Al ritorno da un viaggio in Russia, Aslan Bzhania, di nuovo lui, si era sentito male ed era stato trasportato in elicottero all'ospedale di Krasnodar’. Qualcuno ha ipotizzato un secondo avvelenamento, a copia di quanto era accaduto nella campagna presidenziale precedente e che all’epoca aveva messo Bzhania fuori gioco. Questa volta si trattava però di una polmonite bilaterale. Bzhania si è rimesso in tempo per continuare la sua corsa elettorale che lo ha poi portato alla presidenza con il 59% delle preferenze.

Bzhania era il favorito fin dall’inizio della campagna e ha raccolto in un’unica squadra nomi di peso della politica abkhaza, fra i più noti anche nella comunità dei mediatori internazionali del conflitto. Il suo personale background è negli organi di sicurezza, ex KGB per intendersi. Il manager della sua campagna elettorale è niente poco di meno che l’ex presidente Alexander Ankvab, costretto dall’uscente Raul Khadjimba ad abbandonare la presidenza anzitempo, sorte toccata poi a Khadjimba stesso. È nella squadra di Bzhania anche l’ex primo ministro e ministro degli Esteri Sergey Shamba. La candidatura di Bzhania è stata sostenuta dal partito dei veterani di guerra Amtsakhara.

Il secondo più votato è stato il ministro dell’Economia e vice Primo Ministro, Agdur Ardzinba, con il 37% delle preferenze. Ardzinba, politico dalla formazione turcofila, e figura di spicco del governo uscente, aveva interrotto la campagna elettorale nel momento in cui Bzhania era stato ospedalizzato.

Si ferma a poco più del 2% il terzo e ultimo candidato, Leonid Dzapshba, che per un breve periodo era stato ministro degli Interni, poi allontanato su pressione popolare. Come notato da alcuni analisti , è prassi che con manifestazioni si mettano sotto assedio i palazzi governativi in Abkhazia per ottenere le dimissioni di figure cadute in disgrazia. Bastano poche centinaia di persone, che in genere vengono lasciate fare dagli organi di polizia, piuttosto cauti nell’esporsi alla rabbia popolare per politici con carriere effimere, e per stipendi non certo lusinghieri.

Le reazioni

Non riconoscono ovviamente l’esito del voto tutti i paesi che non riconoscono la stessa Abkhazia. Per l’Unione Europea ha preso la parola il portavoce per gli Affari Esteri e la Sicurezza, che ricorda che “per quanto riguarda le cosiddette elezioni presidenziali che si sono svolte nella regione georgiana separatista dell'Abkhazia il 22 marzo 2020, ricordiamo che l'Unione europea non riconosce il quadro costituzionale e giuridico in cui si sono svolte. L'UE continuerà a perseguire la sua politica di non riconoscimento e impegno. Il rappresentante speciale dell'UE per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia conferma il suo impegno in questo senso".

Analoghe le condanne di vari paesi, fra cui il gruppo di Amici della Georgia , all’interno dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa, paesi fra cui Azerbaijan, Estonia, Lituania, Polonia e Romania; condanne sono arrivate anche da Nato ed ovviamente da Tbilisi, che ha puntato il dito sull’illegalità delle elezioni e ricordato la drammatica situazione degli sfollati di guerra cui è impedito il rientro nelle terre di provenienza, in Abkhazia.

Immediate invece le congratulazioni di Mosca, e la disponibilità a cooperare con il governo de facto che si formerà.

Che presidenza de facto?

Durante la sua campagna elettorale il secondo classificato Ardzinba si era espresso molto duramente in merito ai rapporti con la Georgia, definita un nemico e una minaccia. Nella società abkhaza esistono però approcci molto più concilianti – non politicamente, ma pragmaticamente, per facilitare il miglioramento delle condizioni di vita nella repubblica secessionista – e queste sono ben espresse dalle correnti politiche di Shamba e Bzhania.

Quest’ultimo ha rilasciato in merito un'intervista a un media russo nella quale ha dichiarato: "Occorre tenere presente che i georgiani e lo stato georgiano sono i nostri vicini. Che lo vogliamo o no, abbiamo un gran numero di contatti a livello di cittadini tra Georgia e Abkhazia. Ci sono persone che attraversano il confine, vanno in Georgia. La gente ha problemi diversi: molti dei nostri cittadini, sfortunatamente, sono costretti ad andare lì per ottenere cure mediche qualificate. Ci sono anche casi di crimini commessi sul territorio dell'Abkhazia da alcune persone che poi si nascondono in Georgia. Succede anche il contrario. Gestiamo congiuntamente il complesso energetico della centrale di Inguri, cosa che comporta anche un certo livello di contatto. Per discutere e risolvere questi problemi, si potrebbe pensare a un altro formato delle trattative e dei contatti. Potremmo pensare a qualcosa di più vicino di Ginevra [le Discussioni Internazionali di Ginevra, ndr], qui sul confine o altrove per affrontare tali problemi che si verificano su base giornaliera". Un primo segno che potrebbe almeno ripartire il meccanismo degli IPRM, i meccanismi di prevenzione del conflitto e risoluzione che si tengono fra le parti sul territorio.

Per quanto riguarda i rapporti con la Russia e i malumori abkhazi sulle concessioni fatte sino ad oggi a Mosca - percepite come eccessive anche prendendo in considerazione la protezione militare e il supporto economico russo, garante dell’indipendenza de facto - Bzhania ha riconosciuto in un dibattito in TV che l’Abkhazia si trova nella condizione di dover cedere alla Russia parte della propria sovranità. Ha aggiunto: “I prossimi passaggi dovrebbero chiarire dove si trovano le linee rosse, quali sono le questioni che rientrano nella nostra competenza congiunta, quali sono le prerogative esclusive della parte abkhaza in modo che non vi siano infrazioni e successive violazioni. La nostra incapacità di risolvere i nostri problemi interni spingono talvolta la Russia a intraprendere determinate azioni, cosa che forse ai nostri cittadini non piace; ma è provocato da qui, dall'interno".

Fra le righe si legge: se vogliamo cercare di governarci da soli, nei limiti in cui possiamo, cerchiamo di non fare un colpo di stato ad ogni mandato presidenziale come sta succedendo negli ultimi mandati. Che è sicuramente un messaggio del tutto comprensibile per un neoeletto, convalescente da una polmonite ai tempi del Coronavirus.


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