Nichi Vendola

Presentata a Sarajevo la XIII Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo, che si terrà a Bari dal 22 al 31 maggio. Il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, ci ha spiegato le ragioni della sua presenza nella capitale bosniaca. Nostra intervista

17/03/2008 -  Andrea Rossini Sarajevo

Il festival internazionale di Sarajevo "Sarajevska Zima" ha ospitato giovedì 13 marzo, presso i locali della Dom Armije, l'evento di anticipazione della Biennale europea dei giovani artisti che si terrà quest'anno a Bari. Il direttore del festival, Ibrahim Spahic, ha condotto la tavola rotonda cui hanno partecipato tra gli altri il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, l'ambasciatore d'Italia a Sarajevo, Alessandro Fallavollita, lo scrittore Tvrtko Kulenovic, il sociologo Franco Cassano e Luigi Ratclif, presidente dell'associazione internazionale per la Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del Mediterraneo, giunta ormai alla sua tredicesima edizione.

Silvia Godelli, assessore al Mediterraneo della Regione Puglia, ha ricordato in apertura come "arte e cultura siano strumenti fondamentali per superare i conflitti" e che "queste sono le ragioni che - dopo la conferma della nostra candidatura - ci hanno spinto a realizzare la prima parte dell'evento proprio qui a Sarajevo". Il presidente Vendola ha sottolineato il rapporto tra "impoverimento culturale e crisi del processo di costruzione dell'Europa", ricordando come proprio Sarajevo rappresenti "una delle dimostrazioni della cattiva coscienza dell'Europa, che ha considerato questa città come una periferia e non come il cuore del processo di costituzione europea".

Presidente Vendola, cosa vi porta a Sarajevo?

L'idea che Sarajevo sia una delle capitali della creatività giovanile nel Mediterraneo, uno dei simboli dell'Europa migliore anche se, al tempo stesso, uno dei simboli nel passato dell'Europa peggiore. Città multireligiosa e multietnica, poi assediata dall'odio e da un processo di disgregazione dell'ex Jugoslavia che ha rivelato la cattiva coscienza dell'Europa.

Oggi quella coscienza è cambiata?

Purtroppo i progetti di allargamento dell'Europa, i progetti di integrazione legati ad una grande idea di civiltà sono entrati in una fase di languore e talvolta di declino. L'Europa è entrata in crisi sul tema di chi paga il biglietto per i nuovi Stati membri, la dimensione economica è assolutamente preponderante rispetto a quella politica, democratica, culturale. Credo che oggi l'Europa abbia ancora di fronte la questione dell'integrazione dei Balcani, e dell'ingresso della Turchia, per poter compiere il proprio processo di riunificazione. E' attraverso questa via che l'Europa può dare il proprio contributo nel costruire un mondo di pace.

Come Regione Puglia state cercando di riportare al centro di questo dibattito l'importanza della dimensione culturale. In che modo gli enti territoriali possono influenzare uno scenario ancora dominato dall'Europa degli Stati?

Mettendo in campo percorsi molto concreti, come questa Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo, un'esperienza che ha il potere di fecondare idee nuove che possono disseminarsi per tutta l'Europa. Io credo che gli accordi tra le regioni, tra le entità territoriali, la costruzione di buone pratiche in comune sia un modo intelligente per mettere in campo un'altra Europa. Non solo l'Europa delle banche e dei governi ma quella delle culture, un'Europa che rivendica il fatto di essere capace di convivialità tra diversi. Noi dobbiamo favorire esperienze che possano mettere in campo una generazione nuova, transnazionale, transculturale, trans-identitaria, cioè una generazione che viva il tema dell'identità come il dono che ciascuno può portare in giro per il mondo, e non come il catenaccio per chiudere la propria storia e non lasciarsi contaminare da quella degli altri.

Anche se qui nei Balcani invece dell'Europa delle minoranze e della dissoluzione dei confini assistiamo alla creazione di confini sempre nuovi...

L'ultima volta che sono stato a Sarajevo su questa città cadevano le bombe, e attorno c'era la tenaglia dei cecchini. Ho questo ricordo, un ricordo della devastazione e della morte. Oggi vedo un altro mondo rispetto a quella volta. Naturalmente vedo anche i problemi che ci sono, ma quanto più l'Europa sentirà questa parte del mondo come la sua stessa pancia, tanto più sarà facile mettere in archivio le culture del nazionalismo e dell'integralismo religioso. Ci vuole il tempo di un processo politico, ma l'Europa deve sapere che questa è la partita che si sta giocando, è qui nei Balcani che l'Europa deve trovare la strada del suo coraggio.

Quali saranno i prossimi appuntamenti per la Regione Puglia sotto il profilo del dialogo euro-mediterraneo?

In questi tre anni abbiamo sviluppato un calendario di impegni intensissimo. Abbiamo rapporti molto forti con l'Albania, in questo momento abbiamo un ruolo importante nella ricostruzione del sistema sanitario albanese, siamo attivamente impegnati nella costruzione dell'osservatorio epidemiologico nazionale, del centro trapianti all'ospedale Madre Teresa di Calcutta, nelle campagne di screening per i tumori dell'utero. Abbiamo rapporti molto intensi con il Montenegro, con la Macedonia. Da un lato sto cercando, anche attraverso un mio impegno personale, di conoscere e costruire legami con la classe dirigente di questa parte del mondo. Dall'altro vogliamo dare continuità all'impegno assunto sia a Bruxelles che dal governo Prodi di rimettere in agenda la prospettiva del Corridoio 8, cioè le grandi questioni legate all'infrastrutturazione materiale e immateriale che noi chiamiamo Corridoio 8. Continuerò su questa strada.


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