Sostenitori di Levon Ter Petrosyan

Il 19 febbraio l'Armenia sceglierà il nuovo presidente della Repubblica. I due principali candidati si dividono sulla questione del Karabakh e dei rapporti con Ankara e Baku. Un profilo

15/01/2008 -  Fabio Salomoni Istanbul

Mentre nella vicina Georgia non si sono ancora placati i sussulti provocati dalle elezioni presidenziali, è ora la volta dell'Armenia di entrare in clima pre-elettorale. Il 19 febbraio infatti il paese sarà chiamato a scegliere chi, nei prossimi cinque anni, prenderà il posto dell'attuale presidente della Repubblica Robert Kocaryan. Benchè siano ben 9 i candidati in lizza, l'attenzione generale è focalizzata soprattutto su due nomi.

Il primo è quello di Serzh Sargsyan, attuale primo ministro e rappresentante del Partito Repubblicano uscito largamente vincitore dalle elezioni politiche del maggio scorso. Nel suo manifesto elettorale, reso noto ieri, Sargsyan promette di fare dell'Armenia "un solido stato democratico". Sargsyan si impegna anche ad affrontare le scottanti questioni della disoccupazione e della povertà ed annuncia di voler realizzare "la seconda generazione di riforme mirate a combattere corruzione, evasione fiscale ed a garantire le condizioni migliori per gli investimenti". Per quanto riguarda la politica estera, monopolizzata dalla questione del genocidio e dal futuro del Nagorno Karabakh, Sargsyan ribadisce di non essere disposto a fare nessuna delle concessioni che su queste questioni la Turchia chiede come precondizioni per normalizzare i suoi rapporti con l'Armenia, interrotti dal 1993. Posizioni intransigenti che riassumono anche la storia personale di Sargsyan: nato a Stepanakert, capitale del Karabakh, l'attuale primo ministro è stato uno degli strateghi della vittoria contro l'esercito azero. E di Stepanakert è anche il presidente Kocaryan, amico e principale sponsor politico di Sargsyan. I due rappresentano la cosiddetta lobby del Karabakh, o per usare un'espressione dei loro avversari politici, del clan del Karabakh, che governa le sorti della politica armena dal 1998. Da quando cioè di fatto costrinse l'allora presidente della repubblica Ter-Petrosyan alle dimissioni. E le strade dei due avversari tornano ad incrociarsi in occasione in queste elezioni. Infatti l'annuncio, lo scorso ottobre, di Ter Petrosyan di volersi ricandidare da indipendente per la presidenza della repubblica ha rappresentato il vero avvenimento di questa campagna elettorale. E' lui, primo presidente della repubblica armena indipendente, a rappresentare secondo molti osservatori il principale avversario di Sargsyan.

Il professor Levon Ter Petrosyan costituisce un esempio di intellettuale prestato alla politica. L'ex presidente, nato ad Aleppo in Siria, e cresciuto in Unione Sovietica, è uno stimato studioso di lingue e letterature orientali. Significativamente anche la carriera di Ter Petrosyan comincia dal Karabakh dove viene arrestato nel 1989 dalla polizia sovietica come membro del comitato indipendentista. All'indomani della proclamazione dell'indipendenza dell'Armenia, nel 1991, Ter Petrosyan è presidente della repubblica per due legislature. Fino al 1998, quando sarà di fatto costretto alle dimissioni dal primo ministro, Robert Kocaryan.

Controverso il bilancio del suo mandato. Sul piano economico l'era Ter Petrosyan ha coinciso con i disastrosi anni della guerra e della transizione, caratterizzati da un vertiginoso crollo degli standard di vita. Sargsyan recentemente lo ha accusato "di aver lasciato il paese con un'economia allo sfascio e in preda al sentimento di fallimento". Sul piano della politica interna anche Ter Petrosyan non si è fatto pregare quando si trattato di mettere fuori legge un partito rivale o chiudere un giornale dell'opposizione. Il credito di cui gode Ter Petrosyan gli deriva soprattutto della politica estera. E' sotto la sua presidenza che l'Armenia ha vinto la guerra con l'Azerbaijan. E nel contempo Ter Petrosyan si è adoperato nel tentativo di arrivare con l'Azerbijan ad un compromesso sulla questione Karabakh. Proprio la sua intenzione di accettare un piano di pace con Baku è stata la causa della sua brusca destituzione.

Anche la sua volontà di instaurare il dialogo con la Turchia, che lo portò ad avere numerosi contatti clandestini con rappresentanti della politica turca, gli è costata l'ostilità di molti e l'accusa di essere filo turco. Ora nel suo manifesto elettorale, Ter Petrosyan se la prende in particolare con la coppia Kocaryan-Sargsyan, che paragona a "due signori mongoli" accusandoli di aver instaurato un regime cleptocratico, che Petrosyan promette di smantellare. Garanzie per una libera economia di mercato, rispetto dei diritti umani e indipendenza della magistratura, sono i punti enfatizzati dall'ex presidente. Sul piano internazionale Petrosyan mostra di non aver rinnegato il passato, promettendo sforzi per normalizzare le relazioni con Azerbaijan e Turchia. A proposito della questione del Karabakh, Petrosyan si dice intenzionato ad arrivare ad un trattato di pace con l'Azerbaijan che permetta alla regione di esercitare il proprio diritto all'autodeterminazione.

Per quanto riguarda l'altro grande nodo, i rapporti con la Turchia, nelle dichiarazioni rese nei giorni scorsi Ter Petrosyan ha confermato le posizioni di sempre sostenendo che l'Armenia deve lasciare alla Diaspora la questione del riconoscimento internazionale del genocidio del 1915: "Non ho dubbi che presto o tardi la Turchia riconoscerà il genocidio armeno ma non succederà prima della normalizzazione delle relazioni tra Turchia ed Armenia... La Turchia non deve confondere l'Armenia con la Diaspora armena". Un approccio molto diverso da quello del presidente in carica Kocaryan la cui politica nei confronti della Turchia si è basata, mobilitando anche la diaspora, sul tentativo di internazionalizzare la questione del genocidio.

Le posizioni di Ter Petrosyan hanno spinto il suo rivale Sargsyan a riesumare la vecchia accusa di essere "un amico dei turchi", portando anche come prova l'evidente simpatia con cui la stampa, e gli analisti, in Turchia seguono la candidatura dell'ex presidente.

Che il nuovo presidente della repubblica uscirà dal confronto tra Sargsyan e Ter Petrosyan sembra essere confermato sia dalla cronaca che dall'opinione di gran parte degli analisti. Ma non dai risultati dei sondaggi pre-elettorali. Uno in particolare, realizzato dall'Associazione Sociologica Armena, mostra largamente favorito Sargsyan, 30% dei voti, seguito da Artur Baghdasaryan (12%) del Partito del Paese del Diritto, all'opposizione, concedendo a Ter Petrosyan solo uno striminzito 3%.
Risultati aspramente criticati anche da parte degli altri candidati che hanno fatto notare come il presidente dell'Associazione sia uomo molto vicino al governo.

La cronaca degli ultimi giorni ha fatto anche registrare pressioni ed abusi nei confronti degli ambienti che sostengono Ter Petrosyan. In particolare nei confronti del canale televisivo Gala Tv, messo sotto inchiesta dalle autorità per presunta frode fiscale ed il giornale Quarto Potere, davanti alla cui sede è esplosa una bomba.

Episodi che hanno portato l'OSCE ad esprimere le proprie preoccupazioni con una lettera al ministero degli Esteri armeno. Una preoccupazione condivisa da molti. Tra gli altri anche da un altro candidato, Vazgen Manukjan, dell'Unione Democratica Nazionale, secondo cui, come riportato da Radio Free Europe, Sargsyan sarebbe "il favorito alle elezioni non perchè conquisterà voti ma perchè controlla il potere. Controlla completamente le risorse amministrative, quelle finanziarie e l'intero processo elettorale."

A queste accuse indirettamente ha risposto il presidente Kocaryan nel suo discorso televisivo di fine d'anno. Dopo aver ricordato come l'economia del paese abbia avuto nel 2007 un tasso di crescita superiore al 13%, il presidente uscente ha dichiarato che "il corretto svolgimento delle prossime elezioni presidenziali sarà una garanzia di stabilità per i prossimi cinque anni. Senza stabilità non ha senso parlare di successo". Sulla stessa lunghezza d'onda anche le recenti dichiarazioni del ministro degli esteri Oskanian per il quale "le elezioni avranno un grande impatto. Se le sapremo ben gestire la nostra posizione internazionale si rafforzerà, altrimenti l'Armenia perderà la reputazione conquistata l'anno scorso".

Intanto da alcuni giorni è presente nel paese una delegazione dell'OSCE, guidata dal tedesco Geert-Hinriche Ahrens. Compito dei 28 componenti, a cui se ne affiancheranno 250 il giorno delle elezioni, è quello di monitorare la campagna elettorale, il voto e lo scrutinio. "Siamo tutti arrivati in questo paese senza pregiudizi e speriamo, dopo le elezioni, di poter constatare progressi rispetto agli standad dell'OSCE" è stata la prima dichiarazione di Ahrens a Erevan.


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