Simone Veil e l'impegno per un'Europa dei diritti

6 luglio 2017

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Quando nel 1979 furono organizzate le prime elezioni dirette del Parlamento europeo, le aspettative erano alte. Era la prima volta che un'assemblea continentale veniva eletta direttamente dai cittadini: doveva essere un modo per rendere meno lontane le istituzioni comunitarie, bilanciare il peso crescente del Consiglio europeo e iniziare a slegare la politica europea dalle dinamiche nazionali. La risposta degli elettori fu buona, tanto che il tasso di partecipazione di allora non è mai più stato raggiunto.

Per rispondere alle aspettative che si erano create, il nuovo Parlamento aveva innanzitutto bisogno di una guida autorevole e riconoscibile – e di una figura che fosse rappresentativa di quello che l'integrazione europea intendeva essere: una grande impresa di pace e progresso. Con la sua storia decennale di resistenza e impegno contro l'odio razziale e le discriminazioni di genere, Simone Veil era perfetta per quel ruolo. Come ricordò in seguito, “all'epoca il Parlamento europeo non era affatto conosciuto, ed io ero davvero una sorta di emblema che suscitò molto interesse – non tanto per me personalmente, quanto per il Parlamento”.

Francese, nata nel 1927, da ragazza Veil era stata internata nei campi di sterminio nazisti assieme alla famiglia. Dopo la liberazione aveva intrapreso la carriera giuridica, facendosi spazio nell'ambiente ancora conservatore e maschilista della magistratura. Con Valéry Giscard d'Estaing – un presidente giovane, liberale e modernizzatore – era diventata ministra della Sanità, e si era spesa con forza a favore delle donne e dei loro diritti. Tra le altre cose, fu grazie al suo impegno che l'aborto venne depenalizzato in Francia.

Nell'Europa degli anni Settanta, la scelta di eleggere una donna a capo di un'assemblea parlamentare non era scontata: il solo precedente era quello di Annemarie Renger, che era diventata presidente del Bundestag pochi anni prima. Secondo Jacques Delors, “allora il Parlamento europeo faceva i primi passi. Tutto era nuovo, tutto era da inventare. Vivevamo in un'Europa che era entusiasta ma che ancora balbettava, e da presidente Simone Veil fece prova di una qualità rara: il discernimento”.

Esponente del gruppo dei liberali e democratici e convinta sostenitrice di una maggiore integrazione europea, Simone Veil rimase a capo del Parlamento europeo per due anni e mezzo, durante i quali continuò a dedicare particolare attenzione ai temi dei diritti e della riconciliazione. Vi si è dedicata con passione anche in tutti i decenni successivi, sia dentro che fuori le istituzioni, fino alla sua scomparsa avvenuta lo scorso 30 giugno. 

Il Parlamento dei diritti

Il Parlamento europeo ha sempre avuto un ruolo importante nella vita democratica dell’Unione. Ma qual è stato e qual è il suo ruolo nel definire le politiche europee per i diritti fondamentali? Se ne occupa il progetto “Il Parlamento dei diritti”.

Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.


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