Ritorniamo sul Montenegro con la traduzione di un articolo del settimanale "Vreme" sul caso della giovane donna moldava che ha denunciato il traffico di esseri umani coinvolgendo alti funzionari dell'amministrazione statale

20/05/2003 -  Anonymous User

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un ampio reportage della nostra corrispondente dal Montenegro, Tanja Boskovic, sulla questione trafficking in quel paese. L'articolo si soffermava in particolare sulla vicenda della giovane donna moldava S.C., nella cui vendita e sfruttamento sono risultati coinvolti alti funzionari della amministrazione statale. Come esempio della copertura mediatica di questa vicenda in Montenegro, riportiamo l'articolo di Nadezda Razovic per il settimanale "Vreme". Si tratta di una intervista alla psicologa Veronica Mirovic-Bratovic, della Casa-Rifugio per donne di Podgorica, la ong locale che ha accolto la giovane moldava e l'ha sostenuta nel suo travagliato iter giudiziario-mediatico. Nell'intervista si analizzano l'impatto che il caso ha avuto sui media nazionali e i suoi effetti sulla società montenegrina. Superato il periodo elettorale, nei prossimi giorni è attesa la sentenza per il processo istruito sulla vicenda da parte della procura di Podgorica.

Di: Nadezda Radovic per "Vreme"
Tradotto da: Jasna Tatar per "Le Courrier des Balkans"

Traduzione dal francese: Carlo Dall'Asta
La psicologa Veronica Mirovic-Bratovic lavora per la Casa-Rifugio per donne di Podgorica, fondata nel 1999. All'inizio, si occupava di casi di donne vittime di violenza coniugale; ora tratta i traumi di donne vittime di traffico di esseri umani (trafficking). Il fatto che le vittime di violenza familiare e quelle di trafficking fossero alloggiate sotto lo stesso tetto rendeva l'atmosfera nella Casa particolarmente difficile. Per questo la Casa ha aperto l'anno scorso una sezione speciale, destinata alle donne vittime di trafficking.

Vreme (V): Ci sono delle differenze tra le donne vittime di violenza domestica e quelle vittime di traffico umano?
Veronica Mirovic-Bratovic (VMB): La violenza è l'elemento comune della loro esperienza. Ma la posizione delle donne vittime di traffico di esseri umani è più difficile per il fatto che sono state vittime di stupri frequenti e talvolta collettivi. Purtroppo, questa violenza sessuale comporta problemi psicologici profondi e provoca traumi duraturi. Non solo l'integrità fisica della donna è gravemente minacciata, ma la vittima perde il sentimento della propria dignità e il rispetto di sé stessa: la sua identità e la sua immagine di sé sono distrutte.

V: Fino ad oggi, quante vittime di trafficking sono passate dalla vostra Casa?
VMB: Cinquantuno.

V: È molto tempo che il vostro organismo tenta di far conoscere il problema del trafficking all'opinione pubblica. Come ha fatto il caso della moldava S.C. ad arrivare sulla prima pagina dei nostri giornali?
VMB: Abbiamo condotto delle campagne pubblicitarie, abbiamo organizzato laboratori di formazione per la polizia, i centri sociali, le donne impiegate nella pubblica amministrazione, i gruppi femminili - pur sapendo che ciò non bastava, che la maggior parte della gente non riceveva mai questi messaggi, che la piccola voce di una ONG di donne suscita una certa diffidenza...
Le vittime delle organizzazioni di trafficanti non sono solo delle giovani moldave o ucraine, ma anche serbe, bosniache e montenegrine.

Queste donne erano beninteso interrogate dalla polizia, ma senza risultati concreti. Avevo l'impressione che tutto ciò finisse nei cassetti dell'amministrazione. È possibile che questi cassetti non abbiano tenuto...
V: Queste donne sono state rimpatriate nei loro paesi d'origine?

VMB: Sì, la maggior parte dopo brevi interrogatori. Le nostre campagne d'informazione sono state accolte con molta diffidenza. Ma il caso di S.C. è stato seguito dai media fin dall'inizio. I titoli facevano allusione all'implicazione di alti funzionari dello Stato nell'affare, il che ha attirato l'attenzione dei lettori. Noi, che lavoriamo su altra scala, siamo soprattutto preoccupati del potere degli alti funzionari che può intimidire le vittime.
Quando S.C. è arrivata alla Casa, soffriva di una sindrome post-traumatica avanzata. Questa donna ha passato quattro anni nella regione (Vojvodina, Serbia, Bosnia, Montenegro). La sua esperienza è stata terribile, essa è stata molto a lungo sottoposta a maltrattamenti fisici, psichici, emotivi e sessuali. Ha cercato di lottare, di adattarsi alle differenti situazioni, ma i traumi erano più forti dei suoi meccanismi di difesa. S.C. era disorientata, la sua concentrazione era debole, le sue affermazioni erano accompagnate da mal di testa... Aveva difficoltà a collocarsi nello spazio e nel tempo. Si colpevolizzava, si accusava di non aver visto in tempo il pericolo, di aver voluto una vita migliore, di aver desiderato guadagnare più soldi... Aveva vergogna e questo sentimento marcava tutti i suoi propositi.

Bisogna sapere che i trafficanti obbligano le loro vittime a partecipare a dei delitti contro la loro volontà. È la base dei ricatti e delle minacce che vengono dopo. Molto spesso, queste donne non hanno la minima idea della loro reale colpevolezza né di quello che gli si imputa. Inoltre, S.C. non distingueva più quale parte del suo comportamento le era stata imposta dall'esterno. I minimi dettagli che le ricordavano eventi traumatici provocavano delle reazioni forti e inattese. Era dilaniata tra il bisogno di parlare del suo vissuto e la paura di non sopportare il ritorno di quei ricordi sepolti. Il corso dei suoi pensieri era interrotto, la sua testa riempita di immagini di situazioni che le erano state imposte.
V: Quale è stata la sua reazione all'inchiesta legale?

VMB: Era come se dovesse rivivere tutto... Dapprima, è stata parecchie volte interrogata dalla polizia. Poi, è stata obbligata a ripetere tutto davanti alla telecamera. Gli interrogatori dei poliziotti sono durati venti ore. Finalmente, S.C. ha incontrato il giudice istruttore Ana Vukovic che è una persona benevola, attenta, molto professionale. S.C. le ha dato fiducia, ma è iniziata nuovamente la maratona delle pene vissute e rivissute. Rientrava alla Casa sfinita, ma continuava a fare il massimo per ricordarsi i nomi, i luoghi degli stupri, i dettagli. S.C. l'ha fatto per noi, le militanti, e per le altre donne che ancora si trovano nelle mani dei trafficanti.
Gli avvocati dei quattro accusati sono rimasti insensibili durante l'interrogatorio della vittima. Essi hanno tentato di far crollare S.C. con delle insinuazioni. Per esempio, sapendo che suo padre era Rom, hanno invocato un "affare gitano". L'hanno descritta come una prostituta per minare la sua credibilità. Il comportamento di questi avvocati mi ha disgustato. Questo ha contribuito molto al suo completo sfinimento, alla fine dell'inchiesta.

Una persona traumatizzata ha bisogno di riprendere il controllo della sua vita. Per S.C., questo è stato difficile, perché la sua libertà di movimento era limitata per ragioni di sicurezza e le sue giornate dedicate agli interrogatori... Ha subito forti pressioni mediatiche e istituzionali. Mi domando se anche noi, della Casa, non facciamo parte di questa penosa pressione...
V: Quale è stata la durata totale degli interrogatori?

VMB: Se si contano gli incontri con la polizia, il giudice istruttore, con noi, le identificazioni, gli interrogatori, si arriva a un centinaio di ore. Rivivere i suoi ricordi più orribili per 100 ore, senza vederne la fine...
V: Come ha sopportato S.C. la copertura del caso da parte della stampa?

VMB: Molto male. È stata una aggressione disumana e poco professionale contro la sua persona. Un quotidiano ha pubblicato il suo nome e cognome fin dall'inizio dell'inchiesta. Prima della sua partenza dal Montenegro, "Publika" ha messo la sua fotografia in prima pagina. Tutto questo l'ha fatta soffrire molto e io non sempre capisco perché le è stato fatto ciò.
V: Eppure, se la storia di S.C. non fosse stata così mediatizzata, il traffico di esseri umani sarebbe ancora percepito come qualcosa che succede agli altri...

VMB: Sì. Il Montenegro ha approfittato della sua testimonianza ed è difficile oggi trovare un Montenegrino che non sappia cos'è il traffico di esseri umani. S.C. ha sacrificato molto alla prevenzione e io spero i nostri figli saranno più prudenti.
V: La vostra Casa-Rifugio accoglie sempre più vittime del trafficking originarie della nostra regione. I bersagli dei trafficanti non sono dunque unicamente Moldave, Ucraine o Rumene?

VMB: Noi ora siamo un paese d'origine, e non più solo un paese di transito o di destinazione del traffico umano. Quando abbiamo accompagnato S.C. in un paese terzo, la casa che l'ha accolta ospitava anche ragazze delle nostre parti... È davvero triste.


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