Rossella Vignola 24 febbraio 2014

Due settimane fa la visita ufficiale a Skopje della rappresentante OSCE per la libertà dei media, Dunja Mijatović. Molti gli aspetti critici in un paese che resta all'ultimo posto nei Balcani per la libertà di informazione

La visita della rappresentante per la libertà dei media dell'OSCE a Skopje, Dunja Mijatović, si è conclusa la scorsa settimana proprio il giorno in cui "Reporters Without Borders" (RWB) pubblicava il consueto rapporto annuale sulla libertà dei media nel mondo.

Da almeno un paio di anni la libertà dei media in Macedonia è in caduta libera. Nel 2012 l'organizzazione RWB scriveva di un "declino che non conosce fine" riferendosi alle "turbolenze" che agitano in modo sempre più preoccupante lo scenario mediatico del paese, in cui nuovi media appaiono e scompaiono dal mercato senza alcune logica apparente.

Il 2011 è stato l'anno nero dei media macedoni: un autentico shock è stato causato dalla chiusura di ben quattro organi di informazione che avevano adottato una linea critica nei confronti del governo di Nikola Gruevski, alterando profondamente il panorama mediatico e attribuendo ai media filo-governativi una posizione dominante nel mercato. Si tratta del canale "A1 Tv" (al momento della chiusura rete leader in Macedonia) e dei giornali, tutti molto popolari, "Špic", "Vreme", e "Koha e Re". I conti di queste aziende sono stati congelati in seguito alla condanna del proprietario, Velija Ramkovski, per evasione fiscale e riciclaggio di denaro.

Sempre nel 2011, il Consiglio radiotelevisivo ha ritirato la licenza alla rete gemella di "A1"," A2" sulla base di una presunta violazione dei termini contrattuali. La decisione è stata giudicata "ingiusta e politicizzata "da RWB che ha anche espresso preoccupazione per la mancata indipendenza del Consiglio, organo su cui il governo avrebbe esteso il proprio controllo in seguito ad una riforma del 2011.

Secondo alcuni critici, sembra esserci un preciso percorso di riforma dei media intrapreso dal governo Gruevski, la cui direzione ha attirato l'attenzione di molte organizzazioni internazionali, tra cui Freedom House secondo cui "il primo ministro e i suoi alleati nel mondo dei media mostrano una crescente ostilità nei confronti dei media critici dell'operato del governo".

Nel dicembre 2012, a suscitare polemiche e preoccupazione è stata la rapida approvazione di una controversa legge di riforma dei media e dei servizi audiovisivi, fortemente contestata dalle associazioni dei giornalisti che hanno inscenato una protesta tra i banchi del Parlamento affermando che la legge avrebbe esteso il controllo del governo sui media. L'aspetto maggiormente criticato è la possibilità di imporre sanzioni salate per accuse di diffamazione, ma anche lafacoltà del governo di allocare arbitrariamente le risorse pubblicitarie e l'assenza di organi indipendenti di controllo e regolamentazione.

In seguito alle proteste dei giornalisti, e alle pressioni internazionali, a gennaio la legge è stata parzialmente emendata anche se l'Associazione Nazionale dei Giornalisti ha reiterato la propria contrarietà al disegno complessivo della legge. In particolare, l'Associazione continua a criticare l'uso di sanzioni "sproporzionate" e "draconiane" che rischiano di mettere ko molti organi di stampa già severamente colpiti dalla crisi del mercato pubblicitario e di intimidire e rendere vulnerabili i giornalisti, che in Macedonia guadagnano poche centinaia di euro al mese.

A questo riguardo, è importante ricordare il caso di "Fokus", autorevole settimanale indipendente che a gennaio ha rischiato la chiusura in seguito all'imposizione di una sanzione di 9000 euro per un'accusa di diffamazione ai danni del capo dei servizi segreti macedoni, Saso Mijalkov, coinvolto, secondo l'inchiesta di "Fokus", in un torbido affare commerciale che avrebbe toccato anche l'ex ambasciatore macedone a Praga. Secondo le associazioni dei giornalisti si è trattato di una forma di "repressione" ed un esempio, l'ennesimo, della tendenza a soffocare la libertà di espressione nel paese.

Ma la vicenda di "Fokus" viene da lontano, così come il prestigio di questa importante rivista indipendente. La scorsa primavera, "Fokus" e l'omonimo quotidiano hanno interrotto la propria attività per tre mesi dopo la morte di Nikola Mladenov, fondatore e direttore della rivista, in incidente d'auto alle porte di Skopje. Nikola Mladenov, voce autorevole del giornalismo libero, è stato tra i primi in Macedonia ad introdurre le regole del pluralismo, e fondatore prima della radio "Libertas", poi nel 1995 di "Fokus", la prima rivista indipendente macedone. In quei mesi, "Fokus" stava vivendo una profonda crisi finanziaria, in seguito alla richiesta del pagamento di 100.000 euro per diffamazione. In giugno 2013, "Fokus" ha ripreso le sue pubblicazioni sotto la guida di Jadranka Kostova, collaboratrice di lungo corso di Mladenov, in onore del quale ha riaffermato la linea libera, critica ed indipendente della rivista.

Ad intrecciarsi con la vicenda di Mladenov, anche il caso, diventuo famoso a livello internazionale, del giornalista Tomislav Kežarovski, condannato a quattro anni e mezzo di reclusione (pena poi convertita in arresto domiciliare) per aver rivelato l'identità di un testimone protetto in un processo per omicidio. Secondo alcuni in Macedonia, l'arresto di Kežarovski è avvenuto mentre il giornalista stava indagando sulle circostanze, non del tutto chiare, della morte di Mladenov.

E' dunque decisamente turbolento il rapporto tra governo e media in Macedonia, paese che resta, secondo la classifica di RSF,  all'ultimo posto nei Balcani per libertà di informazione, perdendo quest'anno altre sette posizioni, e dopo averne perse ben 22 nel 2013. "Una facciata democratica" , si legge nel rapporto, "che non è sufficiente a nascondere le molte violazioni della libertà di informazione" nel paese e che alcune voci critiche, provenienti dal mondo dell'attivismo per i diritti umani vedono come un segno della deriva autoritaria del governo Gruevski.

 

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