Besnik Mustafaj

Indipendenza condizionata? Si, è la soluzione ideale. Così la pensa il Ministro degli Esteri albanese che è stato però su questo duramente criticato sia in Albania che sopratutto a Pristina. Per molti infatti è ancora prematuro abbassare il livello di guardia e cedere rispetto all'ipotesi dell'indipendenza tout court

13/10/2005 -  Alma Lama

L'ipotesi migliore per il futuro del Kosovo? Un'indipendenza condizionata. Ad affermarlo il Ministro degli Esteri albanese davanti ai membri dell'Assemblea delle Nazioni Unite. Forse il Kosovo non otterrà più di un'indipendenza condizionata ma, a Pristina e non solo, quanto affermato da Besnik Mustafaj è stato considerato un grave errore.

L'Albania non è considerata dai kosovari un semplice Stato confinante, ma piuttosto una sorta di "madre" e ci si aspetta che il governo albanese protegga gli interessi degli albanesi anche al di fuori dei propri confini nazionali.

In Kosovo le dichiarazioni di Mustafaj non sono state prese molto bene nei circoli politici. Si sono però evitate dichiarazioni pubbliche in modo da non favorire un clima di scontro. L'atteggiamento dei politici kosovari oramai è chiaro: chiedono l'indipendenza dalla Serbia. "Non vi saranno negoziazioni che possono mettere in questione l'indipendenza. Quest'ultima è la sola opzione" hanno ribadito centinaia di volte. "Il governo albanese deve riconoscere il proprio errore" ha aggiunto lo scrittore Ismail Kadaré.

Mustafaj ha spiegato davanti ai giornalisti che dalle analisi del proprio ministero risulterebbe che l'opzione auspicabile, che garantirebbe pace e stabilità sia in Kosovo che nella regione, è quella dell'indipendenza condizionata. "Questo termine implica naturalmente che il Kosovo divenga indipendente, ma con un ruolo di osservatore deve essere garantito alla comunità internazionale a tutela dei diritti della minoranza serba e delle altre minoranze, a tutela del rispetto degli standard. Io sostengo un'ipotesi di questo tipo", ha insistito Mustafaj.

Questa presa di posizione rappresenta un cambio di rotta considerevole nell'atteggiamento che il Partito Democratico albanese ha rispetto al Kosovo. Nel 1999, al tempo degli Accordi di Rambouillet, Sali Berisha, leader del PD, aveva definito la sottoscrizione di questi accordi come un "tradimento nazionale".

Secondo Kadaré, anche nel caso vinca l'opzione dell'indipendenza condizionata, non spetta certo all'Albania avere fretta a sancire quest'ipotesi. "La dichiarazione del Ministro degli Esteri è particolarmente irresponsabile perché fatta davanti alle Nazioni Unite e dopo che il nostro Presidente della Repubblica aveva richiesto un'indipendenza senza condizioni" ha sottolineato Kadaré. Secondo lo scrittore l'Albania avrebbe piena legittimità ad interessarsi degli interessi degli albanesi del Kosovo. "Tra le due opzioni, l'indipendenza e l'indipendenza condizionata, l'Albania deve proporre la versione più favorevole alla gente che appartiene alla stessa nazione".

"Il Ministro Mustafaj è riuscito molto presto, e senza ragioni, a rovinare completamente la sua immagine in Kosovo" ha commentato Halil Matoshi, editorialista del quotidiano kosovaro "Lajm". Secondo quest'ultimo il governo albanese dovrebbe assolutamente adottare le posizioni della Pristina ufficiale. "E' una dichiarazione quella del Ministro degli Esteri corretta dal punto di vista dei contenuti ma è un' errore dal punto di vista formale. Se Belgrado rispetto al Kosovo ancora adotta una posizione simile a quella di Milosevic non vedo perché l'Albania debba abbassare i toni. Al massimalismo serbo non si può rispondere con il minimalismo dell'indipendenza condizionata", afferma Matoshi.

Un altro analista kosovaro, Milazim Krasniqi, afferma che il Kosovo ha istituzioni che si possono occupare dei negoziati ed è per questo che Tirana deve stare un passo indietro. Alla diplomazia albanese spetta sostenere in ogni modo l'indipendenza del Kosovo ed i suoi sforzi nei confronti di questa sua missione che Krasniqi definisce storica.

Alle dichiarazioni del Ministro degli Esteri ha reagito anche l'opposizione, il Partito socialista albanese ha definito "premature" le sue esternazioni. Più aggressivi nei confronti di Mustafaj sono stati invece i media albanesi. Sokol Balla, direttore del Dipartimento informazione della TV Top Channel, e uno degli analisti più considerati in Albania, ha affermato che in ogni caso "queste dichiarazioni hanno rappresentato un passo avanti rispetto a quanto fatto (poco) dal precedente governo. Almeno è stata pronunciata la parola indipendenza che prima non era mai stata menzionata limitandosi ad affermare che si sarebbe rispettata la volontà del popolo del Kosovo". "Naturalmente il significato è simile" chiarisce Balla "ma anche gli aspetti formali sono molto significativi in diplomazia". Poi Balla fa anche una metafora calcistica: "Il caso Mustafaj è simile all'atmosfera che si potrebbe respirare ad una partita tra l'Albania ed il Brasile al Marakana. Il risultato è chiaro, vincerà il Brasile, però non lo si deve dire ai tifosi prima che la partita cominci, altrimenti si annoiano. Perché i rappresentanti albanesi se ne sono usciti ben sei volte sottolineando la questione dell'indipendenza condizionata? Sembra quasi vi sia una sorta di complesso nei confronti della parola "indipendenza", stesso complesso che emergeva tra le fila del Partito Socialista rispetto all'UCK ed alla difficoltà a dare loro direttamente il proprio appoggio. Forse il problema è che un Kosovo indipendente rappresenterebbe un secondo Stato albanese nei Balcani. Gli esponenti del Partito democratico - secondo me sbagliando - vogliono trasmettere il messaggio di essere più pacifici degli anelli, più obbedienti delle pecore, più cattolici del Papa".

C'è una questione sulla quale comunque sembrano essere d'accordo tutti. Mustafaj ha fatto un errore strategico. Secondo Balla questo deriva dal vecchio complesso albanese nei confronti dell'unificazione delle terre abitate dagli albanesi. Per questo si presentano i due possibili Stati albanesi con una siepe, un confine di mezzo. Per convincere gli internazionali che questa siepe non cadrà mai il Ministro degli Esteri albanese ha sostenuto l'ipotesi dell'indipendenza condizionata, in modo che l'Occidente sostenga quest'ultima.

"Non dobbiamo dimenticare che i cambiamenti politici in Albania vengono monitorati dalla comunità internazionale sin dal 1981, quando in Kosovo vi fu un periodo di forti dimostrazioni. E questo accade non tanto perché in Kosovo vengano rispettati determinati standard in merito ai diritti umani ma perché quest'ultimo venga tenuto lontano dall'influenza di Tirana" spiega Balla affermando che sarebbe una tragedia per la nazione albanese se il Kosovo ricevesse meno dell'indipendenza.

La questione dell'indipendenza condizionata non è comunque un'invenzione del Ministro degli Esteri albanese. Quest'opzione circola da tempo in seno alle diplomazie europee e a quella statunitense. E' stato l'International Crisis Group, autorevole Think Tank ad esplicitarla. Assieme a tre condizioni: che non si ritorni alla situazione del 1999, che non vi sia l'unione con qualche altro Stato, che non avvenga alcuna divisione territoriale.

Sembra che a favore di questa opzione vi siano anche i Paesi del Gruppo di Contatto. Certo è che per la maggioranza della popolazione del Kosovo un'opzione che mantenga un qualsiasi collegamento con la Serbia non sembra affatto percorribile.


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