Anida Sokol 15 luglio 2016

Lo scorso 11 luglio anche a Roma si è ricordato il genocidio di Srebrenica. Grazie alla tenacia di una piccola comunità originaria della Bosnia Erzegovina

L’11 luglio è stato un giorno molto caldo a Roma come di consueto accade durante le estati capitoline. L’alta temperatura non ha mai impedito ai molti turisti di aggirarsi per le strade della Città Eterna, per lo più ignari del fatto che nello stesso periodo ventuno anni prima in Bosnia Erzegovina veniva compiuto uno dei più tragici crimini nell’Europa del XX secolo.

Il genocidio di Srebrenica, con l’uccisione di più di ottomila bosniaci musulmani, è ormai da tempo il simbolo della sofferenza e degli orribili crimini che hanno avuto luogo durante la violenta dissoluzione jugoslava degli anni Novanta, oltre a rappresentare un simbolo delle divisioni e dell’impunità che regna ancora in queste terre.

C’è chi nega la tragedia di Srebrenica o ne minimizza significato e vittime, c’è chi invece fa uso del genocidio per scopi politici. Nei Balcani la commemorazione è ormai un puntuale evento mediatico, da giorni si rincorrono le dichiarazioni dei diversi esponenti politici serbi e bosgnacchi e i loro frequenti battibecchi sull’importanza della presenza o meno alla commemorazione di Srebrenica. Presso il memoriale di Potočari si riuniscono ogni anno decine di migliaia di persone che giungono da tutta Europa per onorare le vittime: funzionari di Stato, attivisti per i diritti umani, semplici cittadini. Le donne di Srebrenica piangono i loro cari e i politici pronunciano discorsi altisonanti, ma c’è anche chi ha trasformato l’evento in un business, con bancarelle, punti di ristoro, souvenir della tragedia.

Commemorazione a Roma

A Roma sono pochi coloro che dedicano attenzione al ricordo di Srebrenica, tra questi i cittadini della Bosnia Erzegovina membri dell’associazione “Bosnia nel cuore” (Bosna u srcu). “Non potrò mai rinunciare a parlare di quello che è successo” dice Fatima Neimarlija – presidente dell’associazione, sul petto il fiore “Sjećanje-Ricordo”, simbolo della commemorazione di Srebrenica.

Grazie alla tenacia di questa piccola comunità bosniaco-erzegovese a Roma e al sostegno di alcuni esponenti politici italiani per il sesto anno consecutivo presso gli ambienti istituzionali italiani si è reso omaggio alla vittime di Srebrenica. Con il patrocinio della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica una cinquantina di persone si sono riunite presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, tra questi gli ambasciatori presso la Repubblica italiana e la Santa Sede di Montenegro, Slovenia, Croazia e Kosovo.

Il professore della Sapienza Nadan Petrović, esperto di immigrazione e diritti umani, ha moderato la tavola rotonda “Srebrenica per non dimenticare” in cui al fianco di personalità politiche italiane sono intervenute Željana Zovko, l’ambasciatrice della Bosnia Erzegovina a Roma e il vicesindaco di Zagabria Vesna Kusin. Tra i temi trattati la necessità di una memoria condivisa per i popoli della Bosnia Erzegovina, il percorso del Paese verso l’adesione all’Ue, il ruolo delle istituzioni scolastiche e degli storici nel processo di riconciliazione.

“Questo genocidio, il primo in Europa dalla Seconda guerra mondiale, dimostra che la barbarie può ripetersi se memoria e dialogo non sono coltivate” afferma Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, aggiungendo che la recente condanna di Radovan Karadžić al tribunale dell’Aia rappresenta un passo importante nella costruzione di una memoria condivisa in Bosnia Erzegovina così come l’Unione europea costituisce la migliore garanzia affinché tali crimini non si ripetano. Milena Santerini, membro della Commissione per la Cultura della Camera dei Deputati, ha sostenuto la necessità che del genocidio di Srebrenica si parli anche nelle scuole italiane, non tralasciando tuttavia di ricordare non solo gli eventi tragici ma anche che la Bosnia Erzegovina un tempo è stata una terra “più felice”.

Renzo Razzano, Presidente di SPES - Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio, ricordando il ruolo fondamentale del volontariato internazionale nella tragedia bosniaca, ha presentato la mostra fotografica di Ciro Cortelessa “Do not Forget Srebrenica. L’ultimo viaggio di Ibrahim Shaban” che sarà portata nelle scuole secondarie e nelle università italiane insieme all’associazione “Bosnia nel cuore”, con la finalità di raccontare attraverso le immagini cosa avvenne in quegli anni. Sull’importanza di un certo “attivismo” nel diffondere il ricordo di quanto avvenuto a Srebrenica si è concentrata anche Roberta Biagiarelli, artista multidisciplinare che per anni ha portato il suo monologo teatrale “Srebrenica” nelle scuole italiane. Un suo video ha voluto sensibilizzare l’audience sulle donne dimenticate di Srebrenica. “Non voglio parlare delle vittime, ma di ciò che possiamo fare. La retorica non basta.”

Contro ogni genocidio

La commemorazione romana è proseguita poi alle 19.00 nella Chiesa di Santa Chiara, nei pressi della suggestiva cornice del Pantheon, dove si è tenuto il concerto di musica classica e sevdalinke tradizionali “Ricordando Srebrenica, contro ogni genocidio” voluto ed organizzato dal senatore Aldo di Biagio con il patrocinio del Senato, di “Bosnia nel cuore” e del comune di Zagabria. Il concerto ha visto le esibizioni delle talentuose giovani musiciste bosniache Dženana e Jasmina Šehanović (pianoforte e violino). A presentare l’esibizione, accompagnata dalle fotografie di Srebrenica del giovane regista Ado Hasanović, natio del piccolo centro bosniaco, la scrittrice Enisa Bukvić, altro membro attivo dell’associazione “Bosnia nel cuore”.

Obiettivo dell’intera manifestazione è stato evitare che l’oblio cada sul quel che è successo a Srebrenica, affinché tali orrori non si ripetano. Ad oggi sono stati fatti importanti passi nel riconoscimento del genocidio e i principali criminali di guerra sono stati condannati, ma in Bosnia Erzegovina la memoria della guerra continua ad essere divisa secondo linee etno-nazionali, con ogni parte che sostiene di aver combattuto per la giusta causa, senza confrontarsi con i crimini commessi. La memoria è fondamentale in Bosnia Erzegovina, ma lo è altrettanto in Europa e in Italia, Paese tradizionalmente legato ai Balcani. L’Europa sembra non aver imparato dal conflitto in Bosnia Erzegovina, ce ne accorgiamo anche oggi con l’indifferenza che mostra dinanzi la crisi umanitaria in corso, se si fa eccezione della società civile, che adesso come ai tempi del conflitto bosniaco ha dimostrato di essere la più attiva e comprensiva nel soccorrere chi ha bisogno.

Il 12 luglio è stato un altro giorno caldo a Roma. I turisti camminano per le strade e fanno foto, Srebrenica è già dimenticata, nella capitale come nei Balcani. Srebrenica rimane vuota e abbandonata, dal futuro incerto.