Paola Rosà 16 marzo 2021
"Il giornalismo non è un crimine" - foto © AndriiKoval/Shutterstock

Dall'Italia ai paesi dell'Unione Europea, l'anno della pandemia è stato l'anno in cui si sono scatenati attacchi online e aggressioni fisiche ai danni dei lavoratori dei media. I numeri del monitoraggio in Italia e quelli della piattaforma Mapping Media Freedom

Più del doppio rispetto a due anni prima, +87% rispetto al 2019: questa la fotografia del 2020 sotto il profilo degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti in Italia. Dai 73 episodi registrati nel 2018 si è passati ai 163 dell'anno della pandemia, un anno che sembra aver acuito le debolezze del sistema democratico non solo in Italia, scatenando violenze fisiche e verbali e minacce esplicite ai danni degli operatori dei media in tutta Europa.

Il primo report del “Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti”, che riporta i dati dell'ultimo triennio, fotografa una realtà che quotidianamente ci arriva dai notiziari e dalle pagine dei quotidiani: “I contesti socio/politici e gli altri contesti diversi da quello della criminalità organizzata appaiono esser alla base della gran parte delle minacce rivolte ai giornalisti”. In pratica, se negli anni precedenti il nemico numero uno dei giornalisti erano mafia e 'ndrangheta e camorra, o più in generale criminalità organizzata, nel 2020 i reporter hanno cominciato ad aver paura dei loro stessi concittadini che, a viso aperto, per strada, nelle manifestazioni ma non solo, attaccano apertamente e con inedita violenza gli esponenti dei media.

Simile tendenza è stata rilevata dall'attività di monitoraggio del Media Freedom Rapid Response , una sorta di termometro della libertà di stampa che copre Unione Europea e paesi candidati. Tra le minacce e le intimidazioni subite dai giornalisti, più del 25% di quelle registrate nel 2020 si è verificato durante una manifestazione, per un totale di 72 episodi che hanno coinvolto 163 giornalisti, cineoperatori e fotografi in 11 paesi dell'Unione Europea. Un'altra ventina di episodi si sono registrati nei paesi candidati.

Dall'analisi dei dati della piattaforma MMF, Mapping media freedom gestita dal consorzio MFRR, emerge come oltre metà degli incidenti sia sfociata in violenza, con giornalisti feriti in un quarto dei casi. Quindi, anche al di fuori dell'Italia, il mestiere del giornalista è diventato ad alto rischio per le strade della stessa Europa.

 

I numeri sono ovviamente discordanti, perché diversi sono i due sistemi di monitoraggio: da una parte il quadro europeo fornito da una mappatura delle segnalazioni pubblicate dai media, e verificate dagli esperti di MFRR; dall'altra, la fotografia italiana composta grazie alla collaborazione di ministero dell'Interno, forze dell'ordine, sindacato dei giornalisti e ordine professionale, con la partecipazione diretta delle vittime che hanno la possibilità di segnalare abusi subiti anche senza dover sporgere formale denuncia. Il sistema italiano, istituito nel 2017 ma entrato a regime solo due anni dopo, costituisce in effetti una buona pratica che altri paesi, come ad esempio la Svezia, hanno imitato: la collaborazione tra forze dell'ordine, funzionari di governo e rappresentanti dei giornalisti era infatti qualcosa di inedito a livello europeo. Dopo una fase iniziale di silenzio totale, dovuto alla mancata convocazione dell'organismo da parte dell'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini, ora il tavolo di monitoraggio delle minacce ai giornalisti lavora a pieno ritmo, raccogliendo, verificando e valutando tutti gli atti intimidatori che colpiscono i reporter.

Nell'anno della pandemia, in Italia, le minacce tramite web si confermano come principale atto di intimidazione (71), seguite da aggressioni fisiche (30), minacce verbali (20), invio di oggetti e scritte ingiuriose (11), fino ai danneggiamenti (10). In 8 casi sono state inviate missive minacciose e sono avvenuti 2 episodi di sabotaggio informatico. La distribuzione geografica degli episodi rispecchia la mappa della densità criminale: 121 atti intimidatori su 163 si sono verificati in Lazio, Sicilia, Campania, Calabria e Lombardia.

Tornando all'Europa, e ai dati raccolti dal consorzio MFRR, nei paesi membri i media sono stati colpiti per ben 245 volte, per un totale di 873 individui coinvolti, e in più di 4 casi su 10 la minaccia è arrivata da singoli individui. Da notare comunque che il monitoraggio di MFRR copre una tipologia più vasta di minacce, includendo censura, querele, misure governative e parlamentari di ostacolo alla libertà dei media. E così una segnalazione su cinque riguarda le forze dell'ordine, che in qualche modo hanno ostacolato il lavoro dei giornalisti arrivando anche a perquisizioni, confische e arresti.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.