I croati sono in maggioranza contrari all'ingresso nella NATO. Il governo ha tuttavia respinto la richiesta di tenere un referendum sulla questione, mobilitando le star dello spettacolo in una campagna promozionale atlantica. Dal nostro corrispondente

03/04/2007 -  Drago Hedl Osijek

I cittadini croati non avranno l'occasione di esprimersi mediante referendum sull'entrata del Paese nella NATO. Questa decisione dei vertici dello Stato è stata comunicata dal presidente del parlamento Vladimir Seks, spiegando che la maggior parte degli esperti della Costituzione ritiene che non sia necessario. Seks lo ha detto solo tre giorni prima dell'arrivo di John Colston, assistente del segretario generale della NATO e responsabile del programma della NATO per l'ampliamento della membership.

Nonostante Seks abbia detto al suo ospite che gli ultimi sondaggi mostrano un "notevole aumento del sostegno all'ingresso nella NATO", il fatto è che le cose a questo riguardo non vanno proprio bene. Verso la fine dell'anno scorso, soltanto il 29 per cento dei cittadini sosteneva l'ingresso della Croazia nella NATO, nonostante il governo adesso faccia i calcoli su di un dato che vedeva il sostegno a circa il 43 per cento. Anche se così fosse, ma gli analisti non lo credono, al referendum la maggioranza dei cittadini rifiuterebbe l'ingresso del Paese nella NATO.

Zagabria, come si può sentire in modo non ufficiale da ambienti vicini al governo, potrebbe essere invitata a far parte dell'Alleanza nella primavera dell'anno prossimo. Se dovessero realizzarsi queste supposizioni, la Croazia potrebbe diventare membro della NATO l'anno successivo. Il presidente del Parlamento Vladimir Seks, dopo i recenti dialoghi di Zagabria con l'assistente del segretario generale della NATO Colston, ha detto che "la Croazia entrerà in questo patto militare prima di entrare nell'Unione europea". Il governo adesso ha intenzione di intraprendere una campagna per spiegare ai cittadini il vantaggio dell'ingresso del Paese nel Patto militare del nord atlantico, spiegando in particolare che l'ingresso nella NATO rappresenta l'anticamera per l'ingresso del Paese nell'UE.

Ma i croati sono scettici, temono che il loro Paese in questo modo possa perdere parte della sua sovranità, che possa diventare sede di basi NATO, e che i soldati croati parteciperebbero a pericolose missioni come in Afghanistan o in Iraq. Questa opinione largamente diffusa non è facile da cambiare, sicché al governo hanno pensato ad un'intera strategia di azioni di propaganda con lo scopo di rendere popolare NATO.

Oltre agli spot televisivi, cui parteciperebbero star del cinema e della musica, il governo ha intenzione di invitare famosi personaggi pubblici a parlare dei vantaggi dell'ingresso del Paese nella NATO. L'ex ambasciatore della Croazia presso la NATO, il generale Antun Tus, ritiene che senza l'ombrello dell'Alleanza atlantica la Croazia dovrebbe avere un esercito di circa 250.000 uomini per potersi occupare della propria sicurezza. Questo, secondo lui, richiederebbe molto più dell'attuale 1,8 per cento del PIL (prodotto interno lordo), e gli effetti non sarebbero nemmeno simili.

Così il quotidiano filo governativo "Vjesnik" scrive che la Croazia, se dovesse rimanere fuori dalla NATO, dovrebbe spendere per la difesa anche fino all'8 per cento annuo del PIL, mentre i paesi membri della NATO, in media, destinano circa l'1,5 per cento. "Un attacco ad uno dei membri è considerato come un attacco all'intero Patto, sicché è certo che nel caso di qualsiasi instabilità nel vicinato, la Croazia in quanto membro della NATO sarebbe del tutto sicura", scrive il filo governativo "Vjesnik".

Proprio questa è la carta che gioca anche il governo croato, così Ivan Jarnjak, il segretario generale dell'Unione democratica Croata (HDZ), il partito dell'attuale premier Ivo Sanader, che come priorità fondamentale della politica estera ha l'ingresso del paese nella NATO e nell'Unione europea, recentemente ha dichiarato che esiste una reale possibilità che in Serbia al governo vada il Partito radicale serbo (SRS) di Vojislav Seselj, sospettato dall'Aja di crimini di guerra, che non rinuncia alle pretese sul territorio croato. "Abbiamo il diritto di aspettare che questo succeda?", si domanda in modo retorico Jarnjak.

Anche l'analista politico indipendente Davor Gjenero crede che per la Croazia l'ingresso nella NATO sarebbe vantaggioso, soprattutto perché non esiste un'alternativa. Questa alternativa esisteva fino al 1995 quando, dopo la fine della guerra sul territorio dell'ex Jugoslavia, i neo stati potevano accettare una delle possibilità: demilitarizzare il territorio e ricevere la garanzia internazionale sulla sicurezza. Ma siccome non è stato fatto, dice Gjenero, la NATO rimane l'unica possibilità reale.

Ma le organizzazioni non governative in Croazia, in particolare i verdi, non sono contenti dell'idea che il Paese entri nella NATO, e in particolare che la decisione a proposito venga presa senza un referendum. Nella lettera aperta che le 34 organizzazioni non governative hanno inviato al governo c'è scritto che "il governo fino ad ora non ha aperto un dialogo pubblico con i cittadini sull'ingresso della Croazia nella NATO" e "non ha fornito dati completi e generali sui vantaggi e le spese che comporterebbero l'ingresso o l'esclusione dall'Alleanza". Le organizzazioni non governative credono che questa sia la pre condizione affinché i cittadini decidano sull'ingresso del Paese nella NATO, e che bisogna chiedere ai cittadini il da farsi.

La Croazia ha iniziato il suo viaggio verso la NATO già nel 2000, durante il governo del premier socialista Ivica Racan. Il Paese allora fu accolto nella Partnership per la pace, il primo passo serio per diventare membro della NATO a pieno diritto. Attualmente la Croazia ha 150 militari in Afghanistan, e si parla sempre più insistentemente della possibilità che i suoi militari possano essere inviati anche in Iraq.


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