rifugiati

Una ricerca commissionata dalla missione OSCE in Croazia (OESS) mette in luce come la maggioranza dei rifugiati serbi in Croazia e di quelli croati in Bosnia Erzegovina non intenda tornare nelle proprie case. Un articolo tratto da Jutarnji List e tradotto da Leonardo Barattin.

Gli anni della vita da rifugiati, dell'assimilazione in nuovi ambienti e della disinformazione dei profughi hanno sortito i propri effetti. La maggioranza dei rifugiati serbi provenienti dalla Croazia, ma anche dei rifugiati croati della Bosnia-Erzegovina non ha in piano di ritornare nelle proprie abitazioni del periodo precedente al conflitto.
Nello stesso tempo i croati insediati nelle terre del rientro, ma anche i cittadini delle altre parti della Croazia, vedono di malocchio il ritorno dei Serbi. Anche se la maggioranza di costoro sottolinea le buone relazioni interetniche di un tempo, per quanto riguarda i propri nuovi vicini, essi sono più ben disposti ad accogliere i Croati fuggiti dalla Bosnia-Erzegovina piuttosto che i Serbi del periodo prebellico.
Questo è quanto emerge dalla ricerca condotta dall'agenzia Puls su impulso della missione OESS in Croazia. La parte sul campo dell'inchiesta e delle interviste è stata condotta dall'agosto al dicembre 2003 tra 1.000 rifugiati serbi che oggi vivono in Serbia-Montenegro e Republika Srpska e, in Croazia, tra 600 rifugiati croati provenienti dalla Bosnia-Erzegovina, 600 residenti croati stanziati sui territori del rientro e 1.000 cittadini maggiorenni croati. I risultati della ricerca dovrebbero costituire la base per una prossima campagna di sensibilizzazione della coscienza sui temi della riconciliazione e del sostegno al ritorno. Un'iniziativa, questa, che hanno intenzione di promuovere il governo croato, l'OESS ossia la missione OSCE in Croazia, la delegazione della Commissione Europea, l'UNHCR, USAID e molte ambasciate in Croazia.
Interrogati intorno ai loro piani di rientro l'85% dei profughi serbi risponde che probabilmente non tornerà o non tornerà affatto; e la medesima posizione è tenuta dal 90% dei rifugiati croati provenienti dalla Bosnia-Erzegovina. Che costoro vedano il proprio futuro dall'altra parte della frontiera lo confermano anche i dati secondo i quali, in questo momento, il 41% dei rifugiati serbi e addirittura il 54% dei rifugiati croati possiedono una casa o un appartamento nella nuova patria, mentre pure un 30% dei Serbi intervistati e la metà dei Croati ha intenzione di fare lo stesso.

Accolti in un nuovo ambiente

Per quanto concerne la questione dei nuovi documenti si ottiene un quadro similare. Solo il 5% dei rifugiati croati originari della Bosnia-Erzegovina non possiede ancora documenti croati, mentre un po' più della metà dei rifugiati serbi possiede documenti della Serbia-Montenegro o della Republika Srpska. Anche il sentimento di appartenenza al nuovo ambiente è eccezionalmente elevato: l'85% dei Croati ed il 77% dei Serbi, in maggiore o minore misura, si sente inserito nel nuovo contesto di vita nonostante i problemi della vita quotidiana (disoccupazione e altro).
Alla domanda su cosa li spingerebbe a tornare in Croazia o in Bosnia-Erzegovina sia Serbi che Croati hanno indicato le medesime priorità nelle loro risposte: un'adeguata ristrutturazione dell'abitazione ovvero una permuta, uno sprone economico e, al terzo posto, un rientro collettivo, di massa. Anche il senso di sicurezza è per tutti davvero importante. Tenendo in disparte gli aspetti dei freni emotivi e della soluzione dei problemi di vita quotidiana, intorno alla decisione di ritornare potrebbero influire in modo considerevole informazioni complete. Secondo quanto messo in luce dall'inchiesta esse sono però mancanti. Solo il 5% dei rifugiati serbi ed il 4% dei rifugiati croati è a conoscenza dei diritti in materia di ritorno da parte del governo croato e della Bosnia-Erzegovina, dunque da parte di coloro che sono tenuti a fare ciò. Le informazioni seguono canali privati di seconda mano ed un terzo dei rifugiati serbi ed un quarto di quelli croati non si informa per nulla sui propri diritti.
Che vi sia ancora bisogno di lavorare molto perché vi sia tolleranza tra le persone e la ripresa della vita comunitaria lo dimostra anche il dato per cui il 42% dei Croati residenti sui territori del rientro ed il 32% dei cittadini croati maggiorenni interrogati pensano che il governo croato non dovrebbero favorire affatto il ritorno dei rifugiati serbi.

La ristrutturazione delle abitazioni ed i risarcimenti

Addirittura il 57% dei Croati residenti nelle terre del rientro ed il 47% dei cittadini croati maggiorenni sono contrari alla sistemazione dei rifugiati serbi ritornati le cui abitazioni siano distrutte o occupate. Pressoché un identico numero si oppone poi alla ristrutturazione delle abitazioni serbe e ancora maggiore è il numero di coloro che ritengono che i Serbi non dovrebbero ricevere un indennizzo statale per la perdita dei diritti d'alloggio. Infine, la maggioranza di costoro non è lieta del rientro dei Serbi sebbene addirittura il 70 per cento riconosca che i Serbi che ritornano non hanno avuto conflitti con la popolazione locale.

La ricerca è stata finanziata dall'agenzia americana per lo sviluppo internazionale (USAID).

OSCE-Croatia

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