Concerto del 6 aprile al Teatro nazionale di Sarajevo

La musica come linguaggio universale, come attraversamento di frontiere. Questo è il forte messaggio che l'unione dei musicisti di due orchestre sono riusciti a dare, nel loro suonare insieme le note della speranza.

11/04/2002 -  Anonymous User

Mentre l'Eroica di Beethoven risuonava, non vibravano solo le pareti del Teatro Nazionale di Sarajevo, anche i cuori dei concertisti e quelli del pubblico erano scossi dall'emozione. Elevare note di speranza e di fiducia a 10 anni esatti dai primi morti, uccisi durante una manifestazione per la pace e che furono l'inizio di una sanguinosa e tragica guerra in Bosnia (1992-1995), è stato un onore per la trentina di musicisti dell'Orchestra Haydn di Trento e Bolzano che, assieme ad altrettanti colleghi dell'Orchestra Filarmonica di Sarajevo, hanno intonato alcuni pezzi di Beethoven e di altri artisti contemporanei.
In platea, assieme a 250 delegati italiani delle associazioni e delle organizzazioni non governative, anche numerosi volontari delle ONG dei Balcani e autorità locali, tra le quali il sindaco di Sarajevo, Muhidin Hamamdzic.

Invitata a concludere in bellezza il convegno "L'Europa dal basso - L'Europa oltre i confini", organizzato dall'Osservatorio sui Balcani, dal Consorzio Italiano di Solidarietà e dal Comune di Sarajevo per chiedere a Romano Prodi - intervenuto ufficialmente nel pomeriggio di sabato 6 aprile - una rapida integrazione dei Balcani nell'Europa comunitaria, l'Orchestra Haydn ha suonato assieme alla Filarmonica di Sarajevo per un concerto all'unisono che ha fatto scrosciare gli applausi innumerevoli volte. Tutti in piedi al termine per un tributo significativo ai musicisti che in oltre due ore hanno dato fondo a tutta la loro passione e professionalità per uno spettacolo raffinato e gioioso.
Hanno provato per tre ore, sabato mattina, e per altre tre nel pomeriggio, i sessanta musicisti prima dell'esibizione di sabato sera. La Filarmonica di Sarajevo, va ricordato, è stata falcidiata durante la guerra. Molti dei musicisti sono morti. Durante l'assedio della capitale bosniaca suonavano al buio, con temperature polari. Si esibivano per la cittadinanza che accorreva, malgrado tutto, a riempire la sala. Suonavano come segno di speranza e di voglia di vivere, proprio per esorcizzare la guerra.

Sabato, sotto la direzione dell'espressivo Maestro viennese Johannes Wildner, richiesto appositamente per l'evento, sono stati eseguiti, tra gli altri, brani di Beethoven, la sua "Eroica", il "Piange Maria" di Giovannini e un brano di Emir Nuhanovic, direttore della Filarmonica di Sarajevo. Entrambi questi ultimi pezzi, contemporanei, riflettono sull'assurdità della guerra e sull'anelito alla pace e alla convivenza. "Beethoven, con la sua carica ideale e simbolica - ha spiegato Hubert Stuppner, direttore artistico della Haydn - meglio di altri rappresenta quella volontà di superare la guerra sublimandola nella pace, nell'umanità, nella solidarietà e convivenza". Era davvero soddisfatto Stuppner. Commosso come tutti i musicisti che hanno suonato, seduti ognuno su una sedia di forma e colore diverso, quasi volessero ricordare che gli effetti e le conseguenze della tragedia, anche in questi minuscoli dettagli sono, comunque, ancora presenti.

Al termine del concerto un brindisi tra gli orchestrali, le autorità e il pubblico stesso ha suggellato un gemellaggio significativo in quello stesso teatro dove già Riccardo Muti aveva suonato con l'Orchestra della Scala le stesse note di Beethoven.

Vedi anche:

Orchestra Haydn di Trento e Bolzano

Sarajevska Filharmonjia

L'Europa oltre i confini. L'Europa dal basso

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Music for Europe


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