La Corte Costituzionale bosniaca ha dichiarato incostituzionali alcune previsioni adottate da Federazione e Republika Srpska. In merito un'intervista a Joseph Marko, giudice internazionale della Corte Costituzionale bosniaca.

20/02/2002 -  Davide Sighele

Nel luglio e settembre del 2000 la Corte Costituzionale bosniaca ha emesso una sentenza importante dichiarando incostituzionali una serie di previsioni contenute nelle leggi costituzionali delle due Entità. Si tratta in particolare di previsioni riguardanti la natura stessa delle Entità e le relazioni all'interno delle stesse tra le differenti comunità costitutive della Bosnia Erzegovina.
La sentenza della Corte è fondamentale proprio perché, come ci ricorda Francesco Palermo, ricercatore dell'Accademia europea di Bolzano in un saggio pubblicato nella rivista Diritto Pubblico Comparato ed Europeo n. 4/2000, "...la pietra angolare della ricostruzione della corte è il diritto al ritorno dei profughi che, letto alla luce dei principi super-costituzionali della (e superiori alla) costituzione, esprime la volontà del costituente (internazionale) di imporre il modello multietnico basato sull'integrazione, secondo il sistema anteriore al 1991, in sostituzione del sistema multinazionale basato sulla segregazione sorto in seguito alla guerra e razionalizzato dalla stessa costituzione di Dayton".
La sentenza della Corte Costituzionale continua ad essere al centro dell'attenzione del dibattito in Bosnia Erzegovina anche perché riguarda direttamente la questione delle competenze delle due Entità, Republika Srpska e Federazione, e del rapporto con le istituzioni federali nazionali.
Resta aperta la questione se le autorità bosniache adempieranno a questa sentenza, per dirla con le parole di Francesco Palermo "...ciò conduce alla riflessione conclusiva sulla reale capacità della decisione di dispiegare i suoi esplosivi effetti e di realizzare effettivamente la rivoluzione copernicana delineata dalla corte. Nel contesto bosniaco non appare scontato che le strutture di governo daranno realmente e compiutamente attuazione alla sentenza. Per rendersene conto basti pensare che le istituzioni statali sono tuttora bloccate e incapaci di funzionare, e vengono integralmente supplite da un organo monocratico (l'Alto rappresentante) non previsto dalla costituzione e che dispone della forza militare del contingente multinazionale di pace".
A questo proposito abbiamo intervistato Joseph Marko, professore universitario austriaco, da oltre quattro anni uno dei tre giudici costituzionali della Bosnia Erzegovina nominati dalla Corte europea di giustizia.

D. Cosa è avvenuto in seguito all'emissione da parte della Corte Costituzionale delle sentenze di incostituzionalità di alcune previsioni delle leggi costituzionali sia della Republika Srpska che della Federazione?

R. Dopo l'adozione delle sentenze sui "popoli costituenti della BiH" ci fu molto dibattito e discussioni all'interno della pubblica opinione ed in particolare tra i partiti politici bosniaci. Emersero in merito a queste sentenze sentimenti molto forti. Vi sono state, in grandi linee, due tipi diversi di reazioni. Da una parte vi erano quei partiti politici che hanno forti radici nelle rispettive entità, Republika Srpska e Federazione e dall'altra parte vi erano quei partiti che invece sostengono un'ulteriore integrazione tra le due entità ed un rafforzamento delle istituzioni federali statali. Gli sviluppi quindi sono stati duplici, da alcuni partiti politici la sentenza è stata accolta con grande favore, ed anche la Comunità Internazionale la ha accolta in questo senso, ma tra i partiti che sostengono un maggior potere dato alle Entità questa decisione è stata accolta con evidente e palese malcontento.

D. La Corte Costituzionale attraverso quali procedure può riuscire ad assicurare il rispetto di questa sentenza?

R. La Corte Costituzionale ha il potere, che deriva dall'articolo 63 della Costituzione della Bosnia Erzegovina, di rivedere anche le leggi costituzionali delle due Entità per verificare se esse siano in conformità con la Costituzione della BiH e con la Convenzione europea sui diritti umani. Vi era anche una previsione nella Costituzione approvata con gli Accordi di Dayton che le Entità si impegnavano a modificare eventuali leggi costituzionali non in linea con i contenuti degli Accordi di Dayton entro tre mesi dalla ratifica degli Accordi stessi. Questo non è mai avvenuto, le Entità non hanno fatto nulla a questo riguardo. E' per questo che l'allora Presidente Alja Izebegovic ha interpellato a questo proposito la Corte Costituzionale ed iniziò la procedura davanti alla Corte Costituzionale sostenendo che più di 20 previsioni delle carte costituzionali delle due Entità erano in contrasto con i contenuti della Costituzione legata agli Accordi di Dayton. In seguito a questo la Corte Costituzionale si è poi espressa.

D. C'è un atteggiamento differente in merito all'accettazione della sentenza della Corte Costituzionale da parte delle autorità della Republika Srpska e di quelle della Federazione?

R. Sicuramente si. I rappresentanti del parlamento della Republika Srpska hanno preso una posizione molto dura contro la sentenza della Corte Costituzionale ed a favore del mantenimento di tutti i poteri che l'Entità attualmente ha. I rappresentanti del parlamento della Federazione, organo che è bicamerale, si sono invece divisi. I rappresentanti della prima camera hanno adottato la medesima posizione dei colleghi della Republika Srpska mentre i rappresentanti della seconda camera si sono dimostrati a favore di una maggiore integrazione della Federazione nelle istituzioni statali e quindi hanno espresso un'opinione in merito alla vicenda in linea con la sentenza della Corte Costituzionale.

D. Qualche mese fa l'International Crisis Group ha pubblicato un documento nel quale si proponeva una radicale riforma degli Accordi di Dayton. Per uscire dall'impasse attuale nella quale le istituzioni federali tardano a decollare si proponeva infatti una totale abolizione delle due Entità. Cosa ne pensa? La ritiene una proposta realistica?

R. Al momento attuale penso non sia proprio possibile procedere in questa direzione. L'esistenza delle due Entità è il compromesso principale alla base degli Accordi di Dayton e non penso che sarebbe saggio dal punto di vista politico pensare di abolire le due Entità. Ritengo che questa delimitazione territoriale ed il conseguente riconoscimento delle due Entità è un compromesso che non può essere messo in dubbio. Se questo accadesse e forze più radicali rischierebbero di assumere nuovamente nel paese un peso rilevante.

D. Adottando un'ottica non solo limitata alla Bosnia Erzegovina ma riflettendo sul quadro regionale, ritiene che un'eventuale indipendenza del Kossovo rischierebbe di mettere in dubbio anche l'unità territoriale della Bosnia Erzegovina?

R. Si, a mio avviso non c'è alcun dubbio di questo. Se il Kossovo divenisse uno stato indipendente anche in Bosnia Erzegovina ad esempio la comunità serba della Republika Srpska si chiederebbe "e perchè noi non non abbiamo il diritto all'autodeterminazione? Perchè non possiamo scegliere per l'annessione con la Serbia?". Parte dell'amministrazione americana ed in particolare parte dei diplomatici americani accarezzano l'idea di dividere il Kossovo: dando una piena indipendenza al sud del Kossovo mentre la parte nord della regione resterebbe parte integrante della Serbia ed in cambio della concessione dell'indipendenza del Kossovo alla Republika Srpska verrebbe concesso il diritto a scegliere un'eventuale annessione con la Serbia.

D. Cosa implicherebbe questo sulla stabilità regionale?

R. Penso che una linea di pensiero che tenda a separare il Kossovo e la Bosnia Erzegovina secondo linee etniche porterebbe su di una strada accidentata. In quel caso si darebbe spunto alle forze radicali etnonazionaliste per pensare che alla fine hanno imposto la loro posizione e che la logica della pulizia etnica si è rivelata vincente. I problemi, anche nel futuro immediato, non tarderebbero ad arrivare. Naturalmente se si proseguirà con la filosofia delle divisioni territoriali su base etnica all'improvviso anche la Vojvodina rivendicherà qualcosa di più dell'autonomia, per non parlare del Sangiaccato, isola musulmana nel sud ovest della Serbia. Si arriverebbe quindi in poco tempo a nuovi conflitti armati.

D. Da questo punto di vista diviene di cruciale importanza il rientro delle minoranze che potrebbe fungere da elemento "cementificante" di queste nuove società e da garanzia per la nascita di stati effettivamente multietnici?

R. Esattamente. Il ritorno delle minoranze e la cooperazione regionale sono due elementi molto importanti per la stabilizzazione dell'area. Lo rconosce lo stesso Stability Pact. Per l'associazione del sud est Europa nell'Unione Europea divengono addirittura imprescindibili.


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